24 CFU non son requisito per accesso ai concorsi, esclusione legittima se non cambia la legge. Sentenza

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Con la sentenza dell’8 febbraio n° 01570/2021 il TAR del Lazio affronta il ricorso con il quale veniva richiesto l’annullamento del d.m. n. 497 del 2020, nella parte in cui non consente di partecipare ai docenti laureati con titolo valido per l’accesso per classi di concorso bandite e che hanno svolto tra l’a.s. 2008/2009 e l’a.s. 2019/2020 su posto di sostegno almeno tre annualità di servizio, ma sono privi sia del requisito relativo al servizio per almeno un anno sulla specifica disciplina per la quale chiedono di essere abilitati, sia di quello relativo alla specializzazione per il sostegno. Il ricorso viene respinto con una motivazione che non potrà non far riflettere.

Il contesto normativo

Nel ricostruire il quadro normativo i giudici affermano che le “previsione normativa richiede espressamente non solo lo svolgimento di tre annualità, nel corso degli ultimi dodici anni presso istituzioni scolastiche statali, ma altresì dell’anno di servizio specifico nella classe di concorso con effetto preclusivo alla presentazione della domanda per coloro che non siano in possesso del descritto requisito. La legge sopravvenuta, ovviamente, può abrogare o derogare a una legge precedente, specie in ipotesi di concorso straordinario finalizzato anche ad eliminare il precariato storico, per cui non colgono nel segno e sono infondate le prospettate censure sulla violazione delle disposizioni di cui alla legge n. 124 del 1999 (art. 2 comma 4), alla legge n. 306 del 2000 (art. 1 comma 6 bis) e alla legge n. 134 del 2004 (art. 2 comma 1 ter)”.

I requisiti di ammissione sono previsti dalla legge

“D’altro canto, come già ritenuto da questo Collegio in precedenti sentenze (cfr., in particolare, sent. 13741 del 21 dicembre 2020) “le espressioni linguistiche utilizzate dal legislatore non appaiono polisemiche, in quanto il legislatore si limita a richiamare il d.lgs. n. 59 del 2017 solo per quanto concerne il titolo di studio, prevedendo poi in aggiunta al possesso del titolo di studio anche il requisito dell’esperienza professionale dei tre anni. Ne discende che le espressioni linguistiche utilizzate dal legislatore depongono univocamente per la necessità dei tre anni di esperienza e per la non sostituibilità dei citati tre anni con il possesso dei 24 CFU, nonché per il possesso del requisito dell’anno specifico.” I requisiti di ammissione sono pertanto previsti espressamente dalla legge. Ne discende che l’Amministrazione non ha alcun potere discrezionale sulla scelta delle categorie ammesse al concorso straordinario in oggetto essendo la scelta già stata compiuta a monte da parte del legislatore”.

Solo una legge o l’incostituzionalità della stessa possono determinare una diversa regolamentazione per l’accesso al concorso

“La legge ordinaria può senz’altro derogare ad altre disposizioni contenute in altra fonte di legge o equiparata, derivando la prevalenza della disposizione contenuta nella legge 159 del 2019 dagli ordinari criteri per risolvere l’antinomia tra fonti del diritto pariordinate (e in particolare dai criteri della specialità e cronologico). Tali argomentazioni consentono in conclusione di ritenere non fondati tutti i motivi di ricorso mediante i quali viene contestata la violazione di legge e l’eccesso di potere, posto che la limitazione deriva direttamente dalla fonte primaria. Sul punto si può richiamare l’orientamento della giurisprudenza amministrativa in tema di leggi provvedimento, da intendersi come quelle che contengono disposizioni dirette a destinatari determinati (Corte Cost., sent. n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero incidono su un numero determinato e limitato di destinatari (Corte Cost., sent. n. 94 del 2009), che hanno contenuto particolare e concreto (Corte Cost., sent.n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997) e che comportano l’attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa (Corte Cost., sent. n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008). La legge provvedimento non è di per sé in contrasto con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, poiché nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli organi amministrativi o esecutivi degli atti a contenuto particolare e concreto” (Corte Cost., sent. n. 85 del 2013 e n. 143 del 1989). Ne discende che, per i soggetti lesi da tali disposizioni normative, poiché la forma di tutela segue la natura giuridica dell’atto contestato, i diritti di difesa si trasferiscono dalla giurisdizione amministrativa alla giustizia costituzionale, trovando la protezione del privato, dunque, riconoscimento attraverso il sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge, (in tal senso, ex multis, Cons. St., sez. III, 25 novembre 2014, n. 5831)”.

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