21 anni di precariato per una docente di religione: il Ministero condannato per uso improprio dei contratti a termine: risarcimento di 52mila euro

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Una vicenda singolare, quella di un’insegnante di religione della provincia di Cuneo, che ha prestato servizio nella stessa scuola per ben 21 anni, dal 2003 al 2024, senza mai ottenere la stabilizzazione.

Come riportato da La Stampa, la docente, costantemente impiegata con contratti a tempo determinato, ha deciso di rivolgersi al giudice del Lavoro di Cuneo, ottenendo un’importante vittoria.

La sentenza ha stabilito che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha fatto un uso improprio della “contrattazione a termine”, condannandolo a risarcire i danni alla professoressa. Il risarcimento ammonta a 18 mensilità, pari a 2.900 euro ciascuna, per un totale di 52.000 euro, oltre alle spese legali.

La normativa che regola l’insegnamento della religione cattolica prevede una certa flessibilità nelle assunzioni, considerando la facoltà degli studenti di avvalersi o meno di tale insegnamento. L’incertezza sul numero di alunni che ogni anno sceglieranno di seguire le lezioni di religione giustifica la possibilità di assumere fino al 30% dei docenti con contratti a termine rinnovabili. Tuttavia, la legge suggerisce un limite di 3 anni per i rinnovi, limite ampiamente superato nel caso in questione.

Il Ministero, inoltre, non ha fornito alcuna prova di una diminuzione degli studenti che frequentano le lezioni di religione, circostanza che avrebbe potuto giustificare la reiterazione dei contratti a termine e la mancata stabilizzazione della docente. Come si legge nella sentenza, “la ricorrente è stata annualmente ri-assunta presso il medesimo istituto per svolgere, per lo stesso numero di mesi e pressoché per lo stesso numero di ore, le stesse mansioni”. A ciò si aggiunge la mancata indizione di concorsi per l’assunzione a tempo indeterminato, che il Ministero avrebbe dovuto bandire ogni 3 anni.

Per quantificare il danno, la giudice ha sottratto dai 21 anni di precariato i 3 anni consentiti dalla legge, ottenendo 18 anni di abuso contrattuale. A ciascuno di questi 18 anni è stata applicata una mensilità aggiuntiva, arrivando così alla cifra complessiva del risarcimento.

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