10 miliardi nei paradisi fiscali, ma multinazionali usano nostre infrastrutture e risorse, inclusa la scuola

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I primi quattro paradisi fiscali mondiali si trovano in Europa e sottraggono all’erario italiano almeno 10 miliardi di euro all’anno, secondo i dati del World Inequality Lab rielaborati dalla Cgia di Mestre. Principato di Monaco, Lussemburgo, Liechtenstein e Channel Islands guidano la classifica, seguiti dalle Bermuda. Questi luoghi sono meta di imprenditori, sportivi e celebrità, attratti da tasse nulle su reddito e immobili.

In particolare, circa 8mila italiani avrebbero trasferito la residenza a Montecarlo per usufruire di agevolazioni fiscali. In Lussemburgo, invece, operano sei banche, una cinquantina di fondi d’investimento e numerose multinazionali, italiane e straniere, che approfittano delle infrastrutture italiane senza contribuire adeguatamente al fisco.

La Cgia evidenzia come le multinazionali, oltre a beneficiare delle infrastrutture italiane materiali (porti, aeroporti, strade, ferrovie), ricorrono a quelle sociali (giustizia, sanità, scuola, università), sfruttano quelle immateriali (reti informatiche), spesso usufruiscono di incentivi pubblici e indennità erogate dall’Inps, compensando solo in minima parte con le tasse.

Secondo Mediobanca, nel 2022 le società controllate dalle prime 25 multinazionali del web hanno fatturato 9,3 miliardi di euro, pagando solo 206 milioni di euro di imposte. L’Istat rileva la presenza in Italia di 18.434 multinazionali estere, ma il loro contributo fiscale complessivo resta difficile da dimensionare.

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