Vaccini. Non c’è obbligo per andare a scuola, ma si medita un ritorno alla legge del 1967

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Negli ultimi tempi si sta parlando molto di vaccinazioni per i bambini, poiché si è innescato il dibattito se fosse più pericoloso vaccinare o non vaccinare, permettendo così il ritorno di malattie che si riteneva debellate.

A distanza di oltre 15 anni si dibatte dell’ipotesi di tornare alla obbligatorietà a livello nazionale visto il calo delle vaccinazioni, sotto la soglia minima raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità pari al 95% della popolazione.

L’Ansa, già nel 2015, ha pubblicato un breve excursus storico sulla legge delle vaccinazioni, che obbligava i genitori che iscrivevano i figli a scuola. L’obbligo decadde nel 1999, dopo oltre trent’anni, dal 1967.

Ad oggi l’Emilia Romagna è la prima Regione ad aver varato una legge sull’obbligatorietà delle vaccinazioni per poter frequentare gli asili nido.

Anche il comune di Trieste ha varato un provvedimento che rende obbligatoria la vaccinazione dei bambini per l’iscrizione agli asili comunali e convenzionati.

La legge oggi permette di essere ammessi a scuola senza certificato di vaccinazione, fu varata dopo cinque anni di dibattiti e sanatorie. Il primo passo verso le nuove norme risale al 1994 su iniziativa della Corte Costituzionale. Dello stesso anno
e’ la prima circolare del ministero della Pubblica istruzione, seguita a sentenze della magistratura che reintegravano alla
frequenza scolastica alunni non vaccinati. Da allora il ministero ha emanato ogni anno circolari sul comportamento della scuola verso gli alunni non vaccinati.

Nel luglio 1997 un parere del Consiglio di Stato ribadiva il divieto di ammettere a scuola gli alunni non vaccinati a tutela del diritto alla salute della collettivita’. Ma nel maggio ’98, fu varata l’ultima sanatoria con la circolare che dava agli alunni senza certificato il diritto di partecipare a scrutini ed esami.

In Italia le vaccinazioni obbligatorie sono quelle antidifterica, antitetanica, antipoliomelitica e antiepatite virale B. Tutte le altre sono volontarie, anche se il Sistema sanitario nazionale ne incentiva l’uso e la gratuità.

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