Stipendio a studenti che studiano. Lettera

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Lo studio è lavoro; anzi, è il lavoro odierno degli studenti, cioè dei futuri cittadini adulti. Lo Stato dovrebbe pertanto farsi carico di questa dimensione della vita sociale e assegnare agli studenti CHE STUDIANO (non è pleonastico!) un piccolo stipendio, esente da tassazione.

In questi tempi di globalizzazione e mercificazione galoppanti, dobbiamo giocare d’anticipo e offrire ai giovani una gratificazione ben più convincente della classica predica “Studia, è per il tuo domani!”.

La Scuola prepara alla vita ma, nello stesso tempo, è già vita! Basterebbe una piccola retribuzione, strumento di avvio dell’indipendenza economica dai genitori, per stimolare coloro che… non si inebriano bevendo alle fonti del sapere.

Una possibile Tabella degli stipendi agli studenti che studiano potrebbe partire da cento euro mensili per chi raggiunge la media del 7, per poi raddoppiare la cifra a favore degli studenti promossi con quella dell’8 e godere di un ulteriore raddoppio per quanti ottengono la media del 9; premio extra per le valutazioni massime, pari al 9,50-10. Lo stipendio verrebbe pagato per l’anno successivo alla classe prima delle Scuole Medie, a partire dal mese di luglio, e sottoposto ad aggiornamento, in aumento o in diminuzione-cancellazione, in base ai risultati conseguiti al termine di ogni anno scolastico successivo. Per le Scuole Superiori, la cifra di partenza, da attribuire al termine della classe prima, dovrebbe essere di duecento euro mensili, da raddoppiare secondo il meccanismo sopra descritto.

Le ricadute educative, culturali e sociali della presente proposta sarebbero di grandissima valenza. Basti pensare alle seguenti: motivazione allo studio per un numero molto grande di studenti; crescita dell’autostima e contrasto al bullismo e al cyberbullismo; individuazione e valorizzazione di un più corposo parterre di eccellenze; educazione al valore del lavoro e alla gestione del denaro; prevenzione dei fenomeni di abbandono scolastico, devianza giovanile e microcriminalità.

I fondi per finanziare questa piccola rivoluzione potrebbero provenire da varie fonti: penso all’opulento mondo delle Sale gioco reali e virtuali, alle munifiche Fondazioni bancarie, alle grandi Imprese nazionali e multinazionali (naturalmente con annesso sconto fiscale), all’inesauribile due-cinque-otto per mille, alla confisca dei beni ai criminali dell’economia e della finanza. I docenti, in una situazione innovativa di tale portata, sarebbero chiamati a una valutazione sempre più attenta, senza squilibri punitivi o slanci “buonisti”.

Antonio Deiara

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