Si riparte, ecco la scuola che vogliamo. Lettera

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Istruzione, pane e lavoro, salute sono i tre temi sociali fondamentali su cui il popolo si è espresso il 4 dicembre e ha detto NO a Renzi e alla modifica della costituzione.

Referendum: L’età è una delle variabili più importanti: come evidenziato da Quorum gli under 34 si sono schierati all’81 per cento contro la riforma costituzionale, mentre tra gli over 55 ha vinto il Sì. Senza contare che, come fa notare Youtrend, nei 100 comuni con più disoccupati “il No vince con il 65,8% dei consensi”, mentre nei 100 con meno disoccupati ha la meglio il Sì con il 59%.

Il risultato parla chiaro: questo Governo ha perso tempo e il Partito Democratico continua ad essere lontano dalle esigenze del popolo.

Il PD, è la contemporanea rappresentazione delle lobby della finanza , della industria assistita e parassitaria che, non riuscendo a competere a livello di capitalismo globale, “mangia” la scuola pubblica, la sanità e le pensioni. Qualsiasi insegnante, o potenziale ammalato o pensionato che sostenga Renzi è suicida e carnefice.

Le scelte del governo Renzi non hanno mai inciso positivamente sui problemi della gente nè hanno tentato di risolverli. Gli 80 euro sono state solo mance elettorali, un obolo elargito pensando di accattivarsi il popolo.

Excursus storico: l’esperienza di Achille Lauro a Napoli (messaggio per Renzi e De Luca).

Erano gli anni della Tammurriata nera e dell’arte di arrangiarsi, erano gli anni di una Napoli aperta come mai lo era stata al mondo, stravaccata nel Golfo in attesa di cibo, automobili, sigarette, dollari e polli da spennare; erano gli anni in cui la pancia della città più bella del mondo era nei vasci (i Bassi) raccontati all’Italia intera dalla magia teatrale di De Filippo e dai sogni cinematografici di De Sica.

Quelli di Achille Lauro erano gli anni della ricostruzione dopo il declino: nel Partito Nazionale Monarchico dal ’46 al ’54, poi tra i Monarchici Popolari fino al 1961 e nel 1972 nelle fila del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, Lauro ha rappresentato un pezzo di storia politica della città di Napoli, della Regione Campania e del Parlamento Italiano.

Amato e discusso, Lauro pensava che, nel bene o nel male, l’importante era far parlare di sè: trasferì il modello vincente della flotta Lauro (la compartecipazione agli utili dell’azienda da parte dei lavoratori) in politica, cercando (riuscendoci) di far rinascere quella destra ormai lontana, dopo i nefasti mussoliniani, dalla politica che conta; attraverso il recupero dei valori che oggi definiremmo “non negoziabili” (religione, famiglia, patria), Lauro combattè lo spauracchio comunista con veemenza “nel rispetto di una tradizione cristiana, occidentale e liberale”, auspicando il ritorno di un potere monarchico e urlando alle riforme istituzionali come necessarie.

Achille Lauro divenne sindaco di Napoli a 65 anni, nel 1952, con 300mila preferenze, l’anno successivo alle politiche ne ottenne 680mila alla Camera: numeri mai raggiunti da nessun candidato prima di lui, che rappresentano il raccolto di promesse elettorali “shock”.

O’ Comandante, il soprannome che Lauro si era guadagnato da armatore, faceva campagna elettorale dentro la pancia del popolo: i mitici banchetti in cui si distribuivano pacchi di pasta da 1kg sono ancora una leggenda popolare a Napoli, così come le banconote tagliate a metà e i dollari di piccolo taglio distribuiti alla cittadinanza. Achille Lauro faceva politica “con le scarpe spaiate”: distribuiva ai comizi centinaia di scarpe sinistre e finiva il paio consegnando le destre solo dopo il voto; nelle sue arringhe elettorali Lauro prometteva di avviare il “vero motore dei meridionali: l’edilizia”.

L’operato del sindaco Achille Lauro lo si può vedere ancora oggi: la facilità con cui O’Comandante bypassava le procedure burocratiche, monetizzando il regime di stato d’emergenza per le opere pubbliche (da deputato fu nella Commissione Trasporti) arricchiva pochissimi napoletani ma garantiva reddito per l’intera città, sbalordendo i giornalisti e i politologi dell’epoca che, giunti da Milano e da Roma a Napoli, non riuscivano a comprendere il successo di Lauro, sottovalutando l’aspetto principe della sua politica: il consenso.

Matteo Renzi non è riuscito neanche in quello… e così facendo non ha conquistato il consenso del popolo italiano sempre più in difficoltà economica e non “abituato” alla povertà.
La batosta presa il 4 dicembre 2016 ha dimostrato come oltre 19 milioni 419mila italiani non ne possono più di cazzari e venditori di pentole ed esigono un Parlamento che sia in grado di risollevare lo status sociale di un popolo, quello italiano, ormai ridotto alla fame.

Oggi purtroppo siamo tornati indietro, una regressione sociale e culturale, i giovani nel 2016 sono più poveri dei coetanei del 1990 e addirittura come nel dopoguerra i problemi che riguardano i tre temi sociali sui quali si basa la crescita di una nazione sono: istruzione, pane e lavoro, salute, non sono stati risolti. Ma analizziamolo:

1) Istruzione e formazione: Non esiste un progetto di salvaguardia dei giovani. Lo Stato non li aiuta a formarsi e a proseguire gli studi universitari stesso problema dalla parte degli insegnanti e personale ata con stipendi da fame e sempre con minor diritti e il pericolo della cancellazione della libertà di insegnamento. La “Buona scuola” voluta da Renzi è stata disastrosa e va cancellata.

2) Pane e Lavoro. In Italia non esiste il reddito minimo nè il reddito di cittadinanza, solo nel 2015 sono stati emessi 60milioni di vouchers (60 milioni di euro) invece di stipulare veri contratti di lavoro. Oltre il 46% dei ragazzi figli di immigrati e il 42% dei loro coetanei italiani vorrebbe andar via dall’Italia. Aumentano le disuguaglianze: il futuro determinato dalla posizione dei genitori. L’aumento dell’occupazione si limita agli ultracinquantenni, per i trentenni il lavoro è sempre più precario e spesso di livello inferiore al loro titolo di studio. Gli stipendi non sono sufficienti per vivere e le pensioni sociali (cifre vergognose) sono il lato oscuro di un Paese democratico.

3) Salute. Costi alti e liste d’attesa, 11 milioni di italiani rinunciano a curarsi. In due anni è aumentata di 80 euro a persona la spesa pagata di tasca propria.

Probabilmente in primavera si ritornerà a votare un nuovo parlamento. Chi vincerà dovrà occuparsi dei veri problemi del popolo e smetterla di pensare solo alle banche e all’Europa. Quando il popolo ha fame ed incazzato diventa uno Tsunami e il risultato del referendum lo ha dimostrato e deve essere un monito per chiunque diventerà premier!

Un ‘ultima riflessione “doverosa” e “obbligatoria” che tocca la scuola.

Volendo avviare una riflessione sul futuro della scuola italiana dopo la pericolosa legge 107/2015 e il suo creatore (Matteo Renzi), crediamo sia necessario partire dalla consapevolezza che per migliorare la qualità dell’istruzione non si possa prescindere dalla riqualificazione del personale che opera all’interno delle istituzioni scolastiche.
La prima cosa da fare è abrogare la legge 107/2015. (si fa prima a scrivere una nuova legge sull’istruzione che cercare di mettere le pezze e sistemare la “buona scuola”).

Detto questo, ecco le nostre proposte.

Una riforma dell’organizzazione scolastica e l’istituzione di un’area contrattuale specifica per il comparto della scuola, di cui si indicano di seguito i capisaldi ispiratori: istituzione di un Consiglio superiore della docenza come organo di autogoverno e di garanzia della deontologia professionale dei docenti, formato da insegnanti eletti su base nazionale e regionale che abbiano il compito di definire gli standard professionali attraverso l’individuazione di meccanismi volti al monitoraggio dell’efficacia dell’insegnamento e della valorizzazione del merito, di sovrintendere alla formazione iniziale e in itinere dei colleghi, (anno sabatico), di intervenire sulle norme di accesso all’insegnamento, di gestire l’albo professionale e l’ambito disciplinare, di statuire e far rispettare il codice deontologico professionale;
riconoscimento del ruolo professionale dei docenti e del contributo del resto del personale ATA. Per gli insegnanti. attraverso il ruolo unico docente (parificazione retributive e dell’orario) e l’individuazione di un’area contrattuale per la scuola fuori dai dettami del Dl 29/1993, che ne valorizzi la specificità nei confronti del pubblico impiego e adegui le retribuzioni alla media europea;
potenziamento e rilancio delle funzioni degli organi collegiali, in opposizione alla trasformazione della scuola in fondazioni gestite da consigli di amministrazione presieduti dal dirigente, con l’assegnazione discrezionale allo stesso dell’ambito valutativo della professionalità dei docenti ed Ata, nonché del titolo ad assumere direttamente il personale;
creazione di una carriera per i docenti di ogni ordine e grado che preveda la possibilità di operare,a metà carriera, all’interno degli Atenei ai fini della formazione di base dei nuovi insegnanti;
abilitazione come requisito minimo per l’insegnamento e eliminazione della terza fascia GI: quello del docente è un lavoro ad altissimo tasso di responsabilità, manipolare delle menti in fase di crescita implica una doverosa preparazione;
preside elettivo.
Il progetto di riforma si basa sulle seguenti istanze valide per le scuole di ogni ordine e grado:

limitazione del numero degli alunni per classe ad un massimo di 24 sull’organico di fatto e 20 in presenza di un alunno diversamente abile;
garanzia del rapporto 4 a 1 tra insegnanti di sostegno e alunni diversamente abili;
la presenza di almeno un mediatore culturale per la facilitazione dell’integrazione di studenti stranieri;
seconda lingua obbligatoria: nel caso della scuola primaria, di quella secondaria di primo grado e delle scuole secondarie di secondo grado come Istituti Tecnici e Professionali dove deve essere una lingua comunitaria; per quel che concerne i licei la scelta è libera;
trasformazione dell’ora di religione in un corso di Storia delle Religioni da praticarsi una sola ora a settimana in tutte le scuole di ogni ordine e grado;
creazione di laboratori anche non strettamente curriculari,dei quali lo studente deve sceglierne obbligatoriamente almeno due, destinati a classi aperte, nel caso della scuola primaria e secondaria di primo grado anche per “età mentali”;
aprire le strutture scolastiche al territorio e favorire la fruizione gratuita dei laboratori, delle biblioteche e degli impianti sportivi. Per una scuola come centro d’aggregazione territoriale e di integrazione.

SCUOLA DELL’INFANZIA

introduzione di principi pedagogici basati sulle intuizioni dei più importanti pedagogisti italiani e stranieri con particolare attenzione a Maria Montessori, alle sorelle Rosa e Carolina Agazzi, a Tina Tomasi e Lamberto Borghi, a Friedrich Froebel e Freinet;

estensione dell’obbligo scolastico all’ultimo anno di scuola dell’infanzia (5 anni di età).

SCUOLA PRIMARIA

ritorno alla suddivisione della scuola primaria in 2 cicli: 1° ciclo (dalla prima alla seconda classe) 2° ciclo: (dalla terza alla quinta classe);
completa e coerente attuazione del tempo pieno, abrogazione del cosiddetto “maestro unico” o “prevalente” e ripristino dell’insegnamento modulare basato sulla divisione in due aree prevalenti (linguistico-espressiva e logico-matematica) con l’affidamento di alcune altre discipline specifiche (ed. motoria, ed. musicale, lingue straniere, informatica, storia delle religioni) ad insegnanti con titoli e competenze inerenti;
introduzione dello studio di due lingue straniere comunitarie e del linguaggio musicale;
ritorno al programma ministeriale di Storia come prima della riforma Moratti e ritorno al curricolo ciclico, cfr. programmi per la scuola primaria del 1985;
avvicinamento ai linguaggi informatici e multimediali;
eliminazione dei moduli “a scavalco” o verticali;
per l’ultimo anno di scuola primaria si prevede la suddivisione dell’orario scolastico tra insegnanti di scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, così da facilitare il passaggio dei bambini ad un sistema pedagogico relativo ad una diversa fase dell’età evolutiva, in parziale analogia con il modello francese;
ripristino dei giudizi analitici e dell’esame di licenza di scuola primaria.

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

per il primo anno si prevede (come per l’ultimo anno della primaria), la suddivisione dell’orario scolastico tra insegnanti di scuola primaria e secondaria di primo grado per valorizzare gli elementi di continuità del curriculum, in parziale analogia con il modello francese;
introduzione dello studio del latino fin dalla seconda classe della scuola secondariadi primo grado. Nel momento in cui gli ultimi interventi controriformistici sulle scuole superiori stanno minando fortemente la possibilità degli studenti di qualsiasi tipo di liceo di apprendere proficuamente le strutture linguistiche e i contenuti letterari della cultura latina, si ravvisa invece proprio la necessità di rilanciare lo studio del latino, chiamando l’opinione pubblica a riflettere sulla sua utilità in generale e nel nostro Paese in particolare. Attraverso lo studio del latino si sviluppano esponenzialmente le capacità di apprendimento della sintassi e della semantica della lingua italiana e delle lingue neolatine, si potenziano le abilità logico-deduttive estendibili a tutti i campi del sapere, inclusi naturalmente quelli di ambito scientifico e tecnologico. Viceversa. l’enorme patrimonio storico-artistico del nostro Paese rischia di essere ulteriormente dimenticato e di apparire agli occhi delle future generazioni come qualcosa di “inutile e derelitto”, e quindi alieno da sé, laddove invece costituisce una ricchezza culturale ed economica che identifica e contraddistingue l’Italia ed ha sempre orientato i gusti estetici degli altri Paesi europei;
introduzione di un’area tecnico-pratica e artistico-musicale che si avvalga del supporto di specifici laboratori artigianali ed artistici e che miri allo sviluppo delle competenze e capacità manuali e creative dei ragazzi in raccordo con le esigenze specifiche del territorio, anche in vista dell’orientamento verso le scuole superiori;
introduzione di un’area laboratoriale curricolare per l’avvicinamento dei ragazzi alla comprensione e decodificazione dei linguaggi “non letterari” cinematografico e teatrale;
approfondimento della conoscenza e potenziamento delle abilità di utilizzo dei linguaggi informatici e multimediali.

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

innalzamento dell’obbligo scolastico all’effettivo raggiungimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado o almeno al raggiungimento di una qualifica professionale, questo per garantire una effettiva scolarizzazione e combattere la dispersione, problema sempre più grave in Italia;
separazione “dialettica” degli studi della storia e della geografia, ricollocando ciascuna delle due materie nell’ambito della disciplina di competenza tramite l’assegnazione di un monte ore adeguato e di una programmazione comune;
aumento delle ore disciplinari di italiano: ribadiamo la necessità di un loro incremento a fronte della consapevolezza che agli istituti superiori approdano studenti sempre più deboli nelle capacità di utilizzo della lingua a causa di un generalizzato processo di semplificazione ed essenzializzazione dei codici comunicativi; va inoltre considerato il fatto che è sempre più cospicua la quantità di studenti per i quali l’italiano non è lingua madre;
studio del diritto come disciplina a sé stante e quale elemento formativo ed interdisciplinare capace di sviluppare la responsabilità e la coscienza del cittadino di appartenere ad una collettività civile e solidale. Tale insegnamento deve essere assegnato ad un docente specializzato nella materia;
nel caso del Liceo delle Scienze Umane, inserimento dello studio della didattica della lingua italiana come “Lingua 2”;

PER TUTTI I LICEI

studio del latino obbligatorio. A tal proposito si precisa che il percorso liceale deve garantire agli studenti l’accesso, in maniera serena e proficua, a qualsiasi corso universitario di laurea e a tal fine deve prevedere un curriculum di discipline che conferisca una solida formazione di base. Ad esempio, l’istituzione di per sé apprezzabile del liceo coreutico, prevista dalla riforma Gelmini, necessita di un ampliamento dell’offerta formativa per quanto concerne le discipline di cultura generale quali l’italiano, il latino, la matematica, nonché la fisica, la chimica e la biologia;

portare a 3 le ore dedicate alla filosofia per ogni tipo di liceo oltre al Classico, e introduzione di almeno un’ora di Storia della musica e ascolto musicale;

ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI

potenziamento delle attività laboratoriali attraverso l’istituzione di laboratori relativI alle professioni artigianali e artistiche che sviluppino le competenze manuali e creative degli studenti anche in raccordo con il patrimonio e le esigenze del territorio;

realizzazione di un percorso strutturato di alternanza scuola-lavoro attraverso la formula degli stages, durante gli ultimi due anni di corso, integrati al curricolo e funzionali al raggiungimento degli obiettivi disciplinari, ma che non compromettano la possibilità degli studenti di continuare il loro percorso scolastico anche nella prospettiva del proseguimento degli studi universitari. Per realizzare tale integrazione è necessaria un’attività di forte raccordo con le regioni e il mondo dell’impresa e l’istituzione della figura di un docente tutor a tempo pieno che garantisca la validità didattica del percorso e vigili sul rispetto delle norme di sicurezza e sui diritti (anche sindacali, vedi il diritto di assemblea e di sciopero) degli studenti-lavoratori.

Ricordo ai giornalisti come Rondolino che oggi più di ieri, per insegnare occorre la conoscenza e la competenza di un docente universitario congiunte alla didattica strutturata, molecolare, personalizzata, sovente ignorata e sottovalutata dagli stessi docenti universitari. Senza sottolineare quanto ci è richiesto dal punto di vista relazionale. Nel docente delle superiori si sommano la delicatezza della didattica e lo spessore della conoscenza accademica. Noi siamo l’ultima barriera alla devianza giovanile di massa. Nel nostro lavoro c’è ormai una colonizzazione lavorativa che ti occupa l’intera giornata, senza il diritto alla remunerazione per la reperibilità. C’è dolore, costrizione, povertà, disperazione, mobbing sottile di capi e capetti.

Il tempo è maturo per una grande riforma dell’istruzione pubblica laica statale e che diventi un modello per tutta l’Europa.

Paolo Latella

insegnante e giornalista

Segretario della Lombardia

Membro della direzione nazionale del sindacato Unicobas Scuola

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