Rinnovo del contratto, addio al bonus degli 80 euro? Lettera

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Inviato da Mario Bocola – Il tandem della riapertura del tavolo delle trattative presso l’ARAN (Agenzia per le Contrattazioni della Pubblica Amministrazione) per il rinnovo dei contratto di lavoro dei pubblici dipendenti sia per la parte normativa che per la parte economica, che riguarda anche i lavoratori del mondo della scuola, il cui contratto non viene rinnovato da oltre otto anni, cioè dal 2009, sta facendo discutere molto su un punto.

Il problema in questione non è di poco conto, ma è fondamentale per la salvaguardia del potere d’acquisto delle famiglie e riguarda la paventata ipotesi (che può dimostrarsi realistica!) che l’aumento contrattuale degli 85 euro lordi (che tradotti in netto fanno circa 50 euro), possa far venir meno il requisito per il mantenimento del bonus di 80 euro elargito da Renzi a quei docenti che avevano un reddito non superiore a 26.000 euro.

Ora, dal momento che una gran fetta di beneficiari del bonus renziano, possono con l’aumento deciso dal Governo, sforare il tetto reddituale e, quindi, di conseguenza perdere gli 80 euro, sarebbe bene che, in sede contrattuale i sindacati confederali non si facessero gabbare dalle proposte governative vendendosi per un “piatto di lenticchie” accettando supinamente l’eventuale meccanismo subdolo e ingannatore che l’aumento deciso possa far venir meno il beneficio degli 80 euro. Sarebbe una cosa vergognosa se ciò accadesse perché significherebbe che l’aumento possa addirittura essere di soli cinque euro mensili.

In poche parole bisogna necessariamente defiscalizzare il bonus di 80 euro, in modo tale che non vada a far cumulo con la somma decisa dal governo italiano. Inoltre, stiano ben all’erta sempre i sindacati sottoscrittori del contratto nazionale collettivo del lavoro a non farsi gabbare (e tenere gli occhi ben aperti) neanche sulla parte normativa del contratto, in quanto esiste la paventata ipotesi che si nasconda qualche brutta sorpresa, ossia ad un amento economico possa corrispondere un aumento del carico di lavoro dei docenti, andando a rispolverare il “demone”, ossia il passaggio dalle diciotto alle ventiquattro ore di lezione frontale, cosa questa già tentata con l’esecutivo Monti e poi naufragata.

Bisogna stare sempre vigili nel ponderare bene tutto ciò che ci viene proposto dal Governo nazionale perché tutto fa presupporre un risparmio economico e un maggiore carico di lavoro. Altra cosa che “puzza di bruciato” è il continuo e asfissiante rinvio della riapertura del tavolo delle trattative per il rinnovo contrattuale, che avrebbe dovuto aprirsi fin dal mese di aprile e poi sempre procrastinato. Questo fa supporre che il rinnovo dei contratti del pubblico impiego possa trasformarsi in una partita elettoralistica, in vista delle prossime elezioni politiche che si terranno nella primavera del 2018.

La dilazione dei tempi ci portano proprio in questa direzione, cioè quella di far apparire la partita del rinnovo contrattuale come una trovata elettorale per accaparrarsi i voti. Ormai questo film è noto agli italiani in quanto lo hanno, purtroppo, visto e sperimentato in tanti anni di vita repubblicana. Questo si sta rivelando l’ennesimo “raggiro” da parte di una classe politica insensibile, sorda, incapace di interagire con i cittadini, che si ricorda di loro soltanto quando ci sono le elezioni e, quindi, per accaparrarsi la fiducia mette in atto qualsiasi escamotage o trovata scenica teatrale. Ed ora l’esca per i pesci è il rinnovo del contratto di lavoro con il contentino per tenerli tutti contenti e gabbati.

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