Riforma 0-6, CIDI: ddl Puglisi è sbagliato. Perché piano assunzioni lascia fuori docenti infanzia?

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 La legge 107 è, come si sa, una legge ambiziosa, che mira a ridisegnare i contorni di tutto il nostro sistema di istruzione, a partire dalla base.

 La legge 107 è, come si sa, una legge ambiziosa, che mira a ridisegnare i contorni di tutto il nostro sistema di istruzione, a partire dalla base.

Negli ultimi mesi il dibattito intorno a essa è stato giustamente focalizzato sugli organici, sulle assunzioni, sulla valorizzazione dei docenti, e in pochi si sono accorti, per esempio, che essa contempla di fatto – istituendo una delega – anche il riordino della scuola dell’infanzia nel famoso sistema integrato 0-6, cavallo di battaglia della Senatrice PD Puglisi. Nulla di male e nulla di nuovo sotto sole, il sistema 0-6 è già sperimentato in molte aree dell’Italia, soprattutto al Nord, ma serpeggia il timore che esso possa di fatto minare il raccordo vincente e già ben assestato di questo segmento di scuola col primo ciclo di istruzione (gli Istituti Comprensivi, per intenderci), nell’ottica di un vero e proprio distacco da esso. “Da sempre la scuola dell’infanzia è la cenerentola del sistema d’istruzione, perciò abbiamo accolto la richiesta da parte di molte colleghe di questo ordine di scuola di far conoscere al mondo della cultura, dell’università e della scuola, le possibili conseguenze della proposta governativa” scrive il Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) in una nota per riaprire il dibattito con una raccolta di firme. Ne abbiamo parlato con Paola Conti, Cidi Firenze.

Conti, i contenuti della legge 107 sono stati ampiamente dibattuti, ma della scuola dell’infanzia si sa solo che le sue docenti sono rimaste fuori dalle assunzioni.

“Proprio così. La legge 107 istituisce una delega per il riordino del segmento da 0 a 6 anni, ma ci è sembrato singolare che in questi mesi non sia sorto nessun dibattito intorno all’argomento, come se ci fosse un consenso unanime. Non si è aperto nessun confronto nemmeno a livello sindacale. Come gruppo di scuola dell’infanzia, siamo andati a leggerci il testo della legge che ci riguarda e abbiamo scoperto che esso ricalca in maniera pedissequa il disegno di legge Puglisi. Così ci siamo dati da fare per riaprire un confronto, visto che il testo della delega non è ancora stato scritto”.

Come mai tante perplessità sul ddl Puglisi?

“Come abbiamo scritto nel nostro documento, la proposta del sistema integrato 0-6 non è sbagliata in sé, poiché per esempio prova a riorganizzare il sistema dei Nidi sottraendoli all’ambito dei servizi a domanda individuale e inserendoli all’interno di un sistema complessivo di educazione per la vita. Tuttavia noi siamo convinti che il vero sistema integrato vada costruito almeno da 0 a 14 anni, mentre quello che prefigura la delega appare piuttosto come il distacco di un pezzo di istruzione ed educazione dalla scuola del primo ciclo”.

Eppure le Indicazioni nazionali dovrebbero ‘blindare’ la presenza della scuola dell’infanzia nel sistema di istruzione del nostro Paese.

“E’ vero, le Indicazioni nazionali suggeriscono un’ottica di continuità verticale tra segmento 3-6 e primo ciclo, ma diversi elementi ci inducono a tenere alto il livello di guardia. Come mai, per esempio, nella legge 107 c’è scritto che vanno abrogati tutti gli articoli preesistenti che riguardano la scuola dell’infanzia? E come mai, come ha già ricordato lei, il piano straordinario di assunzioni voluto da Renzi ha lasciato fuori proprio i lavoratori della scuola dell’infanzia? La stessa cosa è successa col Rav… Come se si volesse iniziare a fare un discorso a parte, nella direzione di un distacco di questo pezzo di scuola dal primo ciclo”.

D’altra parte, è vero che la chiamiamo scuola, ma non esiste un obbligo a frequentarla, nonostante l’Ocse abbia ribadito anche di recente quanto la scolarizzazione precoce rappresenti un fattore protettivo contro la dispersione.

“E da qui nasce l’equivoco principale, l’ambiguità di fondo che avvolge tutti i discorsi che riguardano la scuola dell’infanzia e che rende legittime tutte le interpretazioni, in una molteplicità di prospettive su cui ha giocato anche il legislatore”.

Perché il legislatore avrebbe un interesse a ‘giocare’, a indebolire questo tipo di scuola?

“Credo che lo Stato potrebbe avere un interesse nel dismettere la gestione delle scuole dell’infanzia ad altri soggetti. Si tratta di un servizio costoso, complesso da gestire, su cui si sono appuntati gli interessi forti di molti. Qui in Toscana, per esempio, la Regione si vanta di finanziare alcune sezioni intervenendo dove lo Stato non ce la fa”.

Non è un principio necessariamente sbagliato quello della sussidiarietà.

“Sì, ma viviamo in un Paese in cui esiste una disomogeneità enorme sia dal punto di vista quantitativo, cioè nel numero di strutture per l’infanzia sul territorio nazionale, sia da quello qualitativo, poiché troviamo eccellenze mondiali accanto a situazioni di mera assistenza. Che cosa succederebbe se si affidasse la gestione del segmento 0-6 a quelle regioni che non hanno nemmeno ancora censito il numero di nidi sul loro territorio? Non mi fraintenda, non è la diminutio di status che ci preoccupa, ma la possibilità che questa riforma così importante possa essere fatta in sordina, senza un dibattito pubblico, in una sorta di silenzio assenso privo di consapevolezza”.

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