Non 24 ma 36 ore per tutti i docenti.

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Non una provocazione dicono dall’Age, l’Associazione italiana genitori (Age), ma un ragionamento articolato, "lontano da ogni sterile semplificazione". "È tempo – dicono – di riscrivere un grande patto sociale sulla nostra scuola". Ecco le proposte dell’Age

Non una provocazione dicono dall’Age, l’Associazione italiana genitori (Age), ma un ragionamento articolato, "lontano da ogni sterile semplificazione". "È tempo – dicono – di riscrivere un grande patto sociale sulla nostra scuola". Ecco le proposte dell’Age

Associazione Italiana Genitori Age Onlus – Mobilitazioni e proteste. C’è malessere nella scuola. È l’ora della corresponsabilità. Una riflessione aperta.

Si diffondono, talora in modo spontaneo, forme di mobilitazione e protesta che esprimono il malessere dei docenti nella scuola. Nel corso di alcuni scioperi, ai quali hanno aderito anche gruppi di studenti, la protesta è sfociata in forme, minoritarie, di scontro più violento, che sono assolutamente e con fermezza da rigettare.

Da lungo tempo la scuola è oggetto di provvedimenti (ma più frequentemente di annunci) che, ispirati da una mera logica di riduzione della spesa, raggiungono solamente l’effetto di screditare l’istituzione, di dare voce ad opinioni emotive e disinformate, di svalutare il prezioso lavoro degli insegnanti, genericamente considerati una categoria privilegiata.

Il nostro Paese pare vedere nella scuola solo una spesa e non un investimento. È una politica perdente, perché la storia ci insegna che cittadini meglio formati, con più conoscenze e creatività risollevano l’economia.

Alcune forme di protesta dei docenti attivate in queste settimane, che prevedono l’astensione dal colloquio con le famiglie o dalle attività non squisitamente ‘frontali’, restituiscono a molti proprio l’idea di insegnante che si vorrebbe rifiutare, allontanano ancor più i genitori e il Paese dalla solidarietà con la scuola che si vorrebbe suscitare, penalizzano gli studenti, cioè i cittadini per i quali tutto il sistema dell’istruzione è organizzato.

In quanto associazione di genitori, noi non possiamo né intendiamo interferire su questioni di tipo sindacale: il nostro compito e la nostra legittima aspettativa sono di natura più ampia e globale, nell’interesse dei nostri figli; proprio in quest’ottica possiamo e dobbiamo dire la nostra.

Non siamo per i discorsi semplificatori, poiché la scuola è un sistema complesso.

Non siamo per i discorsi generici: c’è qualche insegnante mediocre e demotivato, insieme ad ottimi insegnanti e dirigenti, che impegnano nella scuola il loro patrimonio di dedizione e competenza. Ci sono anche genitori deleganti e assenti, insieme ai tanti che ancora credono nella partecipazione e nella presenza.

Perciò è necessario che le migliori esperienze di corresponsabilità e cooperazione siano conosciute e sostenute, a partire dalla valorizzazione e dal rilancio di ogni forma associativa di dirigenti, insegnanti, studenti e genitori.

Ci preoccupa che nella protesta si rifiutino in modo indiscriminato anche i tentativi di innovazione, e che la protesta rischi di diventare solo conservazione dell’esistente: partecipazione del territorio alla vita della scuola, per esempio, non significa privatizzazione, autonomia statutaria delle scuole non significa necessariamente arbitrio e discriminazioni.

Pensiamo che sia urgente, più che mai, la realizzazione di un’autentica valutazione del sistema e non solo degli allievi, una valutazione delle scuole e dell’insegnamento: ciò per avere dati certi, per uscire dalle interpretazioni parziali, perché emergano e siano diffuse le esperienze positive, perché si possano studiare, per superarle, le differenze tra scuola e scuola, tra sezione e sezione che già oggi esistono.

La classe docente va ascoltata. Se è vero che c’è fin troppo lavoro non riconosciuto, fuori dalle ore d’insegnamento, sarà interesse della stessa categoria renderlo evidente e remunerato com’è giusto. Questo chiarirebbe i rapporti con la Nazione, con i detrattori, con l’opinione pubblica e aiuterebbe chi si dedica alla professione a distinguersi dai colleghi meno motivati e impegnati.

Abbiamo bisogno di un sistema scolastico di alta qualità: solo il 50% della popolazione italiana ha un diploma di scuola superiore, mentre in Germania, pur con un’immigrazione nettamente superiore alla nostra, i diplomati sono l’85%.

Possiamo iniziare a pensare, per tutti i docenti di ogni ordine e grado, un tempo di lavoro di 36 ore settimanali (che non significa 36 ore frontali!), con possibilità di part time e flessibilità, con stipendi adeguati almeno alla media europea, con differenziazioni di carriera e responsabilità riconosciute anche nel salario, con condizioni di lavoro in ambienti salubri e correttamente attrezzati, con controlli ripetuti sulle procedure e gli esiti, che vedano concorrere alla valutazione anche gli insegnanti stessi?

Potrebbe sembrare un’utopia, un sogno irrealizzabile in un tempo di contrazione di risorse, ma forse, ben calcolando le opportunità che si aprono (maggiore disponibilità nel colloquio con le famiglie, flessibilità nell’organizzazione della scuola e nelle progettualità, copertura di supplenze, percorsi di recupero per gli studenti, possibilità di formazione in servizio, equità di trattamento fra tutti i docenti, etc.), non è detto che tutto ciò non significhi anche un risparmio complessivo per il Tesoro, oltre che per le famiglie e il Paese.

Anche i genitori, come gli studenti, il mondo dell’Università, dell’educazione e della ricerca, devono essere ascoltati. Perciò ci piacerebbe che, anche in assenza degli Stati generali dell’Istruzione che il Ministro alcuni mesi fa intendeva promuovere, fosse possibile in Italia riscrivere un grande patto sociale intorno alla nostra scuola.

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