Università. Polemiche sulle dichiarazioni di Poletti:”Meglio laurearsi con un 97 a 21 anni che con un 110 e lode a 28″

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Ieri il Ministro Poletti, in occasione dell’apertura di “Job&orienta” a Verona, ha affermato che è meglio laurearsi con un 97 a 21 anni che con un 110 e lode a 28, commentando anche il rapporto fra formazione, titolo di studi e mercato del lavoro. 

Ieri il Ministro Poletti, in occasione dell’apertura di “Job&orienta” a Verona, ha affermato che è meglio laurearsi con un 97 a 21 anni che con un 110 e lode a 28, commentando anche il rapporto fra formazione, titolo di studi e mercato del lavoro. 

L'affermazione ha sollevato molte critiche da parte degli studenti e dei sindacati. 

“L’idea che la laurea sia semplicemente un titolo, da conseguire nel più breve tempo possibile per immettersi di fretta nel mondo del lavoro, è una stupidaggine a tutti gli effetti: se l’obiettivo è quello di costruire la tanto sbandierata ‘società della conoscenza’, la formazione terziaria deve raggiungere quante più persone possibile e da qui ne scaturisce la flessibilità del percorso formativo che deve poter essere diluito, frammentato e modificato secondo le esigenze dello studente” – dichiara Alberto Campailla, portavoce di LINK – Coordinamento Universitario –
“Inoltre se un’ impresa vuole produrre innovazione ha necessità di un lavoratore che possieda determinate conoscenze, che derivano anche dall’approfondimento del suo percorso formativo e non dal tempo in cui ha conseguito il titolo. Applicare la logica del primo che arriva è una scelta piuttosto miope.”

“Ci sembra evidente come questa ennesima dichiarazione fuori luogo si inserisca in una visione complessiva del rapporto fra lavoro e formazione: è la visione propria di una classe imprenditoriale mediamente poco istruita e che ha da tempo operato una scelta strategica: puntare sulla svalutazione competitiva del costo del lavoro (comprimendo diritti e salari), anziché sull’innovazione, come dimostrano le dichiarazioni dello stesso Poletti sulle cassette di frutta o la malcelata volontà di Confindustria e TreeLLLe sfruttare stage e alternanza scuola-lavoro come manodopera a basso costo” afferma Riccardo Laterza, portavoce della Rete della Conoscenza.

“Le affermazioni del Ministro sono sconcertanti e assolutamente diseducative, perché figlie della falsa ideologia della conoscenza “utile” e dell’illusione di un mondo del lavoro, delle imprese, accogliente e flessibile” replica immediatamente Domenico Pantaleo, Segretario Generale FLC CGIL. “In un Paese nel quale il lavoro  manca, cresce la povertà e l'esclusione sociale nel sud, la disoccupazione giovanile è tra le più alte d'Europa, il precariato dilaga, le imprese non assumono laureati perché non investono in ricerca e innovazioni e manca una seria legge sul diritto allo studio, il ministro del Lavoro scopre una ricetta miracolosa sostenendo che studiare non serva.”

“Basta laurearsi o diplomarsi più presto possibile – ha continuato Pantaleo – in modo che si possa entrare prima nel mondo del lavoro e cosi, secondo il Ministro, si risolvono tutti i problemi. Sembra, insomma, che per il Governo la Scuola e l’Università non debbano più essere luoghi di formazione e cultura ma debbano semplicemente “addestrare i giovani a approcciarsi il prima possibile al lavoro a qualsiasi condizione e rinunciando a una istruzione all'altezza dei tempi” – ha incalzato Pantaleo.

Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari, ha commentato: “Ennesime dichiarazioni surreali da parte di un esponente del Governo: non sanno di cosa parlano. Il Ministro evidentemente non ha cognizione delle condizioni del nostro sistema universitario e  manca di rispetto a  tutti quegli studenti italiani che affrontano mille difficoltà per portare a termine il proprio percorso di studi. E’ imbarazzante concentrarsi sui tempi di conseguimento della laurea, davanti ad un sistema di diritto allo studio quasi inesistente e in cui lo Stato non garantisce gli strumenti necessari,  con molti studenti che lavorano, spesso sottopagati o in nero, per potersi mantenere e pagare tasse tra le più alte d’Europa."

Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, dichiara: “Da anni chiediamo una riforma strutturale dei cicli scolastici per abbattere dispersione e garantire una piena inclusione nei percorsi
formativi, attraverso l’introduzione di un biennio unitario per tutti gli indirizzi di studi." 

Concludono Dionisio e Irone: “Sull’età con cui si entra nel mondo del lavoro, poi, vorremmo ricordare al Ministro Poletti che il problema non è la laurea: l’età media di laurea così come l’età media degli universitari è perfettamente in linea con la media europea. Il problema è che il nostro sistema produttivo non è in grado di valorizzare e assorbire i laureati (in Italia il tasso di occupazione dei laureati nella fascia 25-34 è del 62%,contro la media OCSE che si attesta all’82%) , e che le regole del mercato del lavoro ci espongono a precarietà, salari bassissimi e lavoro nero. È inaccettabile che lo stesso Ministro che ha promosso il Jobs Act, aumentando la precarietà e riducendo i diritti, si permetta di dire che la colpa è degli studenti che badano troppo al voto, come se fosse un difetto valorizzare il proprio percorso di studio. Nel nostro Paese si scaricano sul sistema d'istruzione le mancanze di Governi come l’attuale, che scelgono di non investire davvero sui giovani, sulla loro formazione e sul loro futuro.”

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