Sottosegretario Toccafondi: “se paritarie chiudono” disoccupazione e disservizi. Il caso Bologna riscalda la scena. Articolo 33: “private sì, ma senza oneri per lo Stato”

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red – Il referendum di Bologna preoccupa. Interviene il sottosegretario Toccafondi: "se paritarie chiudono ci troveremo di fronte a disoccupazione e all’impossibilità di rispondere ad una domanda di servizi rivolti all’infanzia e all’educazione.

red – Il referendum di Bologna preoccupa. Interviene il sottosegretario Toccafondi: "se paritarie chiudono ci troveremo di fronte a disoccupazione e all’impossibilità di rispondere ad una domanda di servizi rivolti all’infanzia e all’educazione.

"E’ sbagliato contrapporre scuola privata a scuola comunale o statale – continua in sottosegretario in un suo intervento nel quotidiano "La Nazione" – la scuola è tutta pubblica e si differenzia in statale e non statale".

E, affonda il colpo, affermando la volontà da parte dei referendari di Bologna che hanno chiesto la cancellazione dei finanziamenti delle scuole non statali con i fondi delle casse comunali, che la volontà è di voler fare confusione tra "scuola privata" e "scuola non statale".

Infatti nel quesito referendario si parla di "scuole paritarie private" e, dice il sottosegretario, La legge 62 del 2000, a firma Berlinguer, ha definito pubblica tutta la scuola, togliendo la dicitura "privata".

Il servizio, dunque, è pubblica e, dice Toccafondi, consente allo Stato di risparmiare. Infatti, la spesaper bambino iscritto alle scuole "non statali" è di 500 euro ciascuno (cifra complessiva 500milioni di contrbuto statale), mentre per le scuole statali la spesa è di 6.000 euro a bambino.

Dalla parte delle scuole "non statali" si è schierato anche il sindaco di Bologna Virginio Merola (Pd) che con uno slogan aggira le presunte velleità del quesito referendario: "Votate B come bambini", riferendosi all’opzione B del quesito che è a favore dell’uso delle risorse comunali per finanziare le scuole "non statali" e, con la parola bambini, al servizio che queste scuole forniscono alle famiglie.

Da canto loro, i promotori dei referendum hanno risposto al sindaco con lo slogan "Votate A, come la prima lettera di ogni alfabeto del Mondo".

Riuniti nel comutato "Artcolo 33" scrivono, se "Malauguratamente scoprite che la scuola pubblica per voi non c’è, posti esauriti, qualcuno allora vi dirà che potete iscriverla alla scuola privata parificata."

Bene, adesso "immaginate di non avere i soldi per la retta di una scuola privata o semplicemente di non volere (o tutte due) iscriverla a una scuola ‘bianca’, ‘rossa’ o di qualsiasi altra ‘tendenza’, ma di volerla iscrivere alla scuola pubblica, ‘arcobaleno’, affinché abbia a che fare con tutti i colori. Se vi accadesse di trovarvi in questa situazione come vi sentireste?"

"Immaginate – continuano – poi di scoprire, che le scuole private monocolore, al di là del dettato costituzionale, vengano finanziate con risorse comunali, con soldi di tutti, soldi pubblici, compresi i vostri, mentre a voi la scuola di tutti è ingiustamente negata (art.33, comma 3 -Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato)"

"A Bologna – dicono – l’anno scorso 846 genitori (ma anche fossero stati solo due) hanno provato sulla loro pelle e su quella dei loro “B come bambini” la negazione di questo diritto. A Bologna lo scorso anno 13.500 cittadini hanno immaginato di provare tutto questo, e hanno deciso che non era giusto"

Cosa si contesta. Non l’esistenza delle scuole "non statali", ma il loro finanziamento con soldi pubblici. "I referendari – dicono – non contestano le scuole private a cui riconoscono il sacrosanto diritto di esistere" ma la loro esistenza deve essere “senza oneri per lo Stato”. 

La consapevolezza è il referendum avrà una sua influenza anche a livello nazionale e chi ha proposto il referendum, quel giorno, non andrà certamente a Rimini.

La parola finale passa ai cittadini bolognesi

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