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In Sicilia la dispersione si combatte con la didattica “dada”

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Che cosa c’entra la didattica ‘dada’ con la dispersione scolastica? Meglio ancora, perché la prima sarebbe un antidoto alla seconda?

Che cosa c’entra la didattica ‘dada’ con la dispersione scolastica? Meglio ancora, perché la prima sarebbe un antidoto alla seconda?

Doveva essere una ricognizione per indagare i pro e i contro del sistema, molto di moda per esempio in Svezia, che vede i docenti fare lezione nelle loro aule tematiche e gli studenti ‘migrare’ da una all’altra al suono della campanella, invece Mara Aldrighetti, dirigente della scuola media “Antonio Amore” di Pozzallo, nel Ragusano, ci ha orientati verso un altro baricentro, raccontandoci che questa innovazione, sperimentata nel suo istituto da ormai più di un anno, non è che la tappa intermedia di una sfida molto più ambiziosa.

“Quando sono arrivata in questa scuola alla periferia di Pozzallo, la situazione che ho trovato era davvero molto critica: caratterizzata da un tasso di abbandono scolastico altissimo, la scuola si era ormai creata la fama di ghetto, con le iscrizioni che andavano man mano scemando”. La Preside ci racconta però poi subito di come l’alto tasso di ripetenza (anche i dati statistici, d’altra parte, vedono la Sicilia sfiorare il 25% di allontanamenti prematuri dai banchi) sia diventato la molla che ha dato il via a un processo incredibile di rimotivazione dei ragazzi, delle loro famiglie, del corpo docente e così di riqualificazione dell’intero istituto. “

Due anni fa, utilizzando fondi ad hoc, abbiamo dato il via a un progetto per il successo formativo dei ragazzi a rischio drop-out, spesso pluribocciati. Lavorando a stretto contatto con le loro famiglie, abbiamo istituito percorsi di recupero di due anni in uno, con verifica quindicinale della frequenza regolare e dei risultati”.

“Il primo anno abbiamo fatto in modo da coinvolgere e responsabilizzare gli studenti  su vari aspetti della vita scolastica – prosegue la Dirigente – discutendo e talvolta accettando le proposte che venivano proprio da loro, come per esempio l’elezione dei rappresentanti di classe nonostante i decreti delegati alla scuola media non li prevedano, oppure la settimana corta (dal lunedì al venerdì), sempre con le ore da 60 minuti”.

Un dato, quest’ultimo, che la Preside Aldrighetti sottolinea con particolare convinzione: “I nostri ragazzi hanno bisogno di formazione, rientra nei loro diritti costituzionali, le ore da 50 minuti in fondo sono un furto”. Tra le idee che arrivano, una in particolare, però, incontra il favore della Preside e del suo team: che non siano più i docenti a muoversi da un’aula all’altra, ma che in movimento ci siano i ragazzi!

“I vantaggi ci sembravano molti: gli studenti non avrebbero più avuto l’obbligo di restare fermi nei loro banchi per cinque o sei ore. In più, lo sposamento fisico attraverso gli spazi dell’istituto avrebbe agevolato anche la loro ‘preparazione’ mentale all’incontro con discipline diverse, stimolato anche dall’immersione in aule personalizzate per lo studio delle singole materie, con le attrezzature e i materiali specifici sempre disponibili”.

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I fatti hanno poi dato ragione a queste previsioni: Aldrighetti ci racconta come gli spostamenti continuino a essere sempre molto ordinati e celeri, di  come gli studenti sostengano con maturità e consapevolezza questo nuovo modo di stare a scuola. “Insomma, si è creato un circolo virtuoso alimentato anche da un clima di serenità e fiducia nella scuola. E questo, tengo a ribadirlo – conclude la Preside – non è risultato di una suggestione che ci arriva chissà da dove: è tutta farina del sacco della didattica laboratoriale degli anni Settanta”.

DADA, la didattica che viene dalla Svezia

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