Scuola: alzarsi in piedi quando entra l’insegnante, una pessima tradizione autoritaria che resiste

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Marco Barone – Massimo Recalcati nel suo recente libro "L’ora di Lezione" edito da Einaudi, testo di cui suggerisco vivamente la lettura, definisce la scuola Edipo come una scuola “ che si fonda sulla potenza della tradizione, sull’autorità del Padre, sulla fedeltà del passato. Nella scuola Edipo l’insegnante si trova nel posto dell’autorità, è un sostituto del Padre, di una legge fuori discussione”.

Marco Barone – Massimo Recalcati nel suo recente libro "L’ora di Lezione" edito da Einaudi, testo di cui suggerisco vivamente la lettura, definisce la scuola Edipo come una scuola “ che si fonda sulla potenza della tradizione, sull’autorità del Padre, sulla fedeltà del passato. Nella scuola Edipo l’insegnante si trova nel posto dell’autorità, è un sostituto del Padre, di una legge fuori discussione”.

Oggi, 2014, pur essendo crollata la tradizione, venuto meno l’abuso di autoritarismo, penso alle classiche bacchettate, ma vi era anche di peggio, pur essendosi affermato un mero ribaltamento ove l’insegnante è chiamato ad offrire un servizio, è inquadrato come un semplice dipendente che deve soddisfare l’utenza, la clientela (studenti e genitori), in verità qualche tradizione autoritaria ancora resiste.

Tradizione autoritaria che non significa autorevolezza. Penso, per esempio, al saluto in piedi. Forma di saluto tipica di alcune discipline sportive, tipica dei regolamenti militari del regio esercito ma anche del e nel fascismo. Nella scuola fascista, per esempio, non appena il maestro entrava in classe, gli studenti avevano l’obbligo di alzarsi in piedi, si doveva recitare una preghiera, guardando il crocifisso, salutare il Re ed il Duce, con il saluto dannunziano. A parte il crocifisso che è ancora rimasto nelle aule della quasi totalità delle scuole italiane, nonostante il carattere laico, sulla carta, del nostro Paese, della gestualità di quella scuola fascista è rimasto poco o nulla.

Però, capita di leggere alcuni regolamenti d’istituto, siano essi di scuola primaria che secondaria di primo e secondo grado, che prevedono ancora la citata tradizione: “al cambio dell’ora gli alunni devono alzarsi in piedi, in silenzio, per salutare l’insegnante. Stessa regola vale nel caso in cui arrivi il Dirigente Scolastico”.

Oppure:” Entrati in aula, gli alunni si dispongono nei propri posti. All’entrata dell’insegnante si alzano in piedi, per il saluto reciproco.Ogni qualvolta, durante le lezioni, entra in aula un adulto (direttore, preside, altro insegnante, segretaria, genitore della classe) gli alunni si alzano in piedi per salutare chi è entrato”.

Quanto è tollerabile ancora oggi questa forma di tradizione autoritaria?

Non è una questione di rispetto, il rispetto lo si può manifestare con una moltitudine di varianti che non devono per forza coincidere con gesti, atti tipici della scuola fascista, patriarcale ed autoritaria. Ai miei tempi, e parlo degli anni ’80 prima metà anni ’90, in tutti i gradi di scuola che ho frequentato, vi era l’obbligo morale di alzarsi all’entrata dell’insegnante, del preside salvo che per il bidello. Ricordo che un giorno, quando entrò il bidello in classe decidemmo con un paio di compagni di classe di alzarci in piedi per salutarlo, così come salutavamo il docente.

Ovviamente lo sguardo poco benigno del docente interessato da quella situazione non si fece attendere, perché il bidello era solo un bidello e da quel giorno iniziammo
a mettere in discussione quel rito, quel rito finalizzato a riconoscere esclusivamente tramite l’alzarsi in piedi l’autoritarismo del docente, il suo ruolo di essere autoritario ma non per questo autorevole rispetto all’ordinario personale scolastico che non meritava quel saluto, che non meritava pari rispetto, pari riconoscimento sociale all’interno dell’ingranaggio scuola.

Insomma, un ribaltamento della situazione nato con la consapevolezza di una ingiustizia all’interno di una regola che mai era stata messa in discussione, di cui si comprenderà il vero senso, la vera origine, solamente quando si studierà il fascismo, ma il dado oramai era tratto, perché per anni ed anni avevamo ottemperato una ritualità, pessima e semplicemente imposta. E guai a mettere in discussione l’operato del maestro, dell’insegnante.

Oggi, come accennato, le cose sono mutate è venuta meno la gradualità, si è passati nel presente ove regnano estremi ed opposti incompatibili rispetto alla scuola autoritaria ma non per questo motivo ciò è automaticamente sintomo di autorevolezza e di benessere scolastico, perché la scuola è diventata altamente precaria, debole ove il pensiero critico, così come non era ammissibile nella scuola autoritaria, non è ammissibile in quella attuale in fase di trasformazione, seppur per motivi diversi.

In passato per questione di autoritarismo, nel presente per ragione di convenienza sociale, per ragioni di utilitarismo sistemico.
Mutano i mezzi ma non il fine.

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