Riforma infanzia, Puglisi: “ per insegnare laurea triennale. Avvieremo formazione in servizio, scuola statale non ha nulla da temere”

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Presentato all’opinione pubblica come uno dei punti più qualificanti della Legge 107, il sistema integrato 0-6 continua a catalizzare le perplessità e i timori di una parte dei docenti che lavorano nella scuola dell’infanzia.

Presentato all’opinione pubblica come uno dei punti più qualificanti della Legge 107, il sistema integrato 0-6 continua a catalizzare le perplessità e i timori di una parte dei docenti che lavorano nella scuola dell’infanzia.

Forse è naturale, i cambiamenti così strutturali spaventano, ma se tuttavia è vero, come assicura il legislatore, che il raccordo vincente e già ben assestato col primo ciclo di istruzione non risentirà di alcun contraccolpo, se le figure dei maestri e degli educatori restano distinte e se i nidi continueranno a essere gestiti dai Comuni, viene anche da chiedersi quale sia la vera innovatività del progetto. La Senatrice PD Francesca Puglisi rivendica in questa intervista che essa risiede nello sguardo alle esigenze pedagogiche dei bambini con meno di tre anni, obbligando Regioni e Comuni ad adeguarsi a standard di qualità omogenei su tutto il territorio nazionale.

Onorevole Puglisi, il sistema integrato 0-6 vuole riorganizzare il sistema dei nidi sottraendoli all’ambito dei servizi a domanda individuale e inserendoli all’interno di un sistema complessivo di educazione per la vita. Perché non parlare, però, di un sistema da 0 a 14 anni? Si potrebbero in questo modo fugare molte critiche.

“La continuità educativa e didattica dovrebbe esserci sempre. Dall’asilo nido all’assolvimento dell’obbligo scolastico, che è a 16 anni. Continuità, significa corresponsabilità di un percorso di istruzione che non lasci indietro nessuno. Parlare di sistema integrato 0-6 significa adeguare il nostro Paese alle esperienze europee più innovative e positive, significa sottrarre al welfare un servizio per il quale non sono mai stati definiti standard di qualità per farlo transitare nel sistema di educazione e istruzione. È chiaro che tutto questo viene fatto nell’interesse dei bambini e delle bambine, che anche da 0 a 6 anni hanno diritto a una continuità didattica e pedagogica. Il raccordo con il primo ciclo non viene assolutamente minacciato o indebolito, poiché è sancito in maniera indelebile dalle Indicazioni nazionali e dalla verticalizzazione del curricolo, pratica ormai patrimonio di tutti gli istituti”.

Nel testo della delega si parla di “compartecipazione ai costi delle famiglie”, ci vuole chiarire meglio? La scuola dell’infanzia in quanto scuola non è gratuita?

“Devo ricordarle che il nostro Ministero dell’Istruzione gestisce solo il 60 per cento delle scuole dell’infanzia nel nostro Paese. La delega tiene chiaramente conto di questa realtà quando afferma che la spesa delle famiglie avrà un tetto massimo del 30 per cento riferito al costo totale del servizio e che dovrà essere adeguato al livello di ISEE presentato dalle famiglie. Questo per quanto riguarda nidi e scuole paritarie. La scuola statale, invece, resta gratuita”.

 

Il personale che si occuperà dei bambini da 0 a 3 anni non sarà personale docente, giusto? Quali titoli occorreranno per lavorare con bambini di quella fascia di età?

“ Gli educatori che lavoreranno nella fascia 0-3 dovranno avere la laurea triennale come previsto dal testo di legge Iori in votazione in questi giorni. Per far recuperare gli svantaggi di partenza, servono servizi educativi di qualità. E la qualità è data dalla formazione iniziale del personale che lavora e dal coordinamento pedagogico. La legge è ispirata ai modelli vincenti di Toscana ed Emilia-Romagna”.

Lei sa che questa delega suscita molte perplessità e preoccupazioni tra il personale della scuola dell’infanzia, che finora si è sentito parte anche nominalmente parte del primo ciclo.

“Le maestre della scuola dell’infanzia possono dormire sonni tranquilli, per loro non c’è nulla da temere, semmai questo Governo ripristinerà la formazione in servizio che finora lo Stato non ha mai garantito. Abbiamo sentito circolare balle di tutti i tipi. Maestre che finivano al nido, uscita dagli istituti comprensivi. Nulla di tutto questo. La scuola dell’infanzia mantiene la propria identità pedagogica e didattica in continuità con la scuola Primaria, continuerà a rispondere alle indicazioni nazionali del Primo Ciclo. Questa legge segna un passo in avanti definitivo rispetto al passato. I sindacalisti, inoltre, dovrebbero sapere che proprio al Sud, dove si fa più rumore su questa delega, le scuole dell’infanzia a causa dell’assenza di asili nido e del calo demografico aprono volentieri le porte ai bambini di 2 anni mettendoli insieme a quelli di 3, 4 e 5 anni, senza considerare che avrebbero diritto a un progetto pedagogico adeguato alla loro età.”

Visto che ha parlato del Sud, come pensa che le regioni che non hanno nemmeno censito il numero di strutture nido presenti sul loro territorio potranno sostenere lo sforzo richiesto loro da questa nuova legge?

“Il mezzogiorno e in particolare le regioni obiettivo 1 hanno ricevuto copiosi fondi Statali del Piano di Azione e Coesione e Fondi Europei. Ma non hanno fatto grandi passi avanti. Gli amministratori locali temono che finito il fondo, il servizio possa restare interamente a carico del comune. Con questa legge per la prima volta metteremo per iscritto i livelli essenziali di qualità per i servizi destinati ai bambini da 0 a 3 anni ed un nuovo meccanismo di finanziamento che dalla programmazione del fabbisogno regionale, erogherà direttamente ai comuni le risorse. Gli amministratori locali a quel punto non avranno più scuse”.

Tuttavia il servizio sarà interamente nelle loro mani…

“Non ci si ricorda mai abbastanza, e i giornali non ci aiutano in questo, che nemmeno adesso lo Stato gestisce la totalità delle scuole dell’infanzia. Come ho ricordato pocanzi, solo il 60 per cento delle scuole dell’infanzia dipendono dal Miur, la parte restante è costituita da scuole paritarie, private e comunali. Il nostro è un sistema integrato a tre gambe che tiene conto delle diverse regionalità e delle differenti tradizioni. In Veneto abbiamo una preponderanza di strutture paritarie private perché storicamente in quel territorio la Chiesa ha creato scuole e asili prima che lo facessero lo Stato o i Comuni, come a Bologna invece abbiamo la prevalenza di strutture a gestione comunale. Non dovremmo tenerne conto secondo lei? Oppure lo Stato dovrebbe occuparsi solo dei diritti dei bambini che frequentano il 60 per cento delle scuole che amministra direttamente?”.

Sta forse chiamando in causa il principio della sussidiarietà?

“Proprio così, ma sottolineo che la scuola statale non ha nulla da perdere, le indicazioni nazionali per il primo ciclo sono chiare e continueranno a essere rispettate. Ad una Commissione che nascerà al MIUR, il compito di dettare linee guida anche per asili nido e sezioni primavera. Altra innovazione nata con i Governi di Centro Sinistra, che va stabilizzata”.

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