Reti di scuole, addio all’autonomia

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comunicato stampa Disal – Addio all’autonomia delle scuole: con l’applicazione del comma 70 della L.107/2015, infatti, le scuole hanno l’obbligo di costituirsi in Reti coincidenti con tutti gli istituti presenti nell’ambito territoriale di appartenenza. Una evidente forzatura che coglie ancora una volta in contropiede i dirigenti scolastici in un momento tra i più intensi ed affollati di procedure ed adempimenti di tutto l’anno scolastico.

comunicato stampa Disal – Addio all’autonomia delle scuole: con l’applicazione del comma 70 della L.107/2015, infatti, le scuole hanno l’obbligo di costituirsi in Reti coincidenti con tutti gli istituti presenti nell’ambito territoriale di appartenenza. Una evidente forzatura che coglie ancora una volta in contropiede i dirigenti scolastici in un momento tra i più intensi ed affollati di procedure ed adempimenti di tutto l’anno scolastico.

Al di là della legittima protesta da più parti sollevata – che ha fatto scrivere in una nota al MIUR che la scadenza del 30 giugno per la costituzione delle reti di ambito non è ‘perentoria, ma ordinatoria’ (dimenticando che la data è fissata, invece, proprio da una legge di Stato) – occorre avere chiaro che cosa sta accadendo di grave. E cioè che dietro un apparente invito a ‘mettersi insieme’ per migliorare i servizi è palese una sfiducia, di fatto, nei confronti della libera aggregazione tra scuole, utile alle progettazioni didattico-formative, per dar vita, sotto sotto, con la costituzione delle reti, ad un decentramento amministrativo di servizi – a diretta dipendenza, tra l’altro, dei direttori degli Uffici scolastici regionali – un tempo gestiti, invece, dai provveditorati agli studi e che, come in tutti gli altri comparti della pubblica amministrazione, dovrebbero ragionevolmente essere assegnati ad organi amministrativi preposti e specializzati.

Un’autonomia delle scuole che anziché essere riconosciuta e sostenuta viene ulteriormente snaturata e ridotta. La scuola, ancora una volta, cenerentola del sistema della pubblica amministrazione. Una sorta di servitù (infatti l’operazione è ‘senza oneri’ per lo Stato) che ristabilisce, mascherandola, la burocratizzazione dei servizi delle scuole ed il centralismo che credevamo tramontati.

Se è dalla bontà della radice che si vedono i frutti, il comma 70 della Legge sulla Buona scuola è uno tra quelli che ne svela l’impianto ancora ispirato ad un’idea funzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e la matrice verticistica che vede nel MIUR e negli Uffici regionali i punti di controllo preposti a gestire una nuova impalcatura che riduce gli spazi di reale autonomia delle singole scuole.

Un’altra legge – il Regolamento sull’autonomia del 1999 –, certamente più illuminata, lasciava, e per la prima volta, libere le scuole di realizzare, invece, reti di scopo, pensate proprio per dar forma, in modo anche giuridicamente sostenibile, ad accordi, convenzioni, intese tra autonomie con l’intento di dare dignità di presenza e forza di risultato a libere aggregazioni: un modello, realmente sostanziale all’autonomia, utile a raggiungere, insieme, scopi didattici, formativi, culturali, di ricerca. Un modello che in questi trent’anni ha consentito ai dirigenti scolastici di farsi promotori, molte volte anche sulla base di amicizie professionali o sensibilità comuni nate tra docenti delle rispettive scuole, di progetti, esperienze, scambi di buone pratiche, azioni didattiche nell’ottica della creazione di comunità di apprendimento territoriali e/o locali.

Una forzatura quella, invece, della nuova Legge che, mentre da un lato crea gli ambiti territoriali funzionali ai trasferimenti ed alle chiamate dirette dei docenti, dall’altra contemporaneamente impegna le scuole a sobbarcarsi di incombenze, pratiche e procedure condivise, oltretutto senza previsione di personale aggiuntivo da assegnare ai nuovi ‘poli’.

E’ questa l’idea di scuola che si vuole sostenere? Scuole snaturate dal loro compito formativo e culturale originale e trasformate in centri erogatori?

Un nuovo centralismo burocratico, così come sembra profilarsi, non può che portare, prima o poi, ad una implosione del sistema organizzativo e gestionale interno alle istituzioni scolastiche, in barba ai proclami di buona scuola.

Per non dir dei prèsidi il cui profilo professionale – lontano ormai dalle suggestive immagini del manager o del leader educativo – va oramai parificandosi con quello di un tuttofare e tuttologo al servizio non si sa più bene neanche più di quale padrone, se non di una burocrazia veramente fine a sé stessa.

Saprà il governo o l’amministrazione scolastica centrale, per sussulto di consapevolezza e di considerazione di cosa è il bene della scuola, prendersi il tempo di una riflessione per interpretare al meglio il famigerato comma ripensandone tempi, modi e contenuti?

Tra salti mortali e volteggi alle corde di cui, in questi mesi di Buona scuola, i dirigenti scolastici sono diventati oramai specialisti e fuoriclasse, essi desidererebbero, a questo punto, concludere in bellezza lo spettacolo acrobatico di questo anno scolastico accettando persino il rischio del senza rete. E il Miur – posticipando e ripensando l’interpretazione e l’applicazione del comma 70 – potrebbe meritare un alto gradimento da parte del numeroso pubblico degli operatori delle scuole.

Mentre, tuttavia, ci accingiamo entro la scadenza prevista a chiedere ai consigli di istituto l’autorizzazione (non automatica né scontata, peraltro!) ad aderire alle reti di ambito, attendiamo con fiducia indomita nuove disposizioni in merito che auspichiamo realistiche ed illuminate.

DiSAL è disponibile, in tal senso, a collaborare a momenti di confronto per individuare proposte ragionevoli e valorizzatrici.

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