Presidi a tempo. CISL: via dalla scuola dopo sei anni? Un controsenso

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Commento Cisl Scuola su Dirigenti News del 15 giugno – Perché tutti i dirigenti scolastici dovrebbero cambiare obbligatoriamente sede dopo aver diretto per sei anni una scuola?

Commento Cisl Scuola su Dirigenti News del 15 giugno – Perché tutti i dirigenti scolastici dovrebbero cambiare obbligatoriamente sede dopo aver diretto per sei anni una scuola?

Forse si intenderebbe, in questo modo, scongiurare la possibilità di trarre vantaggi personali dal consolidato esercizio di una funzione di “potere”, applicando quel principio di rotazione che la legge Frattini del 2002 assumeva come misura di importanza cruciale per prevenire la corruzione.

Preoccupazione più che legittima, se riferita a posizioni e ruoli particolarmente esposti a rischi di corruzione, rischio che appare invece del tutto inverosimile considerata la natura del servizio che la scuola offre e le modalità con cui lo stesso viene organizzato e gestito.
Il dirigente scolastico infatti svolge un ruolo centrato fondamentalmente su una funzione di leadership educativa, che comporta la presa in carico dei problemi educativi e degli obiettivi di apprendimento condivisi con la comunità, la valorizzazione e lo sviluppo di tutte le risorse professionali impegnate nell’istituto, la cura delle relazioni esterne che legano una scuola al suo territorio.

E' il modello di scuola in cui crediamo, e che stiamo difendendo rispetto a possibili stravolgimenti fatti in nome di un presunto e malinteso rafforzamento dei poteri del preside, che una volta di più si dimostra non utile alla scuola, né a chi la dirige.

Su tutti gli aspetti prima richiamati, la continuità del servizio è normalmente un fattore positivo di vantaggio, e non di handicap: in stretta analogia a quanto avviene, per esempio, per la continuità didattica da parte dei docenti. Tant’è vero tra gli indicatori di cui tenere conto nel Rapporto di Auto Valutazione (RAV) richiesto da quest’anno alle scuole, la maggior durata del periodo d’incarico del dirigente viene assunta come fattore da registrare positivamente.

Davvero non si comprende, dunque, la ragione per cui si debba indurre un principio di avvicendamento forzoso che non aiuta minimamente a migliorare le performance delle nostre scuole, rischiando invece di produrre effetti esattamente opposti. E di rafforzare, inopinatamente, la tesi di chi sostiene che il cuore della riforma sia l’esaltazione del potere dei dirigenti, al punto tale da doversi cautelare con meccanismi che ne prevengano derive patologiche. Lo stesso errore che si è commesso nello stabilire il divieto di conferire incarichi, nella propria scuola, a parenti e affini fino al secondo grado, dando corpo a impropri, stravaganti e umilianti sospetti. Crediamo che la figura del dirigente scolastico abbia diritto a ben diversa attenzione e considerazione.

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