Precariato: risarcimento del danno. Oggi udienza decisiva in Corte di Cassazione, anche per chi è già in ruolo

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Questa mattina la Corte di Cassazione discuterà quattro cause relative al pubblico impiego sul tema del risarcimento per abuso di precariato negli enti pubblici.

Questa mattina la Corte di Cassazione discuterà quattro cause relative al pubblico impiego sul tema del risarcimento per abuso di precariato negli enti pubblici.

In uno dei quattro casi una lavoratrice pubblica aveva ottenuto 20 mensilità come risarcimento, dalla Corte d’Appello. L’esito della vertenza, che potrebbe arrivare entro le prime settimane del 2016, avrà dei riflessi sul precariato scolastico, su stessa ammissione della Suprema Corte, più specificamente da parte di una importante relazione del Massimario della Cassazione n. 137 del 21 ottobre 2015.

Qui infatti si prende atto del collegamento tra analoghe situazioni di mancanza di tutela effettiva dei precari pubblici non scolastici e i supplenti della scuola statale, esplicitamente citati dal Massimario, entrambi presi in considerazione dalla sentenza Mascolo emessa il 26 novembre 2014 dalla Corte di Giustizia.

I legali interessati alle quattro vertenze riunite chiederanno peraltro il rinvio alla stessa Corte di Lussemburgo per accertare la più volte contestata mancanza di una tutela effettiva dei precari pubblici anche nella scuola, e di autorizzare il giudice nazionale ad applicare le sanzioni equivalenti di cui godono i precari nel settore privato, disapplicando le norme interne che impediscono la tutela riconosciuta ai lavoratori privati e già riconosciuta a tutto il pubblico impiego dall’art. 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001.

Intanto il mondo della scuola, i precari e gli ex precari in primis, attendono con trepidazione l’udienza della Corte Costituzionale prevista per il 17 maggio 2016, che dovrà finalmente dare una propria interpretazione della sentenza Mascolo in ordine alle migliaia di posizioni giudiziarie pendenti presso Tribunali e Corti d’Appello di tutta Italia.

Ma torniamo al Massimario della Cassazione. Nella relazione dedicata all’importantissima udienza di oggi si legge che “benché il cosiddetto precariato scolastico non sia, allo stato, direttamente attinto dalla soluzione della questione in esame – in quanto sulla specifica disciplina prevista per i contratti a termine nella scuola statale si è tuttora in attesa della pronuncia della Corte costituzionale a seguito della sentenza Mascolo della Corte di giustizia Ue (come volevasi dimostrare…) l’approdo ermeneutico sul danno ex art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001 potrà incidere anche sulla definizione di quel contenzioso”.

Infatti, la Corte europea, nello scrutinare la normativa italiana in materia, ha ritenuto, ribadisce il Massimario, che “osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”.

E le conclusioni raggiunte dai giudici europei sono tanto più meritevoli di attenzione – anche ai fini della presente disamina – ove si ponga mente al fatto che il ragionamento seguito si fonda proprio sulla considerazione della contemporanea impossibilità di riconoscere la trasformazione del rapporto ed il risarcimento del danno ex art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001, in virtù anche dell’interpretazione seguita dalla Corte di legittimità”.

A questo punto, senza ovviamente entrare nel merito della decisione spettante alla Corte costituzionale, possono azzardarsi diverse ipotesi, variabili dal superamento del divieto di conversione, al riconoscimento della tutela ex art. 36 cit. anche nel settore scolastico – le volte in cui si accerti l’abusivo ricorso al termine nel senso indicato dalla Corte europea – ovvero la risarcibilità da mancato adeguamento della direttiva”.

Si deve tuttavia tener conto che nel frattempo è intervenuta una novità di non poco conto, cioè l’approvazione di un piano straordinario di assunzioni nel settore scolastico che potrebbe in qualche modo fornire lo spunto per una riflessione in ordine a una sorta di un adempimento sia pure tardivo da parte dello Stato, o addirittura a una possibile cessazione della materia del contendere.

“E’ evidente che nel secondo scenario – precisa infatti il Massimario – la pronuncia che le Sezioni Unite sono chiamate a rendere nei giudizi in esame potrà incidere anche sulla definizione del contenzioso scolastico, salvo che, la stabilizzazione disposta ex artt. 95-100 legge 13 luglio 2015, n. 107(ecco il punto…), influisca diversamente, come ius superveniens, sulla valutazione di compatibilità della disciplina e/o comunque sulla questione della risarcibilità del danno, trattandosi di tutela in forma specifica ordinariamente preclusa, che aprirebbe – semmai – la strada per l’eventuale applicazione dell’indennità cumulativa ex art. 32, comma 5, legge n. 183 del 2010, magari nella misura dimidiata, ex comma 6, interpretando la normativa in tema di stabilizzazione come equiparabile agli accordi collettivi ivi previsti”.

La questione, sulla quale sono state chiamate ad intervenire la Corte costituzionale e, più volte, la Corte di giustizia Ue, “ha progressivamente assunto dimensioni e valenza tali”, insiste il Massimario (che peraltro non esclude nuovi scenari legati a possibili nuove pregiudiziali di costituzionalità) “da rendere improcrastinabile una pronuncia delle Sezioni Unite, tanto più nel silenzio del legislatore, che nei vari interventi in materia, ha sempre omesso di affrontare lo specifico tema in esame. La strada maestra da percorrere è quella dell’interpretazione conforme del risarcimento del danno previsto dall’art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001, in linea con i requisiti indicati dalla Corte di giustizia U.E. in termini di effettività ed equivalenza, delineando un’ipotesi di responsabilità per abuso da successione di contratti a termine tale da sollevare l’onere probatorio a carico del lavoratore senza ricorrere a forme estranee al nostro ordinamento, almeno in difetto di specifica previsione normativa”.

La soluzione prescelta concorrerà necessariamente a delineare le caratteristiche del parametro risarcitorio da adottare, che dovrà assicurare una tutela proporzionata e dissuasiva.

Conclude il Massimario che “ove, però, non si ritenga di poter rinvenire nel rimedio risarcitorio previsto dall’art. 36 cit. una misura in linea con le caratteristiche richieste dalla Corte europea, dovrà valutarsi l’eventualità di sollevare questione di costituzionalità, per violazione degli artt. 11 e 117 Cost., profilandosi un contrasto fra la disciplina interna sul contratto a termine nel settore pubblico e la direttiva europea in materia, per l’assenza di misure idonee a reprimere e sanzionare gli abusi da successione”.

Uno scenario, questo, che interessa molto i legali che difendono le posizioni di tanti precari della scuola.

“Mi creda – commenta l’avvocato Vincenzo De Michele, uno dei patrocinatori delle vertenze di oggi presso le Sezioni Unite – se la Corte dovesse sollevare le questioni pregiudiziali  Ue che noi chiederemo anche a difesa della giurisdizione nazionale, i problemi del precariato pubblico scolastico e non scolastico saranno risolti come d’incanto, senza ulteriori ritardi, dallo stesso legislatore infedele, prima che intervenga la volontà popolare ‘reale’ espressa attraverso le decisioni della magistratura”.

Ma cosa si chiederà stamattina alla Cassazione?

“Chiederemo il rinvio alla Corte di giustizia Ue per accertare, una volta per tutte, l’assoluta mancanza di una tutela effettiva dei precari pubblici anche nella scuola, e di autorizzare il giudice nazionale ad applicare le sanzioni equivalenti di cui godono i precari nel settore privato, disapplicando le norme interne che impediscono la tutela a questi ultimi”.

 

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