Precari sentenza europea. Bruschi: certezze su abilitazioni e reclutamento

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Per Max Bruschi i confini della sentenza europea sono ben definiti e non è il momento di cercare interpretazioni “di sguincio”.

Per Max Bruschi i confini della sentenza europea sono ben definiti e non è il momento di cercare interpretazioni “di sguincio”.

L’Ispettore del Miur commenta con noi i possibili effetti della storica sentenza arrivata da Lussemburgo nei giorni scorsi, dicendosi in sostanziale accordo con quanto ha sostenuto l’Avvocato Walter Miceli.

Ispettore, Miceli ci ha invitati alla cautela premettendo che si dovrà attendere il parere della Corte Costituzionale, ma ha comunque parlato della sentenza come di una svolta copernicana perché il legislatore dovrà intervenire sul sistema di attribuzione degli incarichi a termine. Lei ha questa stessa certezza?

“L’avvocato Miceli, a differenza di altri suoi descamiciati colleghi, ha una grande attenzione al “dictus” delle sentenze. E concordo con la tesi da lui esposta. Ora, il “giudice delle Leggi” difficilmente potrà andare oltre la sentenza della Curia e valicare l’art. 97 della Costituzione o vincolare in alcun modo il legislatore ad aggirarlo. E ciò in virtù anche della giurisprudenza UE. Vedi la sentenza Affatato, causa C-3/10 secondo la quale “la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato… non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 36, quinto comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la quale, nell’ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione” e che la clausola “non è in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, né le funzioni essenziali dello Stato membro di cui è causa, ai sensi dell’art. 4, n. 2, TUE”: sottolineerei quest’ultimo passaggio, in particolare, perché, detto in altre parole, l’art. 97 della Costituzione non è aggirabile attraverso il Diritto Europeo e la Curia si guarda bene dal metterlo in discussione.

il cuore della sentenza, ipotesi risarcitorie a parte, è nella fine di una prassi in palese violazione del quadro normativo europeo, che prevede una sorta di “limbo” per posti a tutti gli effetti vacanti e disponibili, tra l’altro su un organico fissato, oggi, per legge. Un aspetto di cui la sentenza non poteva tenere conto è, per il passato, l’organico di sperimentazioni mai passate a ordinamento. Il reiterato tentativo di correggere la norma c’è stato. Ma l’attenzione di alcuni deputati (segnatamente, Elena Centemero) non ha avuto seguito nelle aule parlamentari. Anzi, si è voluto continuare a parlare di “piani straordinari” di assunzione (in ultimo, la norma Carrozza, rimasta come noto inattuata. Ma nessuno ricorda il precedente Moratti: l’art. 1 bis del DL 97/2004) di personale docente e ATA, quando la via principe di uno Stato di diritto è l’ordinarietà. Paradossalmente, nello stesso decreto legge due fattispecie sovrapponibili, quella degli insegnanti di sostegno e quella degli insegnanti curricolari, risultano trattate in maniera diversa, senza alcuna motivazione giuridica. Le relazioni al provvedimento, che raramente si leggono ma che invece rappresentano la chiave ermeneutica, sono da questo punto di vista sconfortanti. Quasi che il legislatore “goda” nella straordinarietà degli interventi. Capisco che sa molto di “atto eroico”, ma nella patria del diritto… E taccio l’assurdità dell’art. 4, comma 1, della legge 124/1999.

C’è una seconda considerazione da fare. Piaccia o meno, sussiste uno ius commune europeo col quale confrontarsi e ai cui principi occorre aderire, senza l’anello al naso, innanzitutto leggendolo e comprendendo che le direttive sono una cornice. A volte sento appellare l’UE a sproposito, quasi fosse un babau. Eppure lo stile normativo e lo stile delle sentenze, forse anche per la necessità di essere tradotto in una pluralità di lingue, è estremamente preciso, paratattico, alieno dai riboboli. Forse il problema è questo: cerchiamo l’interpretazione “di sguincio”, il “truglio” anche in un diritto dove essa non ha cittadinanza.

Infine, la sentenza della Curia e la sentenza III bis TAR Lazio che ha stigmatizzato l’interruzione dei percorsi di abilitazione, in combinato disposto, ci parlano della necessità della continuità delle procedure e della loro certezza, anche temporale: la quale, piaccia o meno, è la “Grundnorm” della Pubblica amministrazione”.

I giudici transnazionali hanno focalizzato la loro attenzione sul concetto di ‘posto vacante e disponibile’, mostrando di non tenere in conto la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto. E’ d’accordo con questa sintesi? Quali sono i limiti insiti nel concetto di ‘posto vacante e disponibile’?

“I giudici transnazionali hanno fatto di più: hanno sancito chiaramenteche la copertura di posti vacanti dovuto ad assenze dei titolari (punti 92, 93) o alla fluttuazione della domanda scolastica (punti 94 e 95) costituiscono "ragione obiettiva" per la reiterazione di contratti a tempo determinato “ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro allegato alla direttiva”: aggiungo, reiterazione ad libitum, senza limiti temporali. Un conto, insomma, l’organico fissato per legge, altro conto l’organico “di fatto” sul quale, alla luce della sentenza, nulla si ha a che pretendere”.

L’Avvocato Miceli suggerisce ai possibili ricorrenti di fare per prima cosa richiesta di accesso agli atti delle scuole in cui si è prestato servizio, allo scopo di verificare la fondatezza delle ragioni che le avevano indotte alle sostituzioni temporanee. Sottoscriverebbe il medesimo consiglio?

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“Per dire se lo sottoscriverei o meno, dovrei fare un altro mestiere… Mi limito a ribadire quanto ho già affermato. I confini della sentenza europea sono definiti. Che poi qualche tribunale vada oltre, è possibile. Ma sul punto ci si vedrebbe poi, inevitabilmente, in Cassazione. Percorrerei la via normativa, anche se tutt’altro che spianata ed esistono precedenti di incostituzionalità, dovuti all’irrisorietà del corrispettivo. Un margine però c’è”.

Come mai, secondo lei, la Corte di Lussemburgo non ha sollevato il problema della legittimità del DL 70 del 2011?

“L’articolo 9 del DL 70/2011 è un centone che tocca svariati temi, tra cui il piano di assunzioni (non “straordinario”: piano di assunzioni, punto e basta) nel comparto scuola, da effettuare in combinato disposto con le dotazioni organiche fissate dal comma 7 dell’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e previsto, all’epoca, come coronamento della riforma Gelmini; infine, una modifica al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che esclude l’applicazione della direttiva UE al comparto scuola. A parte il fatto che forse occorre meditare meglio le norme di recepimento, a parte il fatto che il dictus e la sede sono raffazzonati (meglio sarebbe stato intervenire sul 165/2001, quale lex specialis sul pubblico impiego: e già l’articolo 36 tratta alcuni casi) la modifica incriminata, in realtà, dice una cosa scontata e che non è in contraddizione né con l’accordo quadro, né con quanto avviene in tutto il mondo: che le supplenze (casi di “di assenza temporanea del personale docente ed ATA “) vanno coperte, e proprio in ragione del loro status di supplenze e sulla base degli automatismi non possono essere considerate violazione della normativa UE, come specificato dalla stessa Curia. Inoltre, a ostare alla trasformazione dei contratti resta, al di sopra del quadro normativo, la Costituzione… Mi sembra insomma una norma pasticciata, una pezza mal posta. Ma nulla più”.

Coloro che hanno firmato contratti di lavoro a termine dopo l’entrata in vigore del DL 70 del 2011 hanno come possibile strada quella di sollevare la sua incostituzionalità, chiamando sul banco degli imputati lo Stato e non più il Miur. Le sembra una strada percorribile?

“No, per le motivazioni che ho spiegato prima. Il “recinto” della sentenza è circoscritto. Rammento inoltre che nel 2012 c’è stato un concorso. Insomma, non riesco a ravvisare profili di incostituzionalità, che comunque dovrebbero essere rilevati “in via incidentale” nel corso di un giudizio. La vedo dura…”.

Come vede il capitolo dei risarcimenti per il trattamento economico dei lavoratori a termine iniquo rispetto a quello dei colleghi di ruolo (ricostruzione carriera, scatti stipendiali etc.)?

“Si esula davvero dal mio campo… Avrei difficoltà a pensare a dei criteri oggettivi di quantificazione. Sulla ricostruzione di carriera e sugli scatti, peraltro, c’è una ricca e univoca giurisprudenza. Anche quella, fondata su precise direttive europee. Allegramente recepite in diritto, ma a quanto pare non digerite in fatto. Può essere una norma la strada maestra? Certamente sarebbe una bella sfida. Ma ci sono due punti davvero ineludibili. Chiudere, con l’attuazione della Buona scuola, la partita degli organici e assicurare ineludibile regolarità alle procedure concorsuali e di abilitazione”.

Intervista all'Avvocato Walter Miceli

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