Mobilità straordinaria? Sì, al di fuori del di qualsiasi “ordinario” concetto di buon senso e di giustizia. Lettera al Premier Renzi

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Carissimo Presidente,

sono il marito di una docente di scuola primaria, con specializzazione per il sostegno. Ha insegnato negli ultimi anni da precaria, sognando il giorno in cui avrebbe potuto programmare il lavoro dell'anno scolastico successivo, potendo proseguire il cammino intrapreso con l'alunno disabile dell'anno precedente. E invece no, ad ogni fine anno il dolore di dover troncare, sapendo che l'anno dopo avrebbe dovuto cominciare da zero, con un caso diverso. Talvolta c'erano anche le lacrime dei genitori dell'alunno/a che era costretta a lasciare perché, senza falsa modestia, lei ci sa davvero fare, è amabile e professionale. 

Carissimo Presidente,

sono il marito di una docente di scuola primaria, con specializzazione per il sostegno. Ha insegnato negli ultimi anni da precaria, sognando il giorno in cui avrebbe potuto programmare il lavoro dell'anno scolastico successivo, potendo proseguire il cammino intrapreso con l'alunno disabile dell'anno precedente. E invece no, ad ogni fine anno il dolore di dover troncare, sapendo che l'anno dopo avrebbe dovuto cominciare da zero, con un caso diverso. Talvolta c'erano anche le lacrime dei genitori dell'alunno/a che era costretta a lasciare perché, senza falsa modestia, lei ci sa davvero fare, è amabile e professionale. 

Quando si cominciò a parlare di piano ("straordinario"!) di assunzioni denominato "Buona Scuola" dissi a mia moglie: "Fidati di Matteo, stabilizzerà tanti precari e il sistema funzionerà molto meglio!". Essendo ai primi posti in graduatoria con il titolo del sostegno, nell'estate 2015 si presentò l'enigma se aderire o meno al piano assunzionale. Decise di inviare la domanda e, nonostante la necessità di insegnanti nella nostra Puglia, fu assegnata a Venezia. Poco male: il Governo comunque aveva preannunciato con squilli di trombe che nel 2016 un piano straordinario (anch'esso!) di  mobilità avrebbe consentito a molti di rientrare nella propria provincia o comunque nella propria regione.

L'estate 2016 è stata invece caratterizzata dal disastroso e fallimentare esito della mobilità; inzuppata da errori, non senso, ingiustizia, probabilmente malafede. E' stato allora chiaro che l'aggettivo "straordinario" si riferiva alle logiche e alle metodologie utilizzate che erano al di fuori di qualsiasi "ordinario" concetto di buon senso e di giustizia. Numerose colleghe di mia moglie con punteggi più bassi e senza alcuna precedenza, partecipando alla medesima fase della mobilità, hanno scavalcato chi, con punteggio maggiore, è stata assegnata a centinaia di chilometri di distanza. Giovani docenti che avrebbero anche accettato per qualche anno un incarico fuori regione, sono rimaste sotto casa, mentre chi aveva marito, figli e magari anche un genitore disabile da assistere è stato sbattuto lontanissimo da un misterioso algoritmo che viene tenuto segreto per nascondere inefficienza o, anche qui, la mala fede di chi voleva favorire gli amici o gli amici degli amici.

Il MIUR dichiara: solo qualche sporadico errore al quale si porrà rimedio con la conciliazione così come previsto. Con un livello di fiducia già sotto la suola delle scarpe mia moglie inoltra allora istanza di conciliazione ma, semplicemente, dopo giorni e giorni di attesa e di continui controlli alla casella pec, non arriva nessuna risposta e, nonostante si tratti di un errore lampante, la richiesta di conciliazione viene annoverata tra quelle non soddisfatte, senza una reale motivazione ma semplicemente perchè… l'Amministrazione comunica le date delle conciliazioni solo alle richieste ritenute (da chi? in base a che cosa?) meritevoli. Le altre persone che hanno prodotto istanza… nulla, come se non esistessero.

Dopo tutti questi inganni, soprusi, ingiustizie, oltraggi, questa sera tornando in macchina dal lavoro, pensavo di chiedere a mia moglie: "Ma sei proprio sicura di voler ancora fare l'insegnante?"; "Sei proprio sicura che questo Paese, questo Sistema, meriti la tua professionalità, la tua dedizione, in una parola: il tuo lavoro?".  Ebbene sì, lo ammetto la tentazione c'è stata ma entrando in casa non gliel'ho chiesto. Non l'ho fatto perchè avevo già la risposta: "No!". Questi individui che giocano sulla pelle delle persone, trattandole come pacchi postali non lo meritano, non meritano nulla. E chi li ha messi a gestire la Pubblica Istruzione (come si chiamava una volta) e oggi non li rimuove o non ne trae le conseguenze non merita più la nostra fiducia.

Caro Presidente, caro Matteo, il tempo è scaduto; la speranza è svanita. Le giunga un deluso saluto da un suo ex estimatore.

Roberto Indino

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