Le ferie dei precari non si tassano. Risarcimenti fino a 400 euro anno

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“No taxation sul compenso ferie”. Precari della scuola: potrebbe assumere il retrogusto simbolico della vendetta il taglio del loro compenso sostitutivo delle ferie maturate e non godute.

“No taxation sul compenso ferie”. Precari della scuola: potrebbe assumere il retrogusto simbolico della vendetta il taglio del loro compenso sostitutivo delle ferie maturate e non godute.

Sì, perché si fa sempre più concreta l’ipotesi che la tassazione del compenso previsto per decenni a compensazione della mancata fruizione delle ferie maturate e non godibili del personale docente e poi cancellato dalla Spending Review del Governo Monti (e mai resuscitato dai successivi governi), non dovesse essere tassato come invece è stato sempre fatto.

Contro l’abolizione del compenso, dalla quale si salvano almeno parzialmente alcuni docenti, si sono mossi gli insegnanti, i sindacati, qualche movimento politico, ma nulla è cambiato. La sconfitta è stata plateale, ma ora va in scena il secondo tempo, quello della rivincita, e si giocherà su un terreno solitamente impervio, quale quello tributario. Finora lo Stato datore di lavoro, attraverso la Ragioneria e il Ministero del Tesoro, ha trattato il compenso come se fosse un reddito e come tale lo ha fatto rientrare nel coacervo dell’Irpef, cioè tra i redditi soggetti alla più importante imposta generale progressiva.

Il compenso dunque ha sempre subito la trattenuta fiscale attraverso l’applicazione dell’aliquota alla fonte a titolo di acconto, prima, e, successivamente in fase di dichiarazione, dell’aliquota marginale, diversa caso per caso, con una conseguente ulteriore trattenuta. Non solo: ciò ha pure fatto aumentare l’imponibile, con conseguente possibile salto di scaglione e di perdita di benefici, anche sul piano Isee, collegati al salto di tetto reddituale. In aggiunta, chi continua a percepire almeno parte del compenso (ci riferiamo ai docenti impegnati a giugno negli esami di Stato e che non possono essere collocati d’ufficio in ferie in quel periodo) rischia di perdere il bonus di 80 euro introdotto a maggio dal Governo Renzi. Ma torniamo al quesito. Si può considerare “reddito” un compenso che pare avere una natura non retributiva ma risarcitoria? E ancora: i risarcimenti da danno emergente (non da lucro cessante) come in questo caso, possono essere tassati? 

La domanda è importante perché se la risposta fosse affermativa, come pure essa stessa sembra rivelarsi dopo un approfondimento della questione, sia pure con i dubbi indotti da una giurisprudenza altalenante soprattutto nel passato, gli interessati potrebbero chiedere e ottenere la restituzione di molti quattrini (si tratta di circa 400 euro medi per ogni anno più la rivalutazione) per l’indebita trattenuta operata negli anni ed entro al limite della prescrizione decennale.

Qualcuno si è già mosso tra i docenti e ci sono già alcuni risultati (non ancora nel settore scolastico), concretizzatisi in alcune pronunce istituzionali di varia natura. Pronunce che fanno il paio con vari provvedimenti di organi istituzionali che già nel passato si erano dichiarati favorevoli alla tesi della non tassabilità del compenso, anche se non sono mancate pronunce contrarie. Ma stiamo all’attualità. Più di recente sono stati depositati alcuni ricorsi giudiziari con i quali i lavoratori hanno chiesto che il compenso venga erogato senza trattenute fiscali e, con riferimento al passato, nei limiti della prescrizione (come detto decennale), la restituzione di quanto trattenuto con un titolo ritenuto indebito.

La citata natura risarcitoria del defunto compenso sostitutivo delle ferie non godute è confermata oggi da vari organi giudiziari, da una Commissione Tributaria Provinciale, da una Commissione Tributaria Regionale e pure dalla Suprema Corte di Cassazione che si è pronunciata, anch’essa, con decisioni talvolta altalenanti. Partiamo dal provvedimento della  Commissione Tributaria Provinciale (Ctp) di Lecce 1.

La pronuncia è stata emanata a seguito di un ricorso presentato da un pubblico dipendente difeso dall’avvocato Giusepe Gurrado contro l'Agenzia delle Entrate di Lecce 1 in contestazione del silenzio rifiuto all'istanza di rimborso della somma di circa 5.000 euro per Irpef a suo parere indebitamente trattenuta, oltre gli interessi maturati, dopo che il Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce aveva condannato (con sentenza n. 188 del 2006) il Ministero di appartenenza a risarcire al lavoratore il danno causato dalla mancata fruizione delle ferie per oltre 20.000 euro a titolo di indennità per le ferie non godute negli anni dal 1997 al 2001. Poiché sulla somma erano state operate trattenute Irpef per oltre 4.600 euro che il lavoratore aveva ritenuto indebite, quest’ultimo le ha poi contestate con successo davanti alla Ctp pugliese che alla fine gli ha dato ragione.

Stando alla decisione della Commissione datata 24 giugno 2010, l’indennità integra la fattispecie del pagamento dell’indebito regolato dall’art. 2037 del Codice civile, oppure, in subordine, quella dell’arricchimento senza giusta causa del datore di lavoro (art. 2041 del Codice civile), e questo fa sì che l’attività di fatto prestata dal lavoratore si ponga al di fuori di qualunque rapporto di tipo sinallagmatico. Di conseguenza, qualunque somma corrisposta non può mai essere intesa come retribuzione, in quanto la retribuzione deve sempre trovare una sua giustificazione in un contratto di scambio.

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Tale somma, nell’evitare un ingiustificato arricchimento del datore di lavoro, si pone a carico di questo come un’obbligazione risarcitoria del tipo di quella disciplinata dall’art. 2041 del Codice civile. Già nel passato, come detto, le decisioni favorevoli alla non tassabilità si sono, come si suol dire, davvero sprecate. La Rivista della Scuola superiore dell'Economia e delle Finanze a cura del Centro Ricerche Documentazione Economica e Finanziaria ha prodotto un censimento delle pronunce favorevoli. Si vedano in proposito, e tra le tante suggerite dalla Rivista: C.T.R. Gorizia 18 gennaio 1990 n. 144, in Rass. trib.1990, II,p. 735; C.T.R.  Roma 17 febbraio 1994 n. 94150018, in Boll. trib. 1994, p. 723 e in Not. giur. lav. 1994, p. 440; C.T.P. Genova 24 gennaio 1995 n. 620, in Dir, prat, tnb. 1995, p. 789; C.T.P.  Macerata 25 ottobre 1994 n. 32111, in Boll. trib.  1995, p. 1118; C.T.P.  Bologna 22 ottobre 1994 n. 6768, ivi   1994, p.  223; C.T.P.  Milano 15 marzo 1994 n. 179, ivi, 1994, p. 723. 

“In conformità a consolidata giurisprudenza di merito – sancisce ora l’organo tributario pugliese –  anche questa Commissione si pronuncia a favore della non tassabilità dell’indennità, precisando che il pagamento delle ferie non godute è esente dalla tassazione Irpef, così come sostenuto anche dalla Sez. Trib. della Cassazione, in quanto considerato come risarcimento del danno emergente, cioè un risarcimento del danno fisico e psichico subito dal lavoratore per la mancata fruizione del riposo di cui aveva diritto, nonché di un danno alla vita di relazione e non già una retribuzione, in quanto questa l’ha già percepita a suo tempo per la prestazione lavorativa effettuata”.

Infatti la Cassazione con la sentenza dell’11 maggio 2011 n. 10341 aveva sancito il principio per cui l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non retributiva ma risarcitoria ed è soggetta al termine di prescrizione decennale, precisando che la decorrenza del termine prescrizionale inizia in costanza di rapporto. In questo modo la Suprema Corte aveva ribaltato il proprio precedente orientamento secondo il quale l’indennità sostitutiva delle ferie non godute rappresenterebbe invece il corrispettivo della prestazione lavorativa. Da qui sarebbe scaturito che il termine di prescrizione per rivendicare il versamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute è quello ridotto quinquennale, proprio delle retribuzioni.

Tornando al caso pugliese, la citata Commissione Tributaria di Lecce ha ordinato il rimborso al ricorrente di 4.612,05 euro oltre agli interessi legali. Bene. E ora? Cosa possono fare gli insegnanti? In un momento storico tanto gravoso per i precari della scuola, possono i docenti già vittime dell’abolizione o restrizione del compenso sostitutivo delle ferie maturate, chiedere, se non altro, la restituzione delle somme trattenute dal fisco sui compensi già percepiti e pretendere che quel che rimane dei compensi futuri non sia assoggettato a imposta? “A mio parere – spiega Maria Grazia Pinardi, giuslavorista del Foro di Bologna, che sta patrocinando varie vertenze giudiziarie per conto dei precari della scuola – la strada da percorrere è la presentazione di un’istanza di rimborso motivata all'ufficio dell’Agenzia delle entrate e, in caso di diniego, l’impugnazione avanti la Commissione tributaria competente o il giudice del lavoro”. Secondo il legale, comunque, “la natura retributiva o risarcitoria del compenso sostitutivo delle ferie maturate e non godute dagli insegnanti precari con contratto fino al 30 giugno od anche di durata inferiore è oggetto di irrisolto confronto giurisprudenziale e dottrinale.

La Corte di Cassazione con sentenza 11462 del 9 luglio 2012 ha affermato il principio per cui in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie – garantito anche dall'articolo 36 della Costituzione – ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l'indennità sostitutiva. Indennità che, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato, per un altro verso costituisce un’erogazione di natura retributiva”.

Al di là della definizione della natura del compenso, da cui può farsi discendere l'assoggettamento o meno degli importi relativi a trattenuta Irpef, conclude Pinardi, “la sentenza della Cpt di Lecce, mi pare l'unica in cui tale principio sia stato affermato a chiare lettere”. La Suprema Corte infatti da un lato ribadisce  il principio secondo cui “il diritto alle ferie nel diritto italiano gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l’articolo 36 Cost., comma 3, prevede testualmente che il lavoratore ha diritto al riposto settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”, ribadendo il diritto a una indennità sostitutiva.

Dall’altro lato aggiunge che, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato, per un altro verso costituisce un'erogazione di natura retributiva, perchè non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente  rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sè retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l'eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse (Cass. n. 13860/2000, 14070/2002, 19303/2004, 237/2007)”.

La causa era arrivata in Cassazione dopo che la Corte d'Appello di Perugia, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, aveva rigettato la domanda proposta da un Direttore dei servizi amministrativi contro il Miur e l’Istituto tecnico commerciale statale e per geometri “R.” di Assisi, diretta al riconoscimento del suo diritto all’indennità sostitutiva delle ferie che aveva maturato e non goduto, al momento del suo collocamento a riposo, a causa delle lunghe assenze per malattia che era stato costretto a fare nel corso degli ultimi anni di servizio.

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Ma ancora più di recente è caduto un macigno dentro lo stagno. L’8 aprile 2013 si è pronunciata la Quarta Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio sancendo con la sentenza n. 89/2013, ritenuta storica e depositata più di un anno dopo, che il compenso sostitutivo delle ferie non godute non può essere soggetto a tassazione poiché ha natura risarcitoria e dunque ne può essere richiesto il rimborso.

La mancata fruizione delle ferie, dovuta a un qualsiasi motivo, anche volontario e imputabile al lavoratore, rappresenterebbe un danno emergente che va risarcito integralmente non potendosi integrare l’ipotesi di un mancato reddito imponibile. I giudici hanno stabilito che l’articolo 6, comma 2, del Tuir n. 917/86 stabilisce l'imponibilità delle sole “indennità” conseguite a fronte di effettive perdite di reddito (lucro cessante), ma non anche a quelle, come nella specie, che sono tese a riparare un danno, senza effettivo incremento reddituale”.  Anche l’Anief affila le armi sul nuovo fronte giudiziario, rilanciato dalla citata sentenza n. 1462 della Cassazione. Il sindacato ritiene che la tassazione operata sulla monetizzazione delle ferie non godute possa essere restituita a tutti i precari della scuola.

“L’iniziativa – insiste l’Anief – riguarda tutti gli attuali precari nonché tutti i docenti che hanno ottenuto il ruolo negli ultimi anni ma hanno alle spalle, nei dieci anni precedenti, anni di precariato”. Il sindacato condotto da Marcello Pacifico è consapevole che la stessa Corte di Cassazione, in passato, ha affermato la natura retributiva delle ferie e ha legittimato la trattenuta, infatti, ma precisa che “esiste un altro orientamento dal tenore opposto, più consono alla direttiva e alla giurisprudenza comunitaria (n. 88/2003), alla nostra Costituzione (art. 36), sempre più ribadito negli ultimi anni anche dalle Commissioni tributarie e condiviso dal Consiglio di Stato secondo cui il compenso sostitutivo delle ferie non godute non può essere soggetto a tassazione poiché ha natura risarcitoria. Nel caso fosse affermata definitivamente questi tesi, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe restituire al personale della scuola quanto indebitamente trattenuto negli ultimi dieci anni.

Si tratta di parecchie migliaia di euro decurtate dal cedolino alla voce indennità ferie non godute – Codice Competenze 806/305, all’incirca 400 Euro all’anno che moltiplicato per dieci anni, ai sensi dell’ex art. 2946 Codice civile, supera i 4.000 Euro. Per questa ragione è importante inviare fin da subito, per interrompere la prescrizione, un’istanza di rimborso motivata all'ufficio delle entrate che il sindacato mette a disposizione. In caso di diniego, Anief patrocinerà l’iniziativa legale per l'impugnazione nella Commissione tributaria competente”.

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