E se i test Invalsi misurassero solo la capacità di risolvere i test Invalsi?

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redazione – I test standardizzati si poggiano su basi scientificamente solide? Hanno davvero effetti benefici sui sistemi di istruzione dei Paesi che li adottano?

redazione – I test standardizzati si poggiano su basi scientificamente solide? Hanno davvero effetti benefici sui sistemi di istruzione dei Paesi che li adottano?

Dopo l’allarme dello statistico di fama mondiale David Spiegelhalter ripreso anche dalla BBC lo scorso anno, la forma interrogativa di questi due enunciati è quanto mai opportuna. Ma, come in Italia sappiamo bene, nel mirino degli studiosi non ci sono solo i test Ocse-Pisa: Enrico Rogora, docente di matematica alla Sapienza di Roma, ha appena pubblicato un articolo sui limiti del modello di Rasch, “pietra angolare dei test INVALSI”, di cui sottolinea con forza la dubbia oggettività.

La domanda inquietante che sembra porci Rogora è quella che abbiamo messo anche nel titolo: e se i test Invalsi misurassero solo la capacità di risolvere i test Invalsi? Il ragionamento del matematico trova le sue premesse nel fatto che “i termometri dei test PISA e dei test INVALSI si servono dello stesso principio di misurazione della ‘temperatura’, ovvero del cosiddetto ‘modello di Rasch’, che specifica appunto le ipotesi matematico-statistiche utilizzate nella procedura di calibrazione” e diviene particolarmente lucido quando riassume in due i principali problemi da affrontare: le ipotesi di Rasch non sembrano essere le uniche possibili;  non c’è garanzia che siano soddisfatte dai dati.

“Le misure indirette di abilità, stimate nelle rilevazioni INVALSI – citiamo dalla fonte originale – introducono un elemento quantitativo che, invece di aiutare a chiarire i termini del dibattito e sulla valutazione dei sistemi educativi, rischia di mascherare i problemi reali spostando la discussione su un piano sbagliato. A una classe politica, che conosce poco i problemi che deve affrontare e che non sa o non riesce ad assumere le proprie responsabilità di riformare il sistema educativo nazionale, risulta estremamente comodo cercare un criterio semplice che guidi automaticamente o giustifichi le proprie scelte. Credo che sia utile e doveroso sottolineare con forza che questi criteri non sono affatto oggettivi e indiscutibili”.

L’articolo di Enrico Rogora

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