Docenti neoassunti rischiano di fare sorveglianza a studenti che vanno al bagno. Meritocrazia Renzi, rovesciata

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Un fiume in piena Marcella Raiola, del gruppo FaceBook “Precari Uniti contro i tagli”. Non ha mezzi termini, la meritocrazia proposta da renzi è “squallida e rovesciata”

Un fiume in piena Marcella Raiola, del gruppo FaceBook “Precari Uniti contro i tagli”. Non ha mezzi termini, la meritocrazia proposta da renzi è “squallida e rovesciata”

Lei è membro del gruppo Precari Uniti contro i Tagli. Quando, perché e dove è nato questo movimento? Quali obiettivi persegue? Chi ne fa parte?

“Il Gruppo PRECARI UNITI CONTRO I TAGLI non è altro che la proiezione telematica, per così dire, di un insieme di coordinamenti locali di docenti precari di diverse regioni d’Italia divenuti “compagni di striscione” scendendo in piazza innumerevoli volte, a partire all’emanazione della Legge 133/2008 Gelmini. Come tutti ricorderanno, l’articolo 64 della Legge succitata sancì i famigerati tagli il cui ritiro è stato ed è in cima a tutte le nostre piattaforme di rivendicazione, perché basta un minimo di buonsenso per capire che la Scuola italiana non ha bisogno di riforme ma di risorse.

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La pagina web è nata nell’estate del 2011, in concomitanza con lo shock generato dall’indizione dell’inutile concorso “elettorale” del ministro Profumo, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti. Dopo 140.000 tagli alle cattedre, infatti, era chiaro che anche i vincitori della nuova selezione demagogica sarebbero rimasti nel limbo di una lunghissima e beffarda attesa… Moltissimi docenti con anni di esperienza alle spalle, indignati per quell’atto istituzionale tanto protervo quanto diffamatorio nei confronti dei precari “storici”, pluriabilitati e aventi titolo all’assunzione, si iscrissero al gruppo per aderire ad una petizione lanciata dagli amministratori, determinandone la nascita e, quindi, l’operatività.

Da allora, Precari Uniti contro i Tagli si è caratterizzato e distinto per la trasparenza dei suoi intenti, per la chiarezza delle sue posizioni e richieste (assunzione immediata dei precari in Gae senza condizioni più o meno vessatorie, rifinanziamento della Scuola, abolizione riforma Fornero e pensionamento dei Quota ’96, canale unico di reclutamento per gli abilitati e di formazione gratuita per gli abilitandi, scorporo delle classi-pollaio, abrogazione della 449/’97, che condiziona le assunzioni al parere favorevole del Mef, “no” a nuovi concorsi spacca-categoria e “no” ai test Invalsi), per l’accoglienza e la discussione democratica di ogni apporto fornito dagli iscritti, ma, soprattutto, per il tentativo costante di mantenere alto il livello del confronto sul mestiere dell’insegnante e sulle sorti della Scuola italiana, attaccata da governi privi di mandato popolare interessati a neutralizzare ogni fucina di dissenso, e concupita da imprenditori, consorzi di banche e poteri finanziari che necessitano di manodopera semi-schiavile, superflessibile e priva di coscienza dei propri diritti. 

Crediamo, infatti, che occorra scardinare la logica del dívide et ímpera adottata dagli ultimi governi di “nominati”, ed evitare tamquam scopulum (come uno scoglio), per dirla con Cesare, i corporativismi e le guerre a colpi di ricorsi e rinfacci tra lavoratori che sono stati tutti artatamente precarizzati. La Scuola della Costituzione, laica, inclusiva, plurale, non è funzionale al nuovo ordine preteso dai poteri economico-finanziari, così come non lo è la Costituzione stessa, cui si sta mettendo mano illegittimamente (vedi l’introduzione del pareggio di bilancio). 

I docenti, della Scuola come dell’Università, devono denunciare coralmente questo disegno politico, spacciato per “ammodernamento”, mantenendo un alto profilo critico”.

Quali sono i punti della proposta renziana che ritiene più lesivi dell’autonomia professionale dei docenti e del diritto dei ragazzi a ricevere  un’istruzione di qualità?

“Sicuramente la squallida e rovesciata “meritocrazia” che la proposta renziana, puerilmente basata su principi validi tutt’al più per quiz televisivi quali La Ruota della Fortuna, vorrebbe introdurre, e che serve a mascherare il taglio degli scatti di anzianità per tutti i docenti, restituendo, peraltro, a quelli più docili e zelanti, meno della metà di quanto avrebbero percepito con gli scatti, e soltanto dopo tre anni di lavoro extra! 

Più che dell’autonomia dei docenti – alla quale attentano, piuttosto, i test Invalsi, imposti dal decreto firmato dalla Giannini lo scorso 18 settembre come strumento di “autovalutazione” delle scuole, a dimostrazione che la consultazione aperta dal governo non è che una grandissima buffonata – il “merito” declinato renzianamente è lesivo della dignità e della deontologia, perché pretende di trasformare i prof. in burocrati arrembanti in guerra coi colleghi a colpi di piaggeria verso il dirigente-padrone (una cosa davvero ributtante!), laddove è indispensabile ci siano collaborazione e dialogo didattico e pedagogico.

Questa concezione del “merito” snatura e perverte il mestiere dell’insegnante per due motivi: primo perché premia chi sta fuori dall’aula per supportare il preside nell’amministrazione e gestione pratica dell’istituto, svilendo il lavoro che si svolge in classe, quello, cioè, più prezioso e delicato; secondo perché il docente è un intellettuale che abilita al ragionamento critico anche riguardo al valore del denaro e all’ostentazione di quei beni di consumo trasformati in feticci del presunto benessere spesso realizzati con lo sfruttamento intensivo di operai e lavoratori maltrattati e privati di ogni tutela…

Al buon docente non interessa guadagnare più del collega, ma guadagnarsi la stima degli alunni stimolando la loro intelligenza e la loro coscienza in modo disinteressato, nel rispetto di tutte le modalità e le tempistiche di apprendimento. Fermo restando che, ovviamente, gli stipendi dei docenti italiani dovrebbero essere adeguati alla media europea!

Per quanto riguarda il diritto degli alunni a una didattica seria e qualificata, invece, le minacce che vengono dalla Buona Scuola di Renzi sono il demansionamento dei docenti, neoassunti e di ruolo, che verrebbero utilizzati spregiudicatamente per insegnare materie diverse da quelle in cui ciascuno è specializzato, al solo scopo di risparmiare sulle supplenze brevi; la mobilità selvaggia (i docenti verrebbero chiamati a spostarsi su un territorio non si sa quanto vasto nelle “reti di scuole” che ne richiederanno le prestazioni giornaliere, con tanti saluti alla continuità); la generalizzazione degli asfittici e contestati test Invalsi e, infine, lo sfruttamento derivante dagli stage obbligatori (200 ore) per gli studenti, introdotti col pretestuoso argomento della maggiore “utilità” di una formazione schiacciata sulle istanze volubili del mondo del lavoro e, quindi, finalizzata ad un impiego che, nella dei fatti, non sarà mai disponibile, o sarà sempre precario”. 

In uno dei suoi interventi su Facebook parla di ‘invalsizzazione’ forzata della scuola. Come si monitora, allora, il buon andamento del lavoro di un corpo docente? 

“Riformulerei la domanda: a che scopo, a partire dal ’97, cioè da quando è stata introdotta la cosiddetta “autonomia” (declinata solo in termini economici), e cioè da quando lo Stato ha deciso di trasformare l’istruzione in un servizio, da inalienabile diritto che era, si avverte tanto urgentemente l’esigenza di un monitoraggio dell’attività dei docenti, che è una delle più “esposte” a livello sociale, alla critica aperta da parte di famiglie, studenti e università?

Perché non pare altrettanto vitale monitorare in modo così ossessivo e accanito altre categorie che pure operano in  settori delicatissimi? Perché, poi, valutare e punire i docenti, metterli sotto minaccia costante di licenziamento, farli apparire e sentire costantemente sotto pressione, come se gli esiti dell’interazione didattica dipendessero solo ed esclusivamente dalla loro “bravura” (in cosa consisterebbe, poi, questa bravura, e chi ha titolo per stabilirlo?) e non, anche, dal contesto in cui operano e dal grado di reattività degli studenti? Che strumenti ha, e che grado di autorevolezza, il docente depauperato e precarizzato dei nostri giorni, agli occhi di studenti che l’autonomia ha reso “clienti” preziosissimi e non sanzionabili, anche in ragione del “contributo volontario” che essi versano? La valutazione-punizione dei docenti, propagandata come la panacea di tutti i mali (indotti) della Scuola immiserita, fa presa su una popolazione che ha il 47% di analfabeti di ritorno, abituata da una politica cialtrona a pensare che “con la cultura non si mangia”, ma è solo un mezzo per definanziare ulteriormente la Scuola e per neutralizzare libertà di insegnamento e pluralismo ideologico.

Già sarebbe inaccettabile, costituzionalmente, un “controllo” esercitato sui contenuti della didattica; ancora più inaccettabile, però, è una pseudovalutazione fatta sulla base di uno strumento standardizzato quale l’Invalsi, buono solo a prosciugare le menti inducendole a pensare il meno possibile e tutt’altro che oggettivo, in quanto predisposto e sponsorizzato da potentati economici quali TREELLLE e Fondazione Agnelli. Quest’unico test, che ha anzitutto la finalità di indurre il docente a rimodulare la sua programmazione e a trasformarsi in un “addestratore”, secondo una logica meramente behavioristica, dovrebbe misurare simultaneamente la preparazione di alunni, docenti e scuole dislocati su territori diversissimi, con problemi e livelli di partenza differenti, per di più escludendo eugeneticamente i disabili… E’ più che evidente la volontà di arrivare alle charter schools all’americana, e, dunque, di liquidare definitivamente la Scuola pubblica!”.

Veniamo alla stabilizzazione dei 150.000 precari delle Graduatorie a Esaurimento: a quali condizioni queste immissioni potranno essere un volano di cambiamento per la scuola?  

“L’assunzione dei 150.000 docenti potrà risollevare le sorti della Scuola se avverrà su cattedre vacanti ovvero rese disponibili dalla riduzione del numero degli alunni per classe, dal reintegro delle materie (latino, storia dell’arte, italiano, storia, laboratori varî) massacrate dai tagli ai quadri-orario effettuati al tempo dell’ineffabile Gelmini, dall’attivazione dell’ora alternativa all’insegnamento della religione cattolica (che per legge sarebbe obbligatoria!), dal pensionamento sacrosanto dei docenti Quota ’96 e dalla creazione di un organico di diritto ampio, non “funzionale”. In un recente articolo pubblicato su La Repubblica, il giornalista Salvo Intravaia si chiedeva (e mi è parso piuttosto possibilista) se i 148.000 docenti che Renzi ha promesso di assumere in “organico funzionale” (come se fosse un suo regalo e non un atto dovuto) dovranno fare pure sorveglianza agli studenti che vanno al bagno, visto che pare che la nuova legge di stabilità vieti ai presidi di chiamare bidelli supplenti, anche se questi si dovessero assentare per più di una settimana… E’ questo il modo di riaccreditare socialmente la professione docente?”. 

L’organico funzionale renderà sempre meno frequente anche il ricorso alle supplenze dalle graduatorie di istituto. Pensa che i docenti abilitati della II fascia, appunto, avrebbero dovuto ricevere tutele maggiori? E per quelli di III quali prospettive si augura?

“Questo governo usa offensivamente e a sproposito la metafora sanitaria, quando parla di Scuola. I precari sono stati definiti “piaghe da smaltire”, mentre per i docenti di II e III fascia è stata inventata la “supplentite”. Io direi che un paese che ha al governo uno come Renzi è un paese malato di leaderite e ignorantite acuta, e che la Scuola, lungi dall’essere la malattia del paese, ne può costituire la cura. Abbiamo sempre contemplato, nelle nostre piattaforme – l’ultima delle quali presentata al Capo di Dipartimento L. Chiappetta lo scorso 11 aprile, in occasione dello “sciopero precario” – il rispetto dei diritti acquisiti da tutti quelli che hanno scelto di lavorare nella Scuola e che si sono abilitati o hanno intenzione di abilitarsi.

Ultimamente, per stare alla mia esperienza territoriale, abbiamo invitato alle assemblee dei precari di Napoli docenti di II e III fascia e abbiamo ascoltato le loro storie: uomini e donne che entrano nelle aule da 3, 5, 8 anni, che chiedono di poter intraprendere il mestiere che a loro piace, avendo, però, delle ragionevoli prospettive, sia pure non a breve, di stabilizzazione… Una collega ci ha detto di aver lasciato l’attività di archeologa subacquea, molto remunerativa, peraltro, perché si era innamorata dell’insegnamento: ne sono rimasta molto colpita.

I “precari dei precari”, cioè quelli di II e III fascia, sono molto più motivati degli altri docenti. Lasciarli fuori sarebbe un imperdonabile errore e una perdita enorme per il settore. Ho già detto altrove che sono contrarissima al concorso come formula di selezione dei docenti. Ribadisco la necessità di assumere chi si è abilitato con costi e sacrifici notevolissimi e di prevedere per gli abilitandi un percorso veramente significativo e formativo. Attualmente, per chi volesse fare l’insegnante non ci sono itinera stabiliti. Solo il vuoto e le metafore patetiche di governi che a buon diritto potrebbero essere definiti, essi sì, patologici”.  

C’è un qualche altro punto che le preme affrontare in questa intervista?

Mi preme sottolineare che l’attacco alla Scuola non è isolato, ma si iscrive in una politica di brutale decontrattualizzazione del lavoro (Job’s act), di defunzionalizzazione del Sindacato e del Parlamento,  di sostanziale polverizzazione dei Beni Comuni e di svendita di quel che resta dei beni ambientali e culturali (SbloccaItalia). Contrastare questo disegno di rifeudalizzazione del paese è un dovere di tutti quelli che hanno a cuore la Democrazia. Mi preme anche dire che “La Buona Scuola” renziana ha mutuato il suo titolo dalla L.I.P. (Legge di iniziativa popolare “Per una Buona Scuola della Repubblica”), un testo sottoscritto da centomila cittadini e presentato nel 2006, contenente le linee generali di un assetto del sistema-scuola conforme al dettame costituzionale, da poco riproposto all’attenzione del parlamento grazie agli sforzi dell’Associazione “Per la Scuola della Costituzione”. 

I Precari uniti contro i Tagli stanno sostenendo questo testo e invitano tutti a supportarlo come valida pars costruens dell’azione di protesta e validissima alternativa alla deprimente Scuola-azienda. 

Mi preme, infine, raccomandare ai docenti, precari e di ruolo, agli Ata, parimenti penalizzati dalle nuove ipotizzate norme di assunzione, e ai lavoratori tutti colpiti da una crisi che non vogliono far finire e che vogliono far pagare solo a noi, di scendere compattamente in piazza il giorno 14 novembre, per il previsto SCIOPERO SOCIALE. Ringrazio molto OS per l’attenzione prestatami e per lo spazio che ha riservato e riserva quotidianamente al non facile dibattito sulla Scuola, avendo particolare riguardo alla condizione dei precari”.

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