Dirigenti scolastici, includerli nel ruolo unico. Significherebbe stipendi fino a 100mila euro

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I capi di istituto sono dirigenti dello Stato a tutti gli effetti. Ma come mai l’equazione sfugge proprio a chi in questi giorni sta ridisegnando l’architettura della dirigenza pubblica in Italia?

I capi di istituto sono dirigenti dello Stato a tutti gli effetti. Ma come mai l’equazione sfugge proprio a chi in questi giorni sta ridisegnando l’architettura della dirigenza pubblica in Italia?

Continua la battaglia dei presidi per non vedersi declassati rispetto ai più blasonati dirigenti di Stato, Regioni ed Enti locali. A.N.Di.S. e Di.S.A.L. hanno, infatti, appena sottoscritto una proposta di emendamento all’art 10 ddl 1577, in discussione in questi giorni, con la quale chiedono al Parlamento di includere la dirigenza scolastica nei “ruoli unici” della dirigenza statale e di articolare la dirigenza pubblica in “ruoli coordinati e distinti per specifiche professionalità”. Per approfondire le loro istanze, ci siamo rivolti a Paolino Marotta, Presidente A.N.D.I.S.

Innanzitutto che cos’è il ‘ruolo unico’ da cui siete stati esclusi e a quali benefici darebbe diritto? Di quale entità sarebbe la perdita economica qualora il vostro emendamento non passasse?

“L’articolo 10 del disegno di legge n. 1577 (c.d. Riforma Madia) prevede che tutti i dirigenti appartenenti alle pubbliche amministrazioni dovranno confluire in un sistema di dirigenza pubblica articolata in ruoli unici (dirigenza dello Stato, dirigenza delle regioni, dirigenza degli enti locali).

Il medesimo art.10, al comma 1.b, prevede l’esclusione della dirigenza scolastica dai suddetti ruoli unici. Si tratta, a nostro giudizio, di un’esclusione iniqua, incomprensibile ed immotivata, in quanto il dirigente scolastico, come ha dimostrato l’illustre costituzionalista A. Maria Poggi nel Seminario che abbiamo tenuto recentemente nella biblioteca della Camera, “partecipa della funzione dirigenziale pubblica ed in particolare statale, come attesta la collocazione sistematica degli artt. 25 e 29 che il D.Lgs n.59 del 1998 ha inserito dapprima nel D.Lgs n. 29 del 1993 e poi nel D.Lgs n. 165 del 2001”.

Intervenendo sulla materia, il Consiglio di Stato ha confermato, con parere 3994 del 16 ottobre 2003, “la collocazione dei dirigenti delle istituzioni scolastiche nell’ambito della dirigenza statale. Dunque, il dirigente scolastico è dirigente dello Stato a tutti gli effetti. Come mai sfugge agli estensori del disegno di legge in questione?

Il timore delle Associazioni professionali dei dirigenti scolastici ANDIS e DiSAL e delle Organizzazioni sindacali della scuola che hanno proposto emendamenti al citato art.10 è che, con l’esclusione della dirigenza scolastica dai ruoli della dirigenza statale, si possa ulteriormente perpetuare quella profonda ingiustizia che, fin dal 1998, ci vede equiparati alle altre dirigenze statali solo sotto l’aspetto delle responsabilità e degli obblighi, ma non sotto l’aspetto della retribuzione.

A tal riguardo mi piace richiamare l’indagine pubblicata recentemente da TUTTOSCUOLA, che ha messo in luce il profondo divario esistente all’interno della Pubblica Amministrazione tra responsabilità dirigenziali e trattamento economico. Dalla tabella comparativa di TUTTOSCUOLA traspare chiaramente l’enorme diversità di trattamento che esiste tra dirigenti scolastici (mediamente 100 dipendenti – retribuzione media lorda annua € 55.000) e dirigenti amm.vi di 2^ fascia (mediamente 5/6 dipendenti – retribuzione media lorda annua € 110.000). Da quella indagine traspare anche il divario che c’è tra le due aree dirigenziali in ordine a compiti e responsabilità, molti dei quali sono in capo solo ai dirigenti scolastici e non anche ai dirigenti amministrativi, come i rapporti e il contenzioso con l’utenza, la rappresentanza in giudizio dell’Amministrazione, la rappresentanza legale, la responsabilità civile verso il personale, la responsabilità civile verso l’utenza, la responsabilità contabile, la responsabilità erariale, la responsabilità della gestione previdenziale, la responsabilità per la trasparenza dei siti web, la responsabilità di sostituto d’imposta, la responsabilità sulla sicurezza degli edifici scolastici, la titolarità delle relazioni sindacali e della contrattazione con la RSU”.

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Come mai questa discriminazione a danno dei capi di istituto? Forse che non lavorano quanto gli altri dirigenti statali o hanno minori responsabilità?

“Non si comprende come mai in tutti questi anni la dirigenza scolastica sia stata considerata una dirigenza minore, forse perché prevalentemente professionale. Eppure anche i dirigenti scolastici, alla stregua dei dirigenti amministrativi, sono tenuti a garantire la legittimità formale degli atti e la regolarità delle procedure, come pure sono investiti della responsabilità della gestione di risorse umane e finanziarie.

Non mi sembra il caso di sottolineare ulteriormente che la gestione di un’autonomia scolastica, unanimemente riconosciuta come organizzazione complessa anche per la dimensione numerica che ciascuna istituzione scolastica ha assunto negli ultimi anni, richiede (come ho già dimostrato sopra) competenze, responsabilità e carichi di lavoro quanto meno equivalenti a quelle di qualsivoglia altro dirigente di seconda fascia”.

Ci vuole descrivere i punti più qualificanti della vostra proposta?

“Intanto vorrei chiarire che si tratta di una proposta di emendamento elaborata da due Associazioni professionali, che si raccorda con analoghe proposte già depositate da alcune organizzazioni sindacali della scuola e da diversi Parlamentari. Noi chiediamo ai Deputati e ai Senatori di tutti i Gruppi Parlamentari che, in sede di discussione del disegno di legge 1577, la dirigenza scolastica sia inserita tra i “ruoli coordinati e distinti per specifiche professionalità”, analogamente con quanto dovrà essere fatto per alcune altre dirigenze statali, come quella sanitaria.

La nostra proposta suggerisce anche un’importante modifica al comma 1.i del ddl 1577, ovvero l’esclusione dalla competenza dei dirigenti scolastici delle responsabilità inerenti la sicurezza degli edifici”.

È così allarmante la situazione dell’edilizia scolastica?

“Ben più preoccupante di quella che fotografano i rapporti di Legambiente e di Cittadinanza Attiva: lo sanno bene i dirigenti scolastici che sono responsabili dell’erogazione del servizio in oltre 41.000 plessi. Il grado dell’emergenza è ancora più allarmante se si considera, oltre al fabbisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, l’incidenza dei fattori di rischio ambientale come la presenza di amianto o di radon, le caratteristiche del territorio su cui insistono gli edifici in termini di rischio idrogeologico, sismico o vulcanico, la vicinanza delle scuole ad aree a rischio industriale, a elettrodotti, emittenti radio televisive o antenne cellulari. Si tratta di una situazione davvero drammatica (che viene da lontano, ovviamente), che non potrà essere risolta se non in tempi lunghi e con l’investimento di diversi miliardi di euro. Il MIUR ha tentato nel 2014 di affrontare l’emergenza con il Piano di Edilizia scolastica, ma ad oggi solo l’intervento “Scuole belle” ha sortito qualche effetto in termini di decoro e di piccola manutenzione delle scuole, mentre le opere dei piani “Scuole Sicure” e “Scuole Nuove”, se pur annunciate come immediatamente cantierabili, fanno presagire tempi lunghi.

Con la nostra proposta di emendamento intendiamo rappresentare al Parlamento il disagio dei dirigenti scolastici italiani, che lamentano di essere stati individuati dalla legge quali responsabili della sicurezza degli edifici, senza che possano disporre di quelle risorse e competenze tecniche di cui invece dispongono gli enti proprietari (Comuni e Province)”.

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