Cyberbullismo, prevenzione, repressione e tutela delle vittime. Con il testo del DDL Di Giorgi

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red – Questi i tre principi che animano la proposta di legge dell’On Di Giorgi, del Partito Democratico, per quanto riguarda il Cyberbullismo. Vi presentiamo la relazione di apertura del testo di legge che, partendo da una analisi del fenomeno, proseguendo attraverso le iniziative attualmente in atto, approda a tre proposte per arginare il fenomeno

red – Questi i tre principi che animano la proposta di legge dell’On Di Giorgi, del Partito Democratico, per quanto riguarda il Cyberbullismo. Vi presentiamo la relazione di apertura del testo di legge che, partendo da una analisi del fenomeno, proseguendo attraverso le iniziative attualmente in atto, approda a tre proposte per arginare il fenomeno

Analisi del fenomeno

Il «cyberbullismo» è un fenomeno che si è sviluppato a seguito dell’ampio utilizzo dei mezzi di comunicazione online da parte di giovani e preadolescenti. Il termine indica l’atto di bullismo compiuto da un soggetto (cyberbullo) che, prevalentemente mediante i social network, offende la vittima mediante la diffusione di materiale denigratorio (testi, foto e immagini) o la creazione di gruppi «contro». Si tratta di un uso inappropriato della rete, realizzato fuori dal controllo degli adulti, con cui i ragazzi si scambiano contenuti violenti, denigratori, discriminatori, rivolti a coetanei considerati «diversi» per aspetto fisico, abbigliamento, orientamento sessuale, classe sociale o perchè stranieri.

Dalla ricerca realizzata da Ipsos per l’organizzazione Save the Children si evince che i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyberbullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. Per tanti di loro, il cyberbullismo arriva a compromettere il rendimento scolastico (38 per cento che sale al 43 per cento nel Nord-Est), riduce il desiderio di frequentazione sociale (65 per cento, con picchi del 70 per cento nelle ragazzine tra i dodici e i quattordici anni) e può comportare una serie di conseguenze psicologiche compresa la depressione (57 per cento, percentuale che sale al 63 per cento nelle ragazze tra i quindici e i diciassette anni, mentre si abbassa al 51 per cento nel Nord-Est). Per il 72 per cento dei ragazzi intervistati (percentuale che sale all’85 per cento per i maschi tra i dodici e i quattordici anni e al 77 per cento nel Sud e nelle Isole) rappresenta la maggior minaccia del nostro tempo. È percepito come pericolo più grave rispetto al problema della tossicodipendenza (55 per cento), della molestia da parte di un adulto (44 per cento) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24 per cento).

Il fenomeno è noto da tempo nella sua gravità tanto che la Commissione europea ha istituito la giornata Safer internet day, nonché un tavolo apposito per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi media tra i più giovani, anche ai sensi della decisione 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008.

Una recente indagine (svolta nell’ambito dei progetti Nausicaa e Open Eyes: safernet use — a cura degli Osservatori di Milano e Caserta istituiti nell’ambito del Piano nazionale «Più scuola meno mafia» della Direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione, del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) ha evidenziato che il 21,5 per cento dei ragazzi considera i social network come uno strumento per fare nuove conoscenze, ma anche l’occasione in cui si manifestano i rischi maggiori della navigazione in rete. Il 12,5 per cento del campione riconosce di avere utilizzato i social network per diffondere messaggi offensivi o minacciosi nei confronti di coetanei; il 13,6 per cento dei maschi e l’8,1 per cento delle ragazze dichiarano di avere «umiliato» altre persone con la diffusione di materiali offensivi e insinuazioni diffamatorie. Ancor più preoccupanti sono i dati relativi al fenomeno subito o di cui i ragazzi sono testimoni: il 10 per cento degli studenti interpellati dichiara di essere stato vittima di diffusione di informazioni e immagini personali senza il proprio consenso; il 12 per cento dei maschi e il 16 per cento delle femmine dichiara di essere stato vittima di insulti, aggressioni verbali e minacce; il 12 per cento riferisce che altri hanno inviato messaggi e immagini a proprio nome; il 31,4 per cento degli intervistati è stato testimone o è a conoscenza di altri studenti partecipanti a gruppi online a sfondo razzista od omofobo; il 30 per cento è a conoscenza o è stato testimone diretto della diffusione di messaggi di minaccia da parte di altri studenti.

I fatti tragici accaduti nell’ultimo periodo confermano quanto osservato nelle indagini svolte. La tipologia delle vittime mette in evidenza che i criteri di elezione si riferiscono alla «diversità». Giocano un ruolo non secondario: l’aspetto estetico (67 per cento, con picchi del 77 per cento tra le femmine dai dodici ai quattordici anni), la timidezza (67 per cento, che sale al 71 per cento sempre per le ragazze preadolescenti), il supposto orientamento sessuale (56 per cento che arriva al 62 per cento per i preadolescenti maschi), l’essere straniero (43 per cento), l’abbigliamento non convenzionale (48 per cento), la bellezza femminile che «spicca» nel gruppo (42 per cento) e persino la disabilità (31 per cento, che aumenta al 36 per cento tra le femmine dai dodici ai quattordici anni), sono questi i fattori che possono fungere da leva per prendere di mira qualcuno. Di minore importanza, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento politico o religioso, causa di atti di bullismo rispettivamente per il 22 e il 20 per cento dei ragazzi (Ipsos 2013).

Diverse sono le modalità per mezzo delle quali i ragazzi raccontano di poter mettere in atto i comportamenti aggressivi una volta individuata la vittima: si rubano e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici (48 per cento), si inviano sms/mms/e-mail aggressivi e minacciosi (52 per cento, lo fanno soprattutto le femmine preadolescenti, la cui percentuale raggiunge il 61 per cento), vengono appositamente creati gruppi «contro» su un social network per prendere di mira qualcuno (57 per cento), o ancora vengono diffuse foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima (59 per cento, con picchi del 68 per cento nel Nord-Est), o notizie false sul soggetto da colpire (58 per cento). La modalità d’attacco preferita dai giovani cyberbulli è la persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un social network (61 per cento). Mediamente viene messa in atto la dinamica del «branco» per cui uno comincia e gli altri convergono con i loro contributi, convinti peraltro di mantenere l’anonimato attraverso i nicknames. A ciò si aggiunge il furto di identità digitale compiuto da ragazzi a danno di altri ragazzi. Il direttore nazionale della Polizia postale ha evidenziato che nei ragazzi manca completamente la consapevolezza degli atti compiuti, anche in virtù della facilità di accesso e di utilizzo della rete, che rende anomini e quindi apparentemente non perseguibili. Egli ha, altresì, richiamato l’attenzione sull’abitudine diffusa di mettere in rete immagini relative alla sfera intima, in tempo reale, senza percepire rischi e i pericoli della pedopornografia online.

Eliminare quelle immagini è impresa assai ardua. La Polizia postale dispone di una serie di strumenti tecnici per contrastare il fenomeno, così come le società multinazionali che gestiscono i maggiori social network. È allo studio un dispositivo chiamato «bottone rosso», da usare per bloccare la diffusione di immagini o post. È però evidente che la velocità innovativa dei new media crea notevoli difficoltà nell’azione di controllo.

In materia di tutela dei dati personali e di contrasto all’uso criminogeno della rete si riscontrano ulteriori criticità quando si tratta di bambini e ragazzi. In occasione della giornata «Safer Internet 2010» a Lussemburgo è stato siglato un accordo europeo che contiene una serie di regole volte a migliorare la sicurezza dei minorenni che utilizzano la rete e con l’intento di far fronte comune contro i rischi potenziali a cui sono esposti i più giovani, come l’adescamento da parte di adulti, il bullismo on-line e la divulgazione di informazioni personali:

  • Un’autoregolamentazione difficilmente monitorabile.

E’ essenziale potenziare le azioni di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo a causa delle conseguenze gravi che possono prodursi: gli episodi di bullismo «virtuali» possono esser più dolorosi di quelli reali, perché l’offesa e la denigrazione hanno, per chi li subisce, un’amplificazione immediata, che non si cancella nel tempo. La solitudine accompagna frequentemente il percorso doloroso della vittima, che tende a rifiutarsi di continuare la vita sociale, che difficilmente si confida e cade in uno stato di prostrazione psicologica che può condurre a decisioni di assoluta gravità, come il suicidio. Da qui l’esigenza di coinvolgere le famiglie e la scuola.

Scuola ruolo strategico

E’ necessario dare alle famiglie gli strumenti di conoscenza del fenomeno perché possano riconoscerlo ed intervenire in modo corretto, offrire il necessario sostegno nell’attività di denuncia e disporre dell’aiuto di interlocutori competenti ad operare sia in favore della vittima sia verso l’autore dei comportamenti offensivi.
Gli episodi di cyberbullismo hanno inizio nei contesti scolastici e, poi, proseguono sulla rete. Anche per questo le scuole hanno un valore strategico per la educazione alle relazioni interpersonali e ad un corretto uso della rete. Gli insegnanti da un lato sono le sentinelle, in grado di cogliere il disagio delle vittime e le situazioni in cui sono coinvolte, dall’altro rappresentano un punto di riferimento indispensabile cui rivolgersi per chiedere aiuto, pur nella evidente difficoltà di rompere il silenzio e superare la vergogna.

A questo riguardo, in sede di conversione in legge al Senato del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, cosiddetto «L’istruzione riparte», il Governo ha accolto l’ordine del giorno proposto da componenti della Commissione diritti umani condividendo quindi la necessità di sostenere la formazione del personale scolastico, a partire dalla secondaria di primo grado per proseguire negli anni successivi. Le indagini e le esperienze educative condotte in questi anni in Italia e in Europa hanno evidenziato questa esigenza ed offerto una pluralità di modelli di intervento (per esempio attività di peer education).

L’educazione all’utilizzo dei new media dovrà avere modalità e obiettivi analoghi agli interventi di educazione stradale coinvolgendo gli istituti comprensivi e la secondaria di secondo grado, nonché i corsi di formazione professionale. L’adozione di un piano di educazione alla rete potrà inoltre rafforzare la continuità formativa (con il superamento della segmentazione tra secondaria di primo e secondo grado) e il coordinamento delle istituzioni scolastiche con i servizi educativi e sanitari territoriali, nonché con le Forze dell’ordine, attraverso la costruzione di reti verticali e orizzontali.

La disponibilità del MIUR a prevedere attività formative anche per reti di scuole, porterà ad avere almeno un docente referente in ogni autonomia scolastica. Il piano di offerta formativa di ogni scuola autonoma dovrà prevedere il progetto di educazione alla rete con percorsi informativi articolati in momenti di informazione e formazione, oltre che sportelli di ascolto per alunni e genitori.

Attività già in atto

Sono molte le iniziative di contrasto al bullismo, intraprese o coordinate dal MIUR, già attive nelle varie aree territoriali:

  1. gli Osservatori regionali permanenti sul bullismo, istituiti con la direttiva ministeriale n. 16 del 5 febbraio 2007 e attivi presso gli Uffici scolastici regionali;
  2. il portale URP social, primo social tematico realizzato da una pubblica amministrazione;
  3. il progetto «Generazioni connesse», sull’utilizzo sicuro dei nuovi media da parte dei più giovani, cofinanziato dalla Commissione europea e coordinato dal MIUR, con la collaborazione di Save the Children Italia, di Telefono Azzurro, del Ministero dell’interno — Ufficio di Polizia postale e delle comunicazioni, dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, della Cooperativa E.D.I. e del Movimento difesa del cittadino;
  4.  il progetto Tabby (Threat Assessment of Bullying Behavior: valutazione della minaccia di cyberbullismo nei giovani), approvato nel quadro del programma Daphne III nell’ambito della programmazione europea 2007-2013.

A livello nazionale, le competenze istituzionali e le iniziative adottate rimandano ad una esigenza di coordinamento interministeriale che metta a fattor comune le energie pubbliche e del privato sociale. L’obiettivo è definire un piano d’azione al quale concorrano, insieme alle istituzioni, le associazioni e organizzazioni di carattere nazionale e internazionale che si stanno confrontando con il problema, nonché aperto ai principali operatori del web.
I crescenti episodi di cyberbullismo su scala nazionale (come da segnalazioni pervenute alle autorità competenti) suggeriscono di individuare uno strumento di primo soccorso a disposizione della cittadinanza, che agisca con i medesimi processi e canali multimediali su cui fa leva il cyberbulling, al fine di riunire in un solo momento condiviso i servizi di sportello telematico messi a disposizione dai soggetti impegnati nel contrasto al fenomeno, con particolare riferimento ai minori.

Le proposte del disegno di legge

La proposta, condivisa con i referenti nazionali del Safer Internet Center, punta altresì ad agevolare e valorizzare il coinvolgimento di soggetti privati per alimentare le disponibilità finanziarie dello Stato, da destinare al finanziamento delle attività di formazione, sensibilizzazione nel merito e ai relativi percorsi istituzionali preposti.
Al fine di contrastare il cyberbullismo, il presente disegno di legge delinea una strategia di azione integrata, volta a:
– prevenire il fenomeno con un’adeguata educazione, sensibilizzazione (dei minori soprattutto, ma più in generale della cittadinanza) e con la formazione specifica degli operatori (dai docenti allo stesso personale della Polizia postale e delle comunicazioni). Inoltre, al fine di promuovere l’adozione di tecnologie child-friendly — capaci cioè di prevenire il fenomeno, già in virtù della stessa configurazione dei dispositivi e dei sistemi di comunicazione — si prevede il conferimento di un marchio di qualità ai fornitori di servizi di comunicazione e ai produttori che aderiscono ai modelli e alle indicazioni presentate dal tavolo tecnico istituito dallo stesso disegno di legge.

Determinante è poi l’«educazione digitale» di bambini e ragazzi, che si intende favorire attraverso uno specifico percorso didattico finalizzato a responsabilizzare gli stessi minori e a promuoverne la consapevolezza in ordine ai rischi — oltre che alle opportunità — correlati all’uso della rete. Sempre nell’ottica della prevenzione, l’articolo 6 del disegno di legge prevede che, in caso di atti di cyberbullismo commessi da un minorenne ultraquattordicenne nei confronti di altro minorenne, in applicazione della procedura già disposta per i casi di stalking, il questore possa ammonire l’autore dei comportamenti affinché non li ponga più in essere. Si tratta di un avvertimento verbale teso a rendere consapevole il minorenne del disvalore e del carattere lesivo dei propri gesti, onde evitargli un processo penale prima ancora che sia proposta querela o presentata denuncia;

  • accertare e reprimere gli illeciti commessi, in particolare incentivando e sostenendo l’attività della Polizia postale e delle comunicazioni, specificamente orientata al contrasto delle violazioni di legge commesse in rete;
  • proteggere le vittime, segnatamente, creando procedure ed istituti nuovi e specifici per elevare il livello di tutela dei bambini e dei ragazzi vittime di questa forma di violenza. In tal senso, in particolare, l’articolo 2 del disegno di legge istituisce una specifica procedura accelerata, dinanzi al Garante per la protezione dei dati personali, che consente ai genitori di un minore vittima di un atto di cyberbullismo — che pur non integri gli estremi di uno specifico reato — di ottenere una tutela rafforzata e celere da parte dell’Autorità, attraverso l’adozione di provvedimenti inibitori e prescrittivi che garantiscano la dignità del minore rispetto a qualsiasi forma di violazione della sua persona, commessa in rete.

In considerazione della particolare rilevanza del tema affrontato dal presente disegno di legge, se ne auspica una celere calendarizzazione nell’ambito dei lavori di Commissione e Assemblea.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e definizioni)

1. La presente legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela ai minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti.
2. Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione e si intende altresì qualunque forma di furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica.

Art. 2.
(Tutela della dignità del minore)

1. Ciascun genitore o, comunque, il soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito taluno degli atti di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, può inoltrare al titolare del trattamento, una istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche qualora le condotte di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, non integrino le fattispecie previste dall’articolo 167 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ovvero da altre norme incriminatrici.
2. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, il soggetto richiesto non abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento, l’interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento dell’atto, provvede ai sensi degli articoli 143 e 144 del citato codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 3.
(Piano di azione integrato)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, del quale fanno parte: rappresentanti del Ministero dell’interno, del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della giustizia, del Ministero dello sviluppo economico, del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, del Garante per la protezione dei dati personali e delle organizzazioni non governative già coinvolte nel programma nazionale del Safer internet center.
2. Il tavolo tecnico di cui al comma 1 redige, entro sessanta giorni dal suo insediamento, un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, nel rispetto delle direttive europee in materia e nell’ambito del programma pluriennale dell’Unione europea di cui alla decisione 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008.
3. Il piano di cui al comma 2 è integrato con il codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, rivolto agli operatori che forniscono servizi di social networking e agli altri operatori della rete. Detto codice prevede l’istituzione di un comitato di monitoraggio al quale è assegnato il compito di adottare un marchio di qualità in favore dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica e comunque produttori di dispositivi elettronici aderenti ai progetti elaborati dallo stesso tavolo tecnico, secondo modalità disciplinate con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo
4. Il piano di cui al comma 2 stabilisce, altresì, le iniziative di informazione e di prevenzione del fenomeno del cyberbullismo, rivolte ai cittadini.

Art. 4.
(Linee guida per la prevenzione e il contrasto in ambito scolastico)

1. Per l’attuazione delle finalità di cui all’articolo 1, comma 1, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, emana entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida per la formazione, la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo nelle scuole, prevedendo che i corsi di formazione del personale scolastico, ai quali ogni autonomia scolastica assicura la partecipazione di un proprio referente, garantiscano l’acquisizione di idonee competenze teoriche e pratiche, anche per il sostegno ai minori vittime del cyberbullismo.
2. Gli uffici scolastici regionali garantiscono la promulgazione di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse elaborati da reti di scuole in collaborazione con enti locali, servizi territoriali, Forze dell’ordine nonché associazioni ed enti per promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto al cyberbullismo.
3. L’educazione all’uso consapevole della rete assume carattere di continuità curricolare tra i diversi ordini di scuola e in modo particolare tra la secondaria di primo grado e la secondaria di secondo grado, secondo quanto previsto dal decreto di cui al comma 1.

Art. 5.
(Rifinanziamento del fondo di cui all’articolo 12 della legge 18 marzo 2008, n. 48)

1. La Polizia postale e delle comunicazioni relaziona con cadenza semestrale al tavolo tecnico di cui all’articolo 3, comma 1, sugli esiti delle misure di contrasto al fenomeno del cyberbullismo con specifiche verifiche dei sistemi di segnalazione di cui all’articolo 2.
2. Per le esigenze connesse allo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete e prevenzione e contrasto al cyberbullismo sono stanziate ulteriori risorse pari a 180.000 euro per l’anno 2014, 265.000 euro per l’anno 2015 e 220.000 euro per l’anno 2016, in favore del fondo di cui all’articolo 12 della legge 18 marzo 2008, n. 48.
3. Agli oneri derivanti dal comma 2 del presente articolo, pari a 180.000 euro per l’anno 2014, 265.000 euro per l’anno 2015 e 220.000 euro per l’anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.
(Ammonimento)

1. Fino a quando non è stata proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale o 167 del codice di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento di cui all’articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive

Le parole del Cyberbullismo

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