Concorso scuola docenti: bastava chiedere ai candidati cosa non ha funzionato. Lettera

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Gentile Gian Antonio Stella, sono uno dei docenti bocciati alla prova scritta del concorsone per la classe di concorso AD04 (Insegnamento di Italiano, Storia e Geografia). Mi è dispiaciuto leggere su un organo di informazione antico e autorevole come il Corriere della Sera e per mano di uno dei suoi giornalisti di solito più acuti nel'analisi un simile cumulo di falsità e pregiudizi contro gli sfortunati insegnanti che hanno subito un concorso truffa.

Gentile Gian Antonio Stella, sono uno dei docenti bocciati alla prova scritta del concorsone per la classe di concorso AD04 (Insegnamento di Italiano, Storia e Geografia). Mi è dispiaciuto leggere su un organo di informazione antico e autorevole come il Corriere della Sera e per mano di uno dei suoi giornalisti di solito più acuti nel'analisi un simile cumulo di falsità e pregiudizi contro gli sfortunati insegnanti che hanno subito un concorso truffa.

Sia detto per inciso: se uno degli organi di informazione italiana più autorevoli si abbassa, senza una seria inchiesta sul perché di tante bocciature, magari interpellando anche coloro che sono stati bocciati, a riportare chiacchiere senza fondamento su docenti ignoranti non lamentiamoci se poi la scuola e la sua funzione educativa sono così delegittimate nella società.

La ragione di tante eclatanti bocciature va riscontrata in come è stato impostato tale concorso; di peggio temo non si potesse fare, tanto che, a rischio di fare dietrologia, ho il dubbio che le tante persone respinte siano state qualcosa di voluto.

Innanzitutto chi come me ha partecipato al concorso con l'abilitazione del TFA  (tirocinio formativo attivo) ha già passato un vero e proprio concorso per accedere a tale tirocinio. Tre prove di cui un test a risposta multipla, una prova scritta e una prova orale hanno già verificato la solidità della preparazione di chi vi ha avuto accesso. Eravamo già stati abbondantemente selezionati e formati per tale professione ma il governo ha voluto imporci un altro ostacolo da superare. È vero che la professione dell'insegnante è particolarmente delicata e complessa e ben venga, dunque, una selezione rigorosa ma un tale percorso estenuante e lungo anni rischia soltanto di produrre frustrazione e scoramento e fa degli insegnanti l'unica categoria di dipendenti pubblici che deve passare due concorsi per un posto a tempo indeterminato.

È legittimo chiedersi, tuttavia, come mai sia avvenuta questa debacle spaventosa in tutte le classi e in quasi tutte le regioni. Tutti noi partecipanti eravamo abilitati e dunque avevamo speso tempo, forze e denaro soltanto per avere la possibilità di partecipare a questa crudele lotteria e, soprattutto, avevamo coscienza di star combattendo per un'opportunità straordinaria di fare il lavoro che abbiamo scelto con un contratto a tempo indeterminato e, dunque, per la possibilità- incredibile in questi anni in Italia- di poter avere una vita dignitosa e pianificabile.  Dunque non credo sia  pensabile attribuire la maggior parte delle prove respinte ad impreparazione.

Cosa non ha funzionato allora?

Per prima cosa: il tempo. Noi abbiamo avuto 150 minuti per ben otto quesiti. Di tali otto quesiti due consistevano in  brani in  lingua inglese, di una certa difficoltà, seguiti ognuno da 5 domande a risposta chiusa e i rimanenti sei quesiti erano basati sulla preparazione di UDA (unità di apprendimento) o di parti di essa. Si trattava, dunque, di una prova complessa- come giusto che fosse- ma non veniva fornito il tempo adeguato a pensare con calma alle necessarie risposte, ad organizzare un insieme complesso quale è un' UDA e soprattutto, cosa essenziale, a rileggere  e riorganizzare quanto si fosse scritto. Da quando il presidente della commissione ci ha dato il via fino alla fine della prova è stato un continuo mitragliare sulle tastiere, nemmeno per un attimo abbiamo potuto fermarci a rileggere ciò che scrivevamo: non ne avevamo il tempo. 

In seconda battuta, la scelta di farci preparare UDA e soltanto UDA (per chi non lo sapesse l'UDA è la progettazione delle attività didattiche volte a trasmettere agli alunni determinate conoscenze, abilità, competenze) è stata forse la causa principale di tante bocciature.

Come ci hanno ripetuto centinaia di volte i docenti del TFA e i manuali studiati per il concorso non esiste UDA che non debba essere pensata per UNA determinata classe in un ben determinato contesto. Non esiste o quasi UDA astrattamente giusta o sbagliata a priori ma se ne può scoprire la giustezza o meno soltanto nel lavoro in una determinata classe. 

Dunque il giudizio su un UDA scritta su carta e destinata a rimanere lì è assai opinabile. A parte le domande di inglese, dunque, la totalità delle domande  erano suscettibili di valutazioni totalmente soggettive da parte delle commissioni giudicatrici. Anche per questo, mi sa, vediamo che in alcune regioni come Lombardia e Calabria vi è stata una vera e propria “strage” dei candidati e in altre, come la Campania tale “strage” non vi è stata.

A proposito, nel bando vi era scritto che la prova scritta dovesse vertere, oltre che sui contenuti disciplinari, sulla legislazione scolastica, dalla legge Casati alla legge 107, sulle varie scuole pedagogiche, sull'ordinamento scolastico e ministeriale, ecc.ecc.

Ma poi arrivati alla prova dei fatti abbiamo soltanto redatto UDA. Chi si era preparato come da bando su Pedagogia, legislazione della scuola, ordinamento scolastico ha scoperto di aver perso alcuni mesi a studiare cose che non sono state per nulla richieste.

Questi elementi e anche altri come, ad esempio, la redazione delle griglie di valutazione dopo lo svolgimento della prova e non prima, lo scarso compenso assicurato alle commissioni (0,50 euro a  compito corretto) e la composizione, per tale ragione, piuttosto difficoltosa (esemplare è il caso riportato qualche settimana fa di una candidata bocciata allo scritto e chiamata in commissione per la prova orale) sono la vera causa del fallimento di tale concorso e non l'impreparazione di chi è stato bocciato.

Con sdegno,

Francesco Lobefalo

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