Concorso a cattedra, come è andata a finire. Dall’infallibile giudizio di un computer al fallace giudizio umano

Di Lalla
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inviato da Katia – Ho partecipato per la classe di concorso A345-A346 – (inglese) non superando la prova scritta. Antefatto e considerazioni sulla mia non ammissione alla prova orale di Inglese.

inviato da Katia – Ho partecipato per la classe di concorso A345-A346 – (inglese) non superando la prova scritta. Antefatto e considerazioni sulla mia non ammissione alla prova orale di Inglese.

Dunque eccomi a presentare l’antefatto:

1) insegno lingua e letteratura inglese da diversi anni in un centro di recupero anni scolastici. Non è un lavoro facile, metà tempo e metà risorse per giungere agli stessi risultati di chi lavora nel pubblico. Il tempo
per la preparazione dei materiali, correzione compiti e programmi personalizzati, non è retribuito. "É una tua scelta" si potrebbe obiettare – come spesso è accaduto nei forum – e accolgo l’obiezione chiudendo qui il punto.

2) Sono autrice di articoli pubblicati su riviste autorevoli, di racconti, di un saggio che riguarda argomenti legati all’adolescenza e all’arte. Ho frequenti contatti con "anglofoni" (un po’ brutta come parola, eh?) inglesi e statunitensi per questioni di lavoro (come traduttore ad esempio) e di diletto; un mio racconto è stato incluso in un’antologia, curata da un editor inglese, e pubblicato in inglese.

3) Ho passato il test di preselezione, il famoso spauracchio di tanti, con il punteggio di 46/50.

Quando mi sono trovata davanti alla traccia proposta per la prova scritta del concorso, ho avuto la sensazione di essere fortunata; Virginia Woolf. Si trattava di un’autrice che ben conoscevo avendo seguito un corso monografico estensivo (per tutto l’anno accademico) ai tempi dell’università. I quesiti inoltre erano interessanti e "pane quotidiano" per chi si occupa di scrittura e lettura anche in senso più ampio di quello prettamente scolastico.

Ho svolto l’elaborato con serenità, nella convinzione di aver fatto un lavoro, se non buono, discreto. Di sicuro sufficiente. Così non è stato. Al momento della verità ho fatto richiesta di prendere visione degli atti e dopo qualche tempo mi è arrivata a casa copia del mio elaborato "corretto" e della griglia di valutazione. Punteggio totale 22.

Eccomi alle considerazioni:

1) nel foglio che contiene la griglia di valutazione non è scritto il nome di chi ha effettivamente corretto il testo. Ci sono le firme ma da lì a capire i nomi… Pazienza. Non sappiamo né quando sia stato corretto, né in quanto tempo; non ci sono date, né orari di apertura e chiusura di quello che è, a tutti gli effetti, un documento ufficiale. Non sappiamo dunque se a ogni singolo elaborato siano stati dedicati 5 minuti, 15 minuti, 1 ora.

2) Per i primi 3 quesiti i punteggi sul parametro di correttezza linguistica sono stati 2 – 3 – 2. Evidente che io sappia scrivere in un inglese corretto. Sull’originalità mi è stato assegnato il punteggio minimo "1" in tutti i quesiti ma l’originalità è un parametro soggettivo, così come la "pertinenza". Improvvisamente nel quesito 4 decade tutto, persino la correttezza precipita a livello 1. Cosa è successo? Ho dimenticato come scrivere in inglese in quel momento? Il mio cervello ha avuto un black out? Così non mi era parso.

3) Nel quesito 2 veniva richiesto di individuare delle espressioni colloquiali che l’autrice aveva usato in quella che era originariamente una lettura rivolta a un pubblico di giovani. Mi ricordo di aver evidenziato, tra le altre, l’espressione "blue books" spiegando che: «"blue books" stands for handbooks whose covers were often blue».

Lo so perché ne possiedo un paio della fine degli anni ’20. Per la precisione la manualistica in UK veniva spesso confusa con quelli che erano i registri giuridici, anche quelli di colore blu ma con il dorso più scuro e in pelle, a differenza dei manuali che dovevano essere più economici. Insomma, non avevo tempo per fare un trattato di etimologia ma un anglista avrebbe dovuto capire che avevo centrato il bersaglio, invece sull’elaborato mi ritrovo un segno ondulato verticale di fianco ai "blue books" come se chi ha corretto non avesse capito il senso del mio scrivere.

Per non dilungarmi ulteriormente, ho capito guardando le ermetiche correzioni (pochi segni, poche brevi sottolineature) che il problema del mio elaborato non sia stato nella competenza linguistica.

Ad ogni modo temo che molti di noi "bocciati" abbiano subito le conseguenze di una procedura di correzione affrettata e disattenta, magari non per colpa né per volere dei "correttori". In questo concorso siamo passati dal freddo ma infallibile giudizio di un computer (va avanti chi sa ragionare ed esprimersi, nonostante le polemiche e i ricorsi) al fallace giudizio umano costituito da mille fattori imprevedibili: dal mal di denti all’emotività del momento, dalla sintonia con ciò che si legge al fastidio che si prova di fronte a una grafia che non ci piace.

Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato. Ora vi saluto cari compagni di avventure e/o disavventure; ho da preparare un piano B, C, D per guadagnarmi da vivere come da anni a questa parte.

Distinti saluti

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