Le competenze del buon insegnante di sostegno. Una riflessione

WhatsApp
Telegram

Essere un insegnante di sostegno non può essere una scelta dettata solo da una predisposizione naturale ad aiutare i più svantaggiati o da una vocazione nel sociale, ma è fondamentale possedere delle competenze specifiche. Una riflessione di Nicola Pirrone

Essere un insegnante di sostegno non può essere una scelta dettata solo da una predisposizione naturale ad aiutare i più svantaggiati o da una vocazione nel sociale, ma è fondamentale possedere delle competenze specifiche. Una riflessione di Nicola Pirrone

Confrontarsi con un disabile non significa fare semplicemente “assistenzialismo”, ma significa rispetto per la persona, arricchimento umano oltre che professionale, desiderio di realizzare quegli obiettivi che le potenzialità e le risorse dell’alunno ci permetteranno di prefissarci.

L’insegnante di sostegno, oggi, viene ad assumere compiti nuovi, più specifici ed impegnativi, in quanto non è solo di sostegno al disabile ma lo è di tutto il gruppo – classe, contribuendo ad un’armonica integrazione e collaborazione reciproca.

Si tratta di una figura essenziale, significativa, sia all’interno del rapporto docente – alunno, sia all’interno del più vasto rapporto scuola – società, in quanto promotore di una scuola che sia tutta “integrante”, in grado di dare risposte adeguate ai bisogni apprenditivi e sociali di ciascuno alunno.

Impegnarsi per la dignità dell’alunno con situazione di disabilità significa lottare per una società migliore, nella quale ogni uomo possa cogliere in sé e negli altri un significato profondo che distingue e accomuna al tempo stesso: il valore persona.

L’approccio umanistico, centrato sulla persona, non pretende di imporre grandi sistemi teorici, ma semplicemente di proporre la crescita e la maturazione del singolo e dei gruppi attraverso una modificazione costruttiva e profonda dei rapporti interpersonali, basata sulla partecipazione affettiva (empatia), sull’abbandono dei ruoli stereotipati e sulla responsabilizzazione di ciascuno.
Genuinità, accettazione incondizionata ed empatia rappresentano alcuni tra i tratti più salienti della personalità dell’insegnante di sostegno.

La legge quadro n. 104/’92 e la normativa successiva a questa costituiscono il caposaldo legislativo dei processi di integrazione, culturale e sociale, per soggetti interessati da diverse situazioni di handicap, fissa per l’insegnante specializzato una serie di compiti che, almeno sulla carta, ne fanno una figura chiave nel così articolato e complesso mondo scolastico, di una scuola che pone sempre più al centro delle sue modalità operative la diversità, vista quale risorsa irrinunciabile per una scuola di qualità.

Teoricamente quindi l’integrazione diventa un fattore di qualità della scuola e dell’intera società, anche perché ne viene coinvolto tutto il contesto in cui è inserito l’alunno H, da quello familiare a quello sociale.

Un alunno disabile diventa con le sue problematiche e la ricchezza della sua diversità un patrimonio irrinunciabile; ma anche la diversità di ogni insegnante determina un dato positivo se inquadrata all’interno di un riferimento pedagogico preciso ed organico.

Al concetto basilare dell’integrazione si deve affiancare un altro concetto fondamentale affinché questa si realizzi pienamente, quello di collaborazione, una collaborazione che si deve compiere a diversi livelli.

In primo luogo, collaborazione come obiettivo educativo: gli insegnanti devono proporre agli alunni forme di collaborazione nel percorso educativo e didattico al fine di creare all’interno del gruppo classe il clima positivo ai processi integrativi.

In secondo luogo, collaborazione come metodologia operativa per gli insegnanti: la professionalità docente deve necessariamente mirare al lavoro di gruppo per conseguire gli obiettivi che in sede di programmazione generale vengono collegialmente definiti.

In terzo luogo collaborazione come progettualità e pianificazione, quali presupposti necessari per qualsiasi lavoro di rete.
Alla luce di tutto ciò l’insegnante di sostegno acquista sempre più un ruolo di leadership e di coordinamento consoni alla sua specializzazione; un ruolo di supervisione e di guida degli interventi inseriti nella circolarità del lavoro di rete consoni alle sue competenze specialistiche e metodologiche.

Acquista soprattutto valore di risorsa irrinunciabile per la scuola e per la società, poiché si pone quale mediatore necessario nei collegamenti fra i soggetti che devono rendere reale e consolidata l’integrazione, un’integrazione che deve allontanarsi sempre più da una dimensione teorica ed occasionale per diventare reale ed inserirsi sempre più in una dimensione di normalità.

Ritengo che lo stile assertivo sia senz’altro adeguato ed efficace nel rapporto delicato e importante che un’insegnante di sostegno deve quotidianamente instaurare non solo con i soggetti con bisogni educativi e formativi speciali, ma anche con il gruppo – classe e nei confronti della comunità degli insegnanti verso i quali è volta la sua azione di coinvolgimento e di collaborazione.

Durante la mia esperienza ho potuto constatare come il processo di apprendimento-insegnamento debba essere centrato sull’allievo, sviluppandone le preconoscenze, venendo incontro ai suoi bisogni, potenziando la sua motivazione ed agendo con percorsi e strategie individualizzati.

La figura docente deve oggi possedere competenze relazionali ed affettive adeguate oltre che disciplinari.

Per ottenere buoni risultati bisogna stimolare interesse per l’apprendimento negli alunni con esempi, con riferimenti al loro vissuto esperienziale, dimostrando l’utilità degli insegnamenti nella vita pratica.

Bisogna, inoltre, sapersi rapportare con gli alunni sapendo ascoltare i loro bisogni; è necessario che il docente riesca a creare in classe un clima relazionale favorevole alla nascita di uno spirito di gruppo. Un docente che basa il suo lavoro sull’interattività, che non crea rivalità e che allo stesso tempo cerchi di tenere conto delle dinamiche di gruppo nella classe, limita al minimo le situazioni di disagio ed è in grado di fornire vere occasioni di crescita per gli allievi.

Il com­pito principale dell’insegnante di sostegno è proprio la creazione delle condizioni per socializzare e apprendere o, meglio, imparare a stare con gli altri, "imparare stando con gli altri e facendo con gli altri", nella convinzione condivisa che l’apprendimento non può prescindere ed esse­re avulso da un contesto relazionale, che si apprende per comunicare e che il rapporto con i pari è, a quest’epoca, determinante per la struttu­razione della personalità al fine di agevolare il suo difficile rapporto con le discipline, traducendo l’insegnamento disciplinare in insegnamento unitario.

Segui su Facebook le news della scuola e partecipa alle conversazioni. Siamo in 138mila

Ciò è possibile e auspicabile attraverso la mediazione didattica, ricercando e attivando le strategie più adatte. E’ un lavoro che richiede una continua sperimentazione e una illuminata creatività seppure mai nulla deve cedere all’improvvisazione o ad una pratica di routine. È il lavoro dell’insegnante, il suo ruolo, o meglio, la sua "funzione", termine che ne sottolinea maggiormente gli aspetti dinamici.

A tal proposito, condizione irrinunciabile è la motivazione dell’inse­gnante ad insegnare, motivazione da rinnovare quotidianamente per tollerare le inevitabili, spesso pesanti, frustrazioni alle quali va incon­tro il lavoro con i disabili a causa della lentezza e fatico­sità di ogni più piccolo progresso e di tutto il processo di maturazione e apprendimento.

Concludo con una metafora che traggo dall’ambiente musicale, il Bolero di Ravel, una bellissima esperienza musicale che comincia piano piano e, senza che ce ne accorgiamo, ci coinvolge in una celebrazione d’orchestra in cui vari strumenti sono in accordo reciproco, fino a una sonata d’orchestra.

Mi sembra che l’integrazione scolastica possa convivere bene con questo tipo di metafora: nasce nel piccolo e automaticamente, anche se non obbligatoriamente, si dovrebbe espandere ad una celebrazione d’orchestra.

Mi sono chiesto spesso durante questa esperienza se valesse la pena mettere in moto un processo così articolato per un solo alunno che magari abbandonerà la scuola per ritrovarsi in un ruolo scontato, che fin dalla nascita altri gli avevano destinato.

Ho spesso riflettuto se il raggiungimento degli obiettivi prefissati giustificasse il mettere in atto meccanismi e sinergie così complessi.
Poi ho guardato Martino negli occhi, occhi limpidi di bambino, quegli occhi verdi spesso tristi, che ti interrogano di tanti perché, ed ho trovato la risposta.

Si, ne vale veramente la pena, anche soltanto per ridare a quegli occhi il sorriso degli anni rubati e proiettarne lo sguardo lontano.
Vale sempre la pena "aiutare una crisalide a diventare farfalla, il mondo ha tanto bisogno di colori".

” non è possibile non comunicare, non esiste un non comportamento,
l’attività o l’inattività, la parola o il silenzio hanno tutti valore di messaggio".
P.Watzlawich

WhatsApp
Telegram

Abilitazione all’insegnamento 30 CFU. Corsi Abilitanti online attivi! Università Dante Alighieri