Cittadinanza e Costituzione: forse la insegneranno “figure di sistema”. Intervista a Luciano Corradini

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di Eleonora Fortunato – Ci sono almeno due domande che attanagliano i docenti di storia all’inizio di ogni nuovo anno scolastico: che progetti devo inventarmi per Cittadinanza e Costituzione quest’anno? Visto che si parla tanto di trasversalità, devo coinvolgere anche gli altri colleghi?

di Eleonora Fortunato – Ci sono almeno due domande che attanagliano i docenti di storia all’inizio di ogni nuovo anno scolastico: che progetti devo inventarmi per Cittadinanza e Costituzione quest’anno? Visto che si parla tanto di trasversalità, devo coinvolgere anche gli altri colleghi?

E, soprattutto, Cittadinanza e Costituzione può essere considerata una materia di studio se non compare nell’elenco delle discipline e se non sono tenuto a dare dei voti specifici? Per quanto nitida all’interno dei documenti legislativi fin dai tempi dell’Assemblea Costituente, la valorizzazione dello studio della Costituzione a scuola è una pratica ancora oggi delegata alla buona volontà dei docenti, inutile negarselo.

Luciano Corradini, professore emerito di pedagogia generale all’università Roma Tre e tra le tante cose ex vicepresidente del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e autore di numerosi saggi sull’etica pubblica e il suo legame con la scuola, si batte da anni affinché la nostra Carta fondamentale abbia il posto che le spetta nei curricoli scolastici. Nel 1996, ai tempi in cui lui stesso era sottosegretario all’Istruzione nel Governo Dini, e poi nuovamente nel 2009 con la Gelmini si andò vicini a colmare il vuoto legislativo in materia ma, come sappiamo, alla fine anche le Indicazioni Nazionali hanno dovuto fermarsi a una formulazione piuttosto generica, per quanto enfatica, del modo in cui la vecchia educazione civica dovrebbe entrare nell’offerta formativa.

Nessun accenno viene fatto, per esempio, alle “modalità con cui i docenti di storia e geografia o altri verificheranno le conoscenze e le competenze di quest’area” ci ha fatto notare Corradini in questa lunga intervista in cui, al di là delle formule e dei problemi più contingenti, è molto forte il richiamo a considerare la scuola come fondamentale leva democratica per il nostro Paese.

 

Professore, anche lei nei mesi scorsi è stato chiamato a dare il suo contributo al cantiere ministeriale del Governo Renzi sulla scuola. A quali esiti è approdata la Commissione di cui ha fatto parte? So che il suo gruppo ha consegnato al Miur un documento…

“Il documento finale, che la prof. Giustini ha consegnato al Capo dipartimento per l’istruzione, è articolato in quattro contributi, frutto del lavoro di quattro sottogruppi, che hanno riflettuto sui profili della professione docente, sul dinamismo della professionalità docente, sul cosiddetto Middle Management e sui profili preliminari alla dirigenza”.

Ha avuto modo di sapere se le indicazioni che ha dato verranno recepite dal Governo e dal Miur? Qual è la sua sensazione a riguardo?

“So che il nostro materiale è stato posto all’attenzione del cosiddetto ‘cantiere’ ministeriale. Penso che non dovrebbe tardare la comunicazione in proposito del Ministero col mondo della scuola, dato che il presidente del Consiglio non perde occasione per sottolinearne la centralità”.

Qual è stato il suo contributo specifico a questo documento?

“Ho cercato di risalire alle sorgenti pedagogiche e costituzionali della scuola e delle persone che la fanno esistere. La valorizzazione della professione docente e dirigente non può esaurirsi nel dibattito sulle formule contingenti e sulle risorse al momento disponibili, che sono poche, perdendo di vista le ragioni fondative e legittimanti di questa funzione. Le soluzioni organizzative, politiche e amministrative a problemi su cui da anni si discute invano sono necessarie, ma non vanno isolate dalla prospettiva di fondo che dà loro senso.

In sede di Assemblea Costituente si era capito che il progetto della costruzione di una repubblica democratica, giusta e pacifica, sulle macerie dello stato totalitario, non si sarebbe attuato magicamente solo in virtù di istituzioni legittimate dalle libere elezioni. Le promesse di futuro sarebbero state onorate solo se si fosse resa «consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano», come scrisse Moro in un odg approvato con prolungati applausi.

Ci si rivolgeva esplicitamente ai governanti e ai docenti, chiedendo che la Costituzione trovasse «adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado», perché i costituenti d’ogni orientamento culturale e politico erano in complesso convinti d’avere scoperto, pensando, discutendo, votando articolo per articolo quella Carta, il segreto per la crescita, prima di tutto interiore, della nuova realtà democratica.

Da allora ogni tentativo di trasformare in legge o in norma scolastica le migliori aspirazioni dell’Italia repubblicana ha citato ritualmente la Costituzione, anche quando non ha raggiunto gli scopi dichiarati, sul piano della normativa e su quello della prassi. Non si tratta ora di abbandonare come inutile retorica ciò che non ha dato i frutti attesi, ma di ripensare in diversi contesti le finalità, i diritti, i doveri, i valori, gli impegni previsti dall’intero disegno costituzionale, senza lasciarsi deprimere dalle inadeguatezze o dai tradimenti che s’incontrano ad ogni livello nella vita concreta della società e della scuola. Le carenze e i pericoli presenti richiedono un supplemento d’anima e di fiducia, per mobilitare le non molte energie creative ancora presenti nella società e nella scuola.

In sostanza l’etica pubblica, la deontologia professionale e lo statuto degli studenti non servono solo a fare dotte citazioni, ma sono risorse che danno senso e sostanza alla vita scolastica e a una didattica che, prive di queste "radici", rischiano di apparire inutili o indigeste a docenti e studenti.

Se queste considerazioni valgono per tutti i docenti, i dirigenti, gli Ata, la loro traduzione in concrete modalità operative comporta l’incontro e talora lo scontro fra concezioni e scelte fatalmente soggette a cambiamenti e ad approssimazioni. In effetti in un «sistema educativo di istruzione e formazione» com’è il nostro, ogni istituto autonomo è tenuto a curare e a sviluppare in modo equilibrato le dimensioni costituzionali della persona, del cittadino e del lavoratore. Un menu tutt’altro che precostituito e ‘a prezzo fisso’”.

Lei ha citato più volte la Costituzione. Le sembra ancora un documento utile, mentre in Parlamento si discute aspramente sul modo di rispettarla, di attuarla, di cambiarla? Sembra che si siano perse le convinzioni e lo stile dialogico dei Costituenti degli anni ’40 e che la scuola non abbia dato molto spazio allo studio della Costituzione.

“Pensiamo a come ci troveremmo se non avessimo la Costituzione o se la scuola la tenesse in cantina, come si fa con tanti beni culturali che non trovano posto nelle gallerie. Seguendo il filo dei tentativi fatti dagli anni ’40 in poi per valorizzare la Costituzione nella scuola, si trovano due interventi impegnativi sul piano normativo, che mi sembrano degni di una seria rivisitazione. Il primo è il dpr 585/1958, firmato da Aldo Moro, che introdusse l’educazione civica negli istituti e scuole d’istruzione secondaria e artistica; il secondo è l’art. 1 della legge 169/2008, firmato da Mariastella Gelmini, che ha impegnato il Ministero ad attivare «attività di sensibilizzazione e di formazione del personale (della scuola), finalizzate all’acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, delle conoscenze e delle competenze relative a "Cittadinanza e Costituzione", nell’ambito delle aree storico-geografica e storico sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse».

Il dpr Moro intendeva l’educazione civica 1) come clima culturale della scuola, ispirato alla Costituzione, 2) come esperienza di vita democratica, 3) come responsabilità di tutti i docenti, 4) come nucleo di argomenti affidati per due ore mensili, nell’ambito dell’orario in vigore, al docente di storia. Mi sembra un disegno nitido e solido, che dovrebbe essere rinforzato, come si cercò di fare con la direttiva 8.2.1996, n.58, non entrata in vigore per la caduta del governo Dini. Non adeguatamente compresa e sostenuta, l’educazione civica è stata silenziosamente accantonata, nonostante il varo della legge 169/2008. Questa, pur accompagnata da un Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di C&C (MIUR, 4.3.2009) e da una chiara circolare ministeriale in proposito (30 10 2010 n.86), manca tuttora di raccordi fra legge, Indicazioni nazionali e atti amministrativi che diano certezze e supporti validi alle scuole. C’è insomma un vuoto che va colmato. In fondo è questo uno dei casi in cui abbiamo la legge, ma non il decreto applicativo, o meglio la strumentazione amministrativa utile a realizzare le indicazioni generali della legge”.

Perché reputa lo statuto di Cittadinanza e Costituzione all’interno delle Indicazioni nazionali ancora insoddisfacente? Eppure il ruolo di questa ‘macro-area’ viene sottolineato con molta enfasi…

“Effettivamente ci sono, per esempio, nelle Indicazioni nazionali per il secondo ciclo (DPR 15.3.2010 n. 87,88 e 89) affermazioni forti come questa: «uno spazio adeguato dovrà essere riservato al tema della cittadinanza e della Costituzione repubblicana, in modo che, al termine del quinquennio liceale lo studente conosca bene i fondamenti del nostro ordinamento costituzionale, quali esplicitazioni valoriali delle esperienze storicamente rilevanti del nostro popolo, anche in rapporto e confronto con alcuni documenti fondamentali…). Non si dice però nulla sulle modalità con cui i docenti di storia e geografia o altri stabiliranno questo "spazio adeguato" e verificheranno le conoscenze e le competenze di quest’area. Discorsi analoghi si fanno nelle Indicazioni relative al primo ciclo, che fanno esplicito riferimento alle conoscenze degli articoli della Costituzione e alla promozione di comportamenti di cittadinanza attiva”.

In effetti c’è molta confusione su questo argomento all’interno dei Consigli di Classe: si dice che Cittadinanza è una materia trasversale e che tutti devono prioritariamente insegnarla. Trova che questo ragionamento sia convincente e soprattutto praticabile poi nei fatti? 

“Ha ragione. Ci sono scuole che hanno utilizzato l’autonomia costituzionalmente loro garantita per uscire dall’ambiguità, dando un carattere disciplinare a Cittadinanza e Costituzione, con un orario settimanale, che comprende sia l’insegnamento della Costituzione, sia iniziative di approfondimento dei valori costituzionali, prevedendo anche un giudizio specifico in pagella. Così ha fatto per esempio la scuola media di Ostia lido, con la preside Milena Nari. Mi pare che questa posizione sia legittima, anche se non tale da ridurre al silenzio eventuali obiettori, che rivendichino in merito piena libertà di movimento. Alcune scuole e alcuni docenti partecipano, con una o più classi, a concorsi ministeriali, in collaborazione con Camera e Senato, altri svolgono attività culturali e iniziative di grande interesse. Ma se non fanno nulla del tutto su questa tematica, nessuno chiede loro spiegazioni”.

Che cosa suggerisce per uscire dall’impasse?

“Ho analizzato le ragioni di questa incertezza, insieme normativa e culturale, in un piccolo libro, La Costituzione nella scuola. Ragioni e proposte, Erickson, Trento 2014. Ricordo che, secondo la citata CM 86/2010, si tratta sia di insegnare la Costituzione, sia di educare alla cittadinanza, con approccio integrato alle citate aree disciplinari e con approccio trasversale a tutte le discipline. Ma questa circolare, emanata per il 2010/2011, non è stata riproposta per gli anni successivi e adeguata alle nuove Indicazioni nazionali. L’attuale mancata menzione di Cittadinanza e Costituzione nell’elenco delle discipline non consente una piena attuazione di quanto previsto dalla legge. Le relative conoscenze e competenze dovrebbero essere oggetto di specifica denominazione (Storia e Cittadinanza e Costituzione), e pure di valutazione distinta, influente anche sul voto di comportamento. Le opportune affermazioni in proposito, fatte nella CM citata e nelle Indicazioni nazionali per il primo e per il secondo ciclo, dovrebbero riguardare anche gli esami finali, con prove e valutazione distinta”.

Quali obiettivi dovrebbe perseguire l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione?

“Anzitutto far conoscere, con approfondimenti e ampiezza di orizzonti proporzionati all’età dei ragazzi, in situazioni e con modalità pedagogicamente qualificate, sia i principi, i valori, i diritti e i doveri che ci competono in quanto persone, cittadini e lavoratori, sul piano familiare, associativo, locale, nazionale, europeo e mondiale, sia gli ordinamenti e le norme fondamentali che caratterizzano la nostra "cittadinanza plurale", attraverso l’accostamento e lo studio della storia, della geografia, del diritto e dell’economia (dove presenti), anche con riferimenti alla cronaca e alla vita quotidiana, in costante riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani e alla Costituzione italiana.

In secondo luogo promuovere iniziative di vita sociale, di lavoro comune e di partecipazione per motivare i ragazzi a vivere la cittadinanza attiva, in riferimento alle competenze sociali e civiche, così come sono analiticamente presentate nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18.12.2006.

In terzo luogo aiutare i ragazzi a conoscere se stessi e gli altri e a utilizzare le esperienze vitali e la cultura, per affrontare i compiti di sviluppo che devono in qualche modo risolvere per crescere e per concorrere a vincere le sfide poste dai problemi inediti che dovranno affrontare. Penso anche alle tematiche interessanti dei vissuti e delle esperienze di vita dei ragazzi, in rapporto a tutto ciò che fa problema e che va affrontato con discrezione e ragionevolezza.

In quarto luogo distinguere il ruolo, i valori e i limiti delle norme esistenti (rispetto consapevole della legalità), comprendere i limiti e la necessità delle istituzioni e dell’impegno politico necessario a farle funzionare e a renderle migliori, facendosi carico, anche in termini di volontariato, dei beni comuni che sono necessari per raggiungere più efficacemente le finalità degli ordinamenti e in sintesi per vivere in un mondo più libero, giusto e felice, per quanto umanamente possibile”.

Di quali ambiti/contenuti si dovrebbe occupare?

“Mi riferisco alle categorie utilizzate nel Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, presentato con enfasi dal ministro Gelmini, il 4.3 2009, ma poi non più utilizzato dal Ministero. Si tratta di riflessioni su 1) dignità umana, in sé e negli altri, con approfondimenti storici, giuridici, politici, psicologici, etici; 2) identità e appartenenza, con successive prese di coscienza e di responsabilità, relative ai diversi ambiti dell’esperienza umana; 3) alterità e relazione, con i relativi momenti di estraneità, d’incontro e di scontro, di competizione e di cooperazione; 4) partecipazione, in relazione a tutti gli ambiti e livelli di vita sociale e istituzionale”.

Da quali soggetti dovrebbe/potrebbe essere gestita all’interno dell’ambito scolastico?

“Occorre una presa di coscienza comune fra docenti del collegio e del consiglio di classe, del ruolo fondativo e strategico che deve svolgere la Costituzione nella scuola. Singolarmente e collegialmente potranno concorrere, ciascuno con la propria sensibilità e con la propria competenza disciplinare, a dare consistenza formativa alle categorie sinteticamente enunciate negli ambiti/contenuti indicati. Occorre però identificare un referente comune, che potrebbe essere l’insegnante di storia e, dove esiste, quello di diritto, perché i docenti possano identificare insieme i bisogni formativi dei diversi ragazzi e i diversi compiti che vanno assunti dalla scuola per rimediare alle relative carenze, in termini di conoscenze, di atteggiamenti e di comportamenti. Non si può fare tutto, ma avendo in mente questi orizzonti culturali unificanti, leggibili nei chiari documenti etico-giuridici fondamentali di cui si dispone, si possono perseguire con ragionevolezza gli obiettivi generali previsti dalla legge e dai documenti che ho citato”.

Pensa insomma che Cittadinanza e Costituzione debba diventare una disciplina vera e propria? Chi dovrebbe insegnarla?

“Dovrebbe essere non solo, ma anche una disciplina, sia pure con orario minimo: una disciplina in cui si studia, si riflette e si cerca di collegare principi, norme, atteggiamenti e comportamenti. Quanto al nome, ricordo che ci si abilita all’insegnamento della storia, avendo nel programma anche l’educazione civica, tanto più importante, dice il relativo decreto, dopo il varo della legge 169, che impegna il personale della scuola a promuovere "conoscenze e competenze" relative a Cittadinanza e Costituzione.

Il quadro di riferimento, da aggiornare ma non da considerare superato, mi sembra ancora quello del 1958, che allora si chiamava storia e educazione civica”.

Può citarci esperienze di territori in cui si è compiuto o si sta compiendo qualche passo in avanti su questo argomento?

“Per colmare il vuoto normativo che ho citato, la Direzione generale dell’USR Lombardia ha ufficializzato (Prot. MIUR AOO DRLO R.U. 2614 del 12.2.2014) un ampio documento dal titolo Linee d’indirizzo per Cittadinanza e Costituzione (C&C). Contiene chiarificazioni concettuali, sulla base di una lettura puntuale della normativa esistente e di un monitoraggio su quanto avviene in proposito nell’ambito delle scuole lombarde. Il quadro entro cui l’iniziativa si viene sviluppando è quello delle 23 reti generaliste di scuole di ambito provinciale, ciascuna delle quali sta istituendo anche "tavoli tematici", tra cui può trovare spazio anche C&C. L’USRL citato ha poi istituito e gestito un corso, destinato prevalentemente agli insegnanti delle scuole che ogni rete provinciale ha individuato come propri referenti per l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Hanno aderito e partecipato volontariamente 180 docenti lombardi, per quattro incontri pomeridiani”.

Le pare che si possa andare nella direzione della creazione di ‘figure di sistema’ specifiche per questo compito? Come pensa che potrebbero o dovrebbero operare? 

“L’obiettivo dichiarato è proprio quello di formare «figure di sistema», cioè una rete di docenti esperti impegnati a interconnettersi con i referenti di ogni scuola delle rispettive reti, in vista di una corretta attuazione di quanto previsto dalla legge 169/2008. Questa iniziativa, di cui è prevista la prosecuzione per un secondo anno, può essere intesa come anticipazione sperimentale di un auspicabile provvedimento di ambito nazionale in proposito.

Il direttore generale ha precisato che «Cittadinanza e Costituzione» rappresenta, insieme a «Successo scolastico e formativo» e a «Le tecnologie e la didattica per la scuola», uno dei tre ambiti strategici individuati per l’azione formativa dell’USRL.

E’ noto che, fra gli anni ’80 e ’90, Parlamento, Ministero e scuole sono stati indotti a rispondere ad una serie di "emergenze" sociali, o con progetti specifici o con le cosiddette "educazioni aggiunte", che fecero perno sull’educazione alla salute e sui progetti Giovani, Ragazzi, Genitori, Arcobaleno. Non essendo possibile trovare per esse uno spazio curricolare adeguato, si è finito per lasciarle fuori, per concentrarsi sulle materie vere, che per molti sono solo quelle produttive di competenze subito spendibili nel mercato del lavoro.

Un intervento organico su questa materia, a partire da C&C, valorizzerebbe le persone motivate e competenti, che operano già validamente nella scuola, aiutandole ad attuare nei rispettivi consigli di classe e con i referenti delle reti di scuole, quelle iniziative di sensibilizzazione e di formazione civico-politica di cui il nostro Paese ha bisogno, non meno che di edifici scolastici sicuri”.

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