Ancora due episodi di discriminazione nei confronti di docenti omosessuali

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Un maestro di danza umbro con 12 anni di esperienza e cinque anni di lavoro alle spalle si è dimesso dall'incarico dopo che un gruppo di genitori ha inviato una lettera al dirigente scolastico definendolo "non adatto all'insegnamento perché non in possesso dei requisiti necessari".

Lo rende noto il Circolo Mario Mieli aggiungendo che nella risposta inviata al preside, il giovane maestro spiega che i genitori criticano la  sua vita privata e sul suo stile di vita, attribuendo alla propria omosessualita' il reale motivo della lettera.

Un maestro di danza umbro con 12 anni di esperienza e cinque anni di lavoro alle spalle si è dimesso dall'incarico dopo che un gruppo di genitori ha inviato una lettera al dirigente scolastico definendolo "non adatto all'insegnamento perché non in possesso dei requisiti necessari".

Lo rende noto il Circolo Mario Mieli aggiungendo che nella risposta inviata al preside, il giovane maestro spiega che i genitori criticano la  sua vita privata e sul suo stile di vita, attribuendo alla propria omosessualita' il reale motivo della lettera.

 "Riteniamo questo accaduto un fatto gravissimo – ha commentato Andrea Maccarrone, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli – e' impensabile che nel 2014 dei genitori possano porre un veto su un insegnante in base al suo orientamento sessuale. Pare infatti evidente che a infastidire i genitori sia stata proprio l'omosessualita' del maestro, visti gli attestati professionali ineccepibili e la durissima presa di posizione della scuola che ha deciso di non portare avanti il corso senza di lui". "Chiedere l'allontanamento di un insegnante in base a un giudizio sul suo stile di vita – conclude Maccarrone – non e' soltanto un atto inaccettabile atto discriminatorio di matrice omofoba, ma una posizione contraria al buon senso e alla missione educativa della scuola che deve guardare alla qualita' dell'insegnamento, alla continuita' educativa e trasmettere una cultura positiva delle differenze".

"Desidero esprimere tutto il sostegno di Arcigay a Davide Zotti, l'insegnante che a Trieste ha tolto il crocefisso dall'aula del liceo nel quale insegna, e nel contempo tutta la nostra solidarietà all'insegnante di danza che in Umbria è stato costretto a rinunciare al suoi incarico, perché discriminato dai genitori in quanto omosessuale": Così si è espresso Flavio Romani, presidente di Arcigay.

"Questa mattina – riferisce Zotti – sono entrato nella mia classe e ho tolto dal muro il crocifisso, perché ieri per l'ennesima volta un importante esponente della gerarchia cattolica, sul Corriere della Sera, ha ribadito le posizioni omofobiche della Chiesa, affermando che l'omosessualità non è conforme alla realtà dell'essere umano. Nulla di nuovo – dice Zotti – ma non per questo meno grave. Come docente e omosessuale non posso più accettare di svolgere il mio lavoro in un luogo, l'aula, segnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica, che continua a calpestare la mia dignità di persona omosessuale. Non intendo più insegnare sotto un simbolo che rappresenta un’istituzione che continua a delegittimare la mia persona e quindi il mio stesso ruolo educativo. Ho scelto la disobbedienza civile – dice l'insegnante – con tutte le conseguenze che ne deriveranno, in quanto il nostro Stato non ci tutela da chi ci discrimina, anzi garantisce, in un ambito che dovrebbe essere laico, come la scuola pubblica, la presenza simbolica e di fatto di una Chiesa che non perde giorno per insultarci, in quanto persone che rivendicano diritti individuali e sociali. Mentre pagherò di persona le conseguenze del mio gesto, i rappresentanti delle più alte gerarchie della Chiesa cattolica potranno continuare indisturbate a fare dichiarazioni discriminatorie e lesive della nostra dignità".

"Il gesto di Davide Zotti – sottolinea il presidente Romani – merita tutto il nostro sostegno, perché si fa carico di sottolineare una discriminazione che è allarmante nel nostro Paese, perché coinvolge un ambito, la scuola, a cui le istituzioni dovrebbero rivolgere massima attenzione. invece non è così – dice Romani – e il caso dell'insegnante umbro costretto a lasciare il proprio lavoro ne è l'ennesima, avvilente, dimostrazione".

 

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