150mila assunzioni. Mobilità sia scelta non coatta, istituire anno sabbatico per gli insegnanti

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Al giudizio impietoso verso un programma di riforma sulla scuola che ‘semplicemente non esiste’, Libero Tassella, fondatore di Professioneinsegnante.it, mescola anche tante proposte.

Al giudizio impietoso verso un programma di riforma sulla scuola che ‘semplicemente non esiste’, Libero Tassella, fondatore di Professioneinsegnante.it, mescola anche tante proposte.

Abbiamo analizzato quelle che ci sono parse più significative, soffermandoci in particolare sul sistema della Graduatoria Unica Nazionale, sui quattro periodi sabbatici per l’aggiornamento professionale e sul ripristino di una canale di passaggio privilegiato, con concorsi riservati, dalla docenza di scuola a quella universitaria.

Professor Tassella, da molti anni lei si occupa di precariato scolastico e spesso ha suggerito soluzioni e modelli per porvi rimedio. La medicina individuata da Renzi a quali condizioni potrà dimostrarsi veramente efficace? Condivide anche lei il timore che le 150.000 assunzioni svuota-Gae possano bloccare anziché accelerare il processo di rinnovamento della scuola italiana?

“Il precariato è stato visto per decenni come condizione strutturale del reclutamento della docenza in Italia. Quarant’anni di graduatorie e concorsi indetti ogni dieci e più anni hanno alimentato intorno a questo fenomeno un sistema clientelare irto di contraddizioni, per la felicità di sindacati e avvocati, rettosi per decenni su interessi politici, sindacali, legali. Pensi, ad esempio, a quanti a vario titolo hanno sfruttato questo “mercato” per vendere punti; pensi alle scuole non statali, con lo scambio punteggio-servizio senza la giusta remunerazione o senza remunerazione alcuna; pensi alle Università, agli enti, ai consorzi, alla vendita punti per perfezionamenti e specializzazioni.

Ecco perché ho sempre pensato ad una riforma globale e sistemica del reclutamento che ponesse fine al precariato strutturale, con la fine delle graduatorie, il blocco dei concorsi, l’esaurimento delle liste di attesa in saecula saeculorum, lo scorrimento delle stesse, su tutti i posti disponibili e vacanti e non su aliquote, a livello nazionale e non provinciale, ma con il diritto a scelte territoriali annuali da parte degli aspiranti; la fine, a graduatorie esaurite, del doppio canale di reclutamento fifty-fifty e finalmente l’avvio di un sistema di concorsi a cattedra nazionali per esami e titoli, svolti con regolarità ogni tre anni, con prove preselettive di tipo psicoattitudinale l’abilitazione come requisito di accesso.

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Ecco perché l’impianto della Buona scuola mi convince solo nella sua parte iniziale, quella relativa al reclutamento, anche se poi è facile capire come le due parti successive e collegate alla prima siano a dir poco inquietanti. Si pensi solo alla conferma che le retribuzioni resteranno immutate ancora per molti anni, al blocco del contratto fino al 2019 e a quello degli scatti fino al 2018, cioè miliardi di euro sottratti a tutti i docenti, a partire dagli stessi neo-immessi in ruolo, che dovrebbero finanziare il reclutamento-evento di Renzi. Con il solito sistema delle riforme che vengono finanziate con i tagli, una sorta di baratto di diritti. Non mi convince poi la deportazione coatta di aspiranti al ruolo; nel mio sistema della graduatoria ad esaurimento nazionale (GEN) con libere opzioni territoriali, che i lettori di OS possono trovare su ProfessioneInsegnante, ho previsto la scelta e non l’obbligo alla mobilità”.

La sua proposta di una graduatoria unica è in netta controtendenza con quanto, invece, si va prospettando negli ultimi tempi, cioè la creazione di sistemi regionali, soprattutto dopo lo ‘choc’ dell’ultimo esodo da Sud a Nord in occasione dell’aggiornamento delle Gae. Come motiva questa sua posizione?

“Il reclutamento avviene su organici definiti nella scuola ogni anno e non garantisce più un reclutamento di tipo territoriale (provinciale o regionale), come invece accadeva fino ad una decina di anni fa, mentre le graduatorie provinciali sono diventate delle gabbie di disoccupazione, un vero e proprio tappo. Le graduatorie ad esaurimento non possono che essere nazionali, altrimenti non si esauriranno mai soprattutto per alcuni insegnamenti e in alcune realtà territoriali del Paese, ma si “esauriranno” con una crisi di nervi coloro che vi sono dentro nell’attesa eterna di stabilizzare la propria posizione lavorativa. Per un’ ipotesi organica e analitica sulla GEN con libere opzioni territoriali da esercitare ogni anno dopo i trasferimenti dei docenti di ruolo, invio i lettori di Orizzonte Scuola alla proposta che si trova sul sito di Professione Insegnante. Del resto, converrà con me, in un piano nazionale di immissioni in ruolo che voglia esaurire in un anno, massimo in due, le graduatorie e non produrre altro precariato in decennali liste di attesa, sia le graduatorie ad esaurimento sia quelle dei concorsi devono essere di livello nazionale.

Si va dove c’è il lavoro, ma lasciando la possibilità, a chi vuol restare precario per vari motivi, di rimanerci a vita se non vuole spostarsi dal suo paese e dai suoi affetti, come è contemplato nella mia proposta”.

In un suo recente intervento ho letto che ritiene fondamentale che le chiamate in ruolo vengano fatte su cattedre vacanti, pena la creazione di un organico funzionale ‘pletorico’. In che modo sarebbe praticabile l’ipotesi da lei individuata?

“Sì, è necessario altrimenti sconteremo una nuova stagione di soprannumerari, classi di concorso in soprannumero, di tagli di organico indiscriminati, di paragoni in negativo con altri paesi sul rapporto insegnanti/alunni, con un organico a fisarmonica che prima si allarga pletoricamente e poi si restringe a seconda dell’opportunità, della convenienza politica ed elettorale del momento. Le immissioni devono avvenire su posti d’insegnamento veri e concreti, lo stato deve proporre posti di insegnamento e non surrogati, posti di supplenti o di tuttofare agi ordini del DS e della sua corte. Ecco perché io credo che le immissioni in ruolo, per esaurire le graduatorie in soli due anni, debbano essere effettuate sul turn over, favorendo il pensionamento di migliaia di insegnanti entrati nella scuola molti anni fa, in un’altra scuola, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, ora bloccati loro malgrado dalla legge Fornero e che potrebbero essere collocati in pensione entro il 31.8.2015 o ‘16, con la revisione della richiamata norma del 2011”.

Nella stessa nota scriveva che sarebbe importante ridurre la distanza cronologica, culturale e antropologica tra docente e discente. Che cosa vuole dire?

“Semplice, il reclutamento ha un senso soprattutto se è un investimento per un rinnovamento sostanziale e globale del personale docente e in generale della qualità della scuola e non solo per risolvere il problema della disoccupazione intellettuale. Oggi c’è una distanza cronologica, generazionale e culturale enorme tra insegnanti ed alunni, l’ha mai vista una bimbetta di cinque anni della scuola dell’infanzia con un’insegnante di 60 anni? Sessanta anni di differenza, la storia d’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, e soprattutto abbiamo bisogno di una nuova generazione di insegnanti che siano aperti alle novità, capaci di vivere e far vivere la rivoluzione tecnologica degli apprendimenti nelle classi e nei laboratori digitalizzati. E questo lo pretenderemmo da insegnati ultra sessantenni stipati in organici pletorici? Inoltre, c’è la grande rivoluzione pedagogica da compiere, quella di passare lentamente dalle classi ai laboratori, per non dire, per quanto riguarda gli organici, della revisione del numero di alunni per classe e dell’incremento di offerta formativa in alcune aree del nostro Paese, penso al Sud e alle Isole”.

E’ favorevole ai finanziamenti dei privati nella scuola statale? L’innovazione tecnologica potrebbe trarre da questo canale un importante apporto di risorse e know-how.

“La scuola è un’istituzione pubblica, le scelte, i finanziamenti, la governance, le priorità, la formazione degli insegnanti, devono restare pubbliche, quindi la mia risposta è decisamente no! Sono in controtendenza con le istanze neoliberiste dell’attuale governo di centrosinistra”.

Ha parlato di anno sabbatico e di ripristino di un canale di passaggio dall’insegnamento scolastico a quello universitario. Altre realtà associative o sindacali condividerebbero secondo lei simili rivendicazioni? E’ una battaglia che si potrebbe in qualche maniera iniziare?

“Veramente prevedo ben quattro momenti sabbatici, con esonero dall’insegnamento, svolti presso altre scuole, centri di ricerca educativa e di formazione, scuole anche straniere; abbiamo bisogno di insegnanti che periodicamente si aggiornino lungo tutto l’arco della loro vita professionale. Per un professionista l’aggiornamento è l’essenza stessa del suo lavoro. Per me il merito non è un tabù come per certe realtà associative e/o sindacali: è purtroppo il carrierismo affidato al DS che, mettendo in competizione gli insegnanti, potrebbe generare nelle scuole un flusso clientelare senza fine, con un proliferare di vertenze e una caduta del già precario livello qualitativo della scuola. Un meccanismo che non convince neppure dal punto di vista costituzionale. Ripeto, un vero inferno che va combattuto da subito: sulla rete lo abbiamo fatto con 42.000 firme dopo le scomposte rivelazioni del sottosegretario Reggi a Repubblica: questa organizzazione delle scuole autonome non farebbe altro che farle sprofondare nel caos, un meccanismo perverso , “incubato” da chi di scuola capisce poco e /o è vittima di un chiaro pregiudizio nei confronti della docenza. Per quanto riguarda il merito, premesso che lo scatto per anzianità, ovunque previsto, è elemento contrattuale irrinunciabile, prevedo la possibilità, attraverso prove di verifica concorsuali gestite da enti esterni, nazionali ed internazionali e a livello centrale, di dimezzare il percorso della carriera economica (a 15/20 anni) con l’utilizzo vincolato da parte dell’amministrazione di questi insegnanti selezionati ad esempio o in scuole di eccellenza o in scuole che insistono in area a forte rischio di dispersione o di abbandono o in altro. Quello che poi lei ricordava: per me il merito nell’insegnamento è anche la possibilità da parte degli insegnanti di tutti gli ordini e gradi di poter transitare tramite esami riservati nelle Università. Bisogna ripristinare un canale di passaggio dall'insegnamento scolastico a quello universitario, prevedendo non solo un incremento di istituti quali distacchi, comandi, ma pensando ex novo a concorsi riservati agli insegnanti: nelle scuole ci sono moltissime eccellenze, a volte neglette, che potrebbero transitare nella docenza universitaria, la quale si avvantaggerebbe così di professionisti dell'insegnamento esperti nella didattica oltre che negli specifici settori disciplinari”.

Qual è il suo giudizio di sintesi sulla proposta di riforma pensata dal Governo Renzi?

“In sintesi le rispondo come il segretario generale di un sindacato della scuola: la Buona Scuola semplicemente non esiste, è il nulla; per me è un’ operazione di marketing con un fine neanche tanto nascosto di programma non di legislatura ma elettorale”. 

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