Di Meglio (Gilda): ore buca vanno retribuite, per progetti docenti sottopagati e l’aggiornamento va retribuito. Docenti delle scuole

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Altro che quaranta ore. Altro che docenti che abbandonano la partecipazione a un progetto perché eccedente le 40 ore. Semmai i docenti sono sempre più schiavi delle scuole, che li fagocitano oltre l’orario di servizio.

Altro che quaranta ore. Altro che docenti che abbandonano la partecipazione a un progetto perché eccedente le 40 ore. Semmai i docenti sono sempre più schiavi delle scuole, che li fagocitano oltre l’orario di servizio.

Parola di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda FGU, che ha contestato le dichiarazioni di Mario Rusconi, vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Presidi. Di Meglio parla addiritura di lavoro “nero” nelle scuole, nel senso che i docenti svolgono attività che, secondo le norme comunitarie regolarmente recepite e non da ora dalla legislazione italiana, dovrebbero essere retribuite e che invece non lo sono. Come le ore buca. Nei giorni scorsi, Rusconi aveva detto che “pensare che con le attuali 40 ore annuali di ogni docente si possa fare innovazione formativa lavorando in ambito collegiale e confrontandosi con i colleghi è un'illusione smentita dalla realtà di ogni giorno”. Inevitabilmente, aveva aggiunto il dirigente, “ci si imbatte, infatti, in docenti che, anche nel momento clou di un progetto, interrompono la loro partecipazione perché eccedente rispetto alle 40 ore”.

Che cosa pensa lei, di questa dichiarazione, professor Rino Di Meglio?

“Ma a pare una dichiarazione fantasiosa di chi non sa cosa avviene nelle scuole. Intanto le 40 ore non c’entrano nulla con i progetti. Sono cose diverse. Le 40 ore servono ad esempio per tenere i rapporti famiglie, per i consigli di classe, di intersezione, ecc. Invece i progetti sono concepiti e finanziati con il Fondo d’istituto e non mi risulta che qualcuno li interrompa perché scadono le 40 aore. Anzi…”

Anzi…?

“Anzi i colleghi spesso sono sottopagati. Infatti queste attività sono retribuite con compensi forfetari e alla fine, se andiamo a vedere il compenso orario che viene loro corrisposto, scopriamo che prendono meno di una colf. Peraltro, i progetti di innovazione vengono confusi con le 40 ore ed è notorio che i colleghi ormai passano la vita a scuola”.

Lei è critico anche verso la gestione delle cosiddette ore buche.

“L’organizzazione dell’orario scolastico è sempre più contrassegnata dai buchi orari. I docenti magari hanno una mattinata di quattro ore di insegnamento ma in realtà non fanno quattro ore di lavoro visto che restano schiavi dei buchi tra un’ora e l’altra, che non sono compensate in alcun modo. Sono delle pause forzate”.

Qual è la definizione dell’orario di lavoro per i docenti?

“L’ha data l’Unione Europea, con una direttiva: è orario di lavoro tutto il tempo che il prestatore trascorre a disposizione del datore di lavoro. Allora quando io non ho una pausa sufficiente per fare altro di personale, finisce che sono costretto a svolgere un orario di lavoro mascherato”.

Lei quindi ribalta la presa di posizione di Rusconi.

“Io penso che i colleghi delle varie scuole abbiano spirito di sacrificio e facciano molto di più di quello che sono tenuti a fare”.

Qualcuno ha sollevato la questione più specifica dei buchi orari necessari per consentire ai docenti che lavorano su più plessi o istituti di raggiungere la sede.

“Quando si hanno due plessi alla primaria o più istituti alle medie o superiori, il problema che si pone è enorme. Esiste pure nel caso del docente di sostegno che pur di ruolo sia assunto su tre plessi. In questi casi le pause dovrebbero essere conteggiate come orario di servizio e invece non succede”.

C’è una sentenza? Esiste un diritto da far valere in questi casi?

“Se ci si confronta con la direttiva Ue citata prima, la risposta è che il diritto esiste. La sostanza del discorso è, per rispondere a Rusconi, che gli insegnanti molto spesso sono schiavizzati nelle scuole e tutto diventa obbligo”.

Veniamo al diritto all’aggiornamento, che la legge 107 trasforma in obbligo.

“E’ vero, la legge impone l’aggiornamento come obbligatorio, ma questo mica vuol dire che non sia a pagamento. Mica è gratis. Non si può certo obbligare il lavoratore a lavorare gratis”.

Come dire che l’aggiornamento non rientra nella funzione docente.

“Esatto, l’aggiornamento non rientra nella funzione docente. Vede, il contratto si divide in tre capitoli. Il primo capitolo concerne le ore di insegnamento, e questo è molto lineare. Il secondo capitolo riguarda la funzione docente e dietro c’è una logica che richiama le attività connesse alla funzione che non si possono quantificare. Si pensi alla correzione dei compiti, la preparazione individuale, la partecipazione esami e scrutini e altro. Il terzo capitolo concerne i rapporti con le famiglie e la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali, i rapporti individuali con i genitori su appuntamento, anche se c’è spesso la consuetudine a imporre l’ora settimanale. Tutto il resto rientra nelle attività aggiuntive, è quello che volgarmente si definisce lavoro straordinario e che il datore avrebbe l’obbligo di retribuirmi”.

Quindi l’aggiornamento è obbligatorio ma pure retribuito

“Esatto. Ripeto: la legge 107 ha trasformato il diritto all’aggiornamento in obbligo, ma questo non vuol dire che si possa imporre di aggiornarsi gratis”.

Tutto questo è pacifico (o si devono prevedere vertenze)?

“Sono studioso del diritto amministrativo e del diritto del lavoro e quando è stata redatta la legge 107 mi sono messo a studiare a fondo questa questione…”.

La norma che stabilisce che la legge (107) prevale sulle clausole del contratto se incompatibili non c’entra nulla, su questo fronte?

“No. Altrimenti vorrebbe dire che non esiste nel contratto individuale una determinazione dell’orario di lavoro. Il che è impossibile giuridicamente”.

Rusconi si chiede anche “come mai i vivaci avversari della 107 in tutti questi anni non si sono battuti per un'effettiva introduzione del diritto-dovere all'aggiornamento di ogni docente, espunto dai contratti nazionali di lavoro da circa 20 anni? Non è stato forse questo un modo di considerare gli insegnanti degli impiegati di serie B?”. Che cosa risponde?

“Rusconi allude evidentemenete al fatto che un tempo occorreva fare aggiornamento per poter passare al gradone stipendiale superiore. L’amministrazione statale tuttavia non ha mai stanziato nelle leggi di bilancio risorse sufficienti per pagare i corsi e le ore di aggiornamento degli insegnanti. Che cosa andiamo a trattare come sindacato se non c’è il denaro? Poi, mi lasci dire, Rusconi non è che rappresenti lo Stato. Rappresenta l’Associazione nazionale presidi, che è un sindacato. Vuol dire che al tavolo del sindacato rappresenta le istanze dei presidi. Se ci sono delle colpe, tutti hanno delle colpe…”.

Al di là delle recriminazioni reciproche, lei ritiene che gli insegnanti, nei fatti, si aggiornino davvero e sempre?

“Non sempre. Perché non sempre ci sono le risorse a disposizione. Ora c’è la card dei 500 euro, forse una delle poche novità positive introdotte dalla legge 107”.

Come si stanno usando questi soldi, secondo lei?

“Non abbiamo notizie certe in merito, c’è un sentore indiretto. Ci sono tanti modi per spendere questi soldi in maniera proficua. Ho anche sentito di pressioni da parte di una scuola perché si lascino i soldi all’istituto per l’acquisto delle Lim, ma sarà un caso, non è certo la normalità”.

Paola Mastrocola nel suo libro “La passione ribelle” denuncia che oggi non si studia più e che molti insegnanti non si aggiornino proprio a causa del tempo rubato dalla burocrazia scolastica.

“La preoccupazione è proprio questa. Gli insegnanti di oggi sono oppressi dalla burocrazia e le perdite di tempo incidono sull’aggiornamento e sulla dedizione agli alunni. Ho parlato con una collega austriaca che è venuta a insegnare in Italia delle differenze tra il fare scuola in Austria e in Italia. Mi ha detto che il rapporto con gli alunni è uguale. Invece è rimasta colpita dalle perdite di tempo in riunioni inuituili e nelle scartoffie. In effetti, non è detto che tutto questo agitarsi migliori la qualità della scuola”.

Un’ultima questione, di ancor più stretta attualità. Qual è il suo pensiero sul caos potenziatori?

“C’è di tutto e di più. In molti casi le scuole avevano bisogno di taluni insegnanti e invece sono arrivati degli altri.

Sarà un problema contingente legato all’esordio della novità. C’è tutto il tempo per fare in modo che l’anno scolastico prossimo possa partire in maniera più razionale.

“Me lo auguro, ma la vedo complicata. Non so se le assunzioni possono corrispondere alle esigenze delle scuole. Ci sarà nel frattempo una mobilità territoriale ma se mancano insegnanti di lingue alle medie o addirittura insegnanti nelle scuole primarie come vedo in vaie zone del Nord, come si può risolvere? Peraltro, la maggior parte dei docenti neoassunti arriva da zone del Sud e con la mobilità ambisce ad vvicinarsi a casa, dunque non è detto che vadano là dove serve”.

Di chi è la responsabilità?

“Non voglio buttare la croce su nessuno. Non era una cosa semplice stabilizzare i precari e al contempo rispondere ai bisogni delle scuole”.

Si è sbagliata strategia?

“Sì. Se come sindacati avessimo avuto la possibilità di ragionare assieme al governo, se ci avessero ascoltati, forse avremmo potuto essere d’aiuto visto che le scuole le conosciamo meglio di chi ha scritto queste norme”. 

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