Ma quale maturità, 1 su 4 punta dritto al test

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Tanti gli aspiranti camici bianchi che si concentrano più sull’ammissione che sull’esame di Stato, tendenza che si avverte anche tra chi tenterà la prova per altri corsi di laurea. I ragazzi sono consapevoli che la loro partita si gioca ai test di ingresso, la scuola non tanto: il 53% racconta di non essere supportato nella sua preparazione. “Il problema? La scuola non certifica il merito”, spiega Abravanel. Dati Skuola.net in collaborazione con UnidTest.

Tanti gli aspiranti camici bianchi che si concentrano più sull’ammissione che sull’esame di Stato, tendenza che si avverte anche tra chi tenterà la prova per altri corsi di laurea. I ragazzi sono consapevoli che la loro partita si gioca ai test di ingresso, la scuola non tanto: il 53% racconta di non essere supportato nella sua preparazione. “Il problema? La scuola non certifica il merito”, spiega Abravanel. Dati Skuola.net in collaborazione con UnidTest.

Roma, 15 marzo 2016 – Tra i banchi delle quinte è iniziata una vera e propria rivoluzione. In attesa che la politica riformi l’Esame di Stato in modo che il voto possa essere utile ai fini dell’ammissione universitaria, i maturandi puntano dritti al test di ingresso, guardando ben oltre una maturità che fa sempre meno paura. Sono consapevoli che è lì che ci si gioca il futuro, ma la scuola non li segue: il 53% delle aspiranti matricole racconta di non ricevere dai prof nessun aiuto nella preparazione ai test. Allora 1 su 2 ha iniziato a studiare da solo, e di questi, addirittura 1 su 3 dall’inizio dell’anno scolastico. E’ quanto emerge da un’indagine di Skuola.net in collaborazione con UnidTest (link utile >> http://www.unidformazione.com/test-di-ammissione/) su un campione di circa 2500 maturandi che, con un’infografica, traccia l’identikit del maturando in preparazione ai test di ingresso.

L’inversione di tendenza è capeggiata da chi sogna un futuro in stile Grey’s Anatomy: si tratta di chi tenta i test di Medicina e Odontoiatria, ma anche di coloro che puntano sulla prova di Veterinaria. Tra i primi, forse a causa della difficoltà dei quesiti e l’agguerrita concorrenza, è ben 1 su 4 circa a essere più focalizzato sul test che non sull’esame di Stato. Percentuale addirittura più alta quando parliamo di chi sogna Veterinaria: in questo caso si tratta addirittura 1 maturando su 3. “Per il lavoro e per l’università in generale la maturità significa molto poco – dice Roger Abravanel, saggista ed editorialista de Il Corriere della Sera – La scuola non certifica il merito e le università si sono inventate quei test d’ingresso che ho chiesto al ministro di abolire, ma che sono molto importanti per i ragazzi. I più informati iniziano addirittura a svolgerli in quarto superiore”.

Un’ansia da test che si tiene a bada solo studiando. Il 65% di chi tenterà la prova di Medicina ha già iniziato la preparazione, per Veterinaria si scende al 58%, ma anche chi sogna l’accesso negli altri corsi di laurea sta lavorando sodo. Come? Il più delle volte affidandosi a libri specializzati, lo strumento più diffuso soprattutto tra gli aspiranti medici, architetti e professionisti della sanità visto che li sceglie la metà di loro. Invece ci si affida alle sempre più diffuse simulazioni online soprattutto tra i futuri ingegneri, mentre i corsi restano appannaggio solo di pochi: li sceglie appena il 17% di chi si prepara al test di Medicina e il 10% di chi si giocherà il suo futuro con le prove degli altri corsi. Addirittura, tra chi sogna di diventare veterinario li frequenta solo il 2%.

Quale che sia la prova da affrontare, poco importa: il 57% degli intervistati sceglie la sua strada sulla scia delle passioni, arrivando al 70% per i più motivati che sognano di entrare a Medicina o Veterinaria. Il test di Economia è la sola eccezione che conferma la regola: oltre 1 su 3 – la maggioranza – di chi lo tenta è spinto dalle ipotetiche maggiori prospettive professionali.

Quasi l’80% degli intervistati conta di provare due o più test: vista l’incertezza, il piano B è quasi una scelta obbligata. E non è una questione di bravura: anche i maturandi del test di Medicina, la cui maggioranza (30%) mira a diplomarsi con 100/100 e lode, contano sul piano B nel 36% dei casi. E se il test di Medicina appare una scelta da élite, anche i ragazzi di Architettura non scherzano: la maggior parte si divide tra un27% di chi prevede di diplomarsi con il massimo dei voti, e un altro 27% che invece punta ad un ottimo punteggio compreso tra 80 e 89. In quest’ultima fascia si collocano gli studenti orientati verso il test di Ingegneria, di Economia o di Scienze della Formazione Primaria. Peggio Veterinaria e Professioni Sanitarie: i più si accontenterebbero un voto tra 70 e 79. L’università è ancora questione di genere? Sembrerebbe di sì. Ad esempio, Scienze della Formazione Primaria è femmina: 9 maturandi su 10 tra coloro che preferiscono questa facoltà portano la gonna. Ingegneria, al contrario, verrà invasa da uomini: arrivano a quota 70% tra gli aspiranti ingegneri.

“L’esito dell’indagine mostra un fenomeno che potremmo definire di 'americanizzazione' della scuola italiana – afferma il dott. Di Muro, autore e responsabile del corpo docente UnidTest (link utile >> http://www.libriunidtest.com/), società di primaria importanza per la preparazione ai test di ingresso universitari – aumenta l’importanza del test di ammissione a discapito dell’esame di maturità, sempre più tappa intermedia tra la scuola e il test. A questa trasformazione, già in atto da molti anni, non segue – o almeno non è ancora seguito – un adeguamento della didattica scolastica, che risulta ancora largamente insufficiente a preparare gli studenti per le prove di ingresso universitarie. Ma poiché, comprensibilmente, gli studenti non possono attendere i tempi di rinnovamento della scuola, devono risolvere il problema della preparazione per l’ammissione in altro modo, come mostrato dai dati raccolti. Alcuni istituti scolastici “illuminati” e attenti alle esigenze degli studenti, in attesa di una riorganizzazione globale del sistema formativo, stanno già prendendo provvedimenti organizzando attività extra-curriculari per colmare le carenze della didattica tradizionale, rivolgendosi a specialisti della preparazione finalizzata all’ammissione. Una tale convergenza, con l’obbiettivo di venire incontro alle esigenze degli studenti, è sicuramente auspicabile e potrebbe essere la chiave per lo sviluppo del sistema formativo italiano, nella speranza che chi dovrà decidere del futuro della scuola non cerchi di imporre una marcia indietro ormai anacronistica rispetto ad una evoluzione contro cui ogni resistenza, ormai è chiaro, è futile”.

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