La Montessori non bandirebbe le tecnologie, dal coding alle tecnologie digitali

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Se la Montessori vivesse al giorno d’oggi aggiornerebbe il suo metodo e non bandirebbe le tecnologie dalla didattica. La pensano così al quartier generale di Codemotion Kids, organizzazione che dal 2013 sostiene e promuove le competenze tecnologiche dei bambini e dei ragazzi.

Come è nata la vostra realtà? Gli obiettivi sono mutati nel tempo?

“La nostra iniziativa è nata dalla volontà di Chiara Russo e Mara Marzocchi, founder della conferenza per sviluppatori Codemotion, di avere un impatto serio e significativo sulla formazione alla tecnologia dei giovanissimi. Per questa ragione sono state avviate diverse attività didattiche che col passare del tempo ci hanno permesso di migliorare sempre di più l’offerta educativa (sia nell’ambito delle tematiche, sia in merito ai modelli pedagogici) e di diventare la prima grande scuola di tecnologia in Italia. Quello che ci contraddistingue è una solida base metodologica che mette a sistema creatività, problem solving, lavoro di squadra e sano divertimento attraverso l’uso consapevole di tecnologie che vanno dal coding all’elettronica, dalla robotica al design”.

Come mai il coding sembra essere un’attività così congeniale ai bambini?

“Il coding è la capacità di spiegare ad una macchina, attraverso i linguaggi di programmazione, cosa vogliamo che essa faccia. È un’attività creativa unica che presenta un livello di sfida crescente che i bambini trovano stimolante e divertente. Inoltre, per i bambini il momento del “bisogno” stimola l’apprendimento. Quando hanno un progetto personale, come creare un videogioco, hanno bisogno di informazioni particolari: è proprio in quel momento che la loro mente acquisisce e metabolizza la soluzione trovata trasformandola in una vera competenza”.

Nelle attività promosse dalla vostra organizzazione che spazio occupa la manualità?

“I bambini hanno preso talmente tanta dimestichezza con gli strumenti digitali (come ad esempio le interfacce dei tablet) che le attività manuali anche molto semplici stanno diventando ai loro occhi noiose o “poco cool”. Per questa ragione, molte delle nostre lezioni includono attività di “crafting” come tagliare, cucire o incollare materiali di riciclo e/o di varia natura: la formazione di un futuro innovatore non può prescindere dalle abilità in tutti i campi coinvolti dall’invenzione. Attività manuali di questo tipo hanno quindi un ruolo fondamentale e derivano anche da principi educativi esplorati da artisti come Bruno Munari o educatori quali Maria Montessori, ai quali noi ci ispiriamo.

Inoltre, tra quelle che annoveriamo come competenze digitali, rientra la tecnica del “tinkering”, il “pensare con le mani”: utilizzare materiali di riciclo (cartone, nastro adesivo) e strumenti come forbici, colla a caldo e cacciaviti misti a componenti elettroniche come batterie, LED e motori allo scopo di creare qualcosa per il piacere di sperimentare ed esplorare. Questa disciplina è fondamentale per lo sviluppo di una mente orientata al problem solving ed alla creatività”.

Che cosa pensate della pedagogia che bandisce l’uso di strumenti tecnologici nell’età della formazione?

“Ogni punto di vista è rispettabile, ma nel nostro metodo cerchiamo di includere tutte le discipline e tecniche che possano servire ai bambini per lo sviluppo di una mente aperta: la tecnologia è solo uno strumento e non il fine della formazione che mettiamo in atto nei nostri corsi, oltre ad essere ormai parte integrante della vita quotidiana dei giovanissimi. Pensiamo che non abbia molto senso creare barricate o steccati in un momento storico in cui sarà sempre più importante essere eclettici ed indipendenti in diversi campi della conoscenza. Siamo convinti che, se la Montessori vivesse in questo secolo, aggiornerebbe il suo modello includendo le tecnologie digitali”.

La vostra esperienza riesce a contaminarsi col mondo della scuola ‘normale’? In che modo?

“Competenze di logica, problem solving e pensiero divergente sono applicabili a qualsiasi scenario e, quindi, anche nell’ambito della scuola tradizionale.
In diverse scuole che ne hanno fatto richiesta, infatti, abbiamo attivato corsi di educazione digitale sia per studenti che per docenti. Inoltre, spesso ci capita di ricevere richieste di supporto da parte di ragazzi che per il loro esame di fine ciclo scolastico hanno voglia di presentare un progetto innovativo, oppure da parte di ragazzi che vogliono integrare la loro esperienza di alternanza scuola-lavoro con competenze di educazione tecnologica, e noi siamo stati felici di aiutarli.
Possiamo creare un videogioco con protagonisti i personaggi di un’opera lirica quanto un quiz interattivo di geometria o un termometro digitale basato su Arduino: la contaminazione è continua e va in entrambe le direzioni”.

In questo genere di esperienze quanto spazio viene riservato alla riflessione e alla progettazione individuale? O è sempre tutto cooperativo?

“Il lavoro di squadra è sicuramente un aspetto chiave del nostro metodo, tuttavia non può essere realizzato a prescindere dallo sviluppo personale dei singoli bambini: un bambino soddisfatto e cosciente del proprio lavoro individuale sarà sicuramente più disposto a creare in team in quanto potrà contribuire in modo costruttivo e originale al lavoro collettivo. Il nostro ruolo è quello di facilitare questa maturazione permettendo ai ragazzi di risolvere gli inevitabili conflitti del confrontarsi con gli altri facendogli scoprire le gioie del DIY (Do it yourself) che diventa DIT (Do it together)”.

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