Gissi (CISL) Ha tanti problemi la nostra scuola, ma non è nel caos. Insegnanti non si spostano per gioco ma per necessità

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Troppi insegnanti in movimento, ne va della continuità didattica, nessuno pensa ai ragazzi…

e l’inevitabile stoccata al sindacato, colpevole di anteporre all’interesse generale, e al buon andamento del servizio scolastico, la tutela del personale. E questo perché si appresterebbe a firmare un contratto che rimuoverà, per l’anno prossimo, il vincolo posto ai docenti di rimanere per tre anni nella provincia di assunzione.

Peccato che la cosiddetta “giostra degli insegnanti” riguardi i movimenti dell’anno scorso; e che il velo dell’oblio sia stranamente sceso sui fattori che rappresentano la vera causa di quanto avvenuto quest’autunno. Vale la pena ricordarli, prima ancora di dire che anche sui numeri diffusi dai media non manca qualche esagerazione: in primo luogo il malfunzionamento di un sistema che ha generato migliaia di errori nei trasferimenti, tanto da rendere necessario trovare rimedio in sede conciliativa. Poi il ritardo, anche in conseguenza di ciò, nei tempi di conclusione delle operazioni, con inevitabili ripercussioni su quelle che normalmente vengono fatte dopo (assegnazioni provvisorie e supplenze). Va da sé che buona parte dei disagi lamentati non ci sarebbero stati, o si sarebbero di molto ridimensionati, se tutte le operazioni si fossero concluse in tempo utile per l’avvio dell’anno scolastico.

A monte, ed è la ragione principale del consistente flusso da nord a sud, un piano assunzionale costruito con buona dose di superficialità, piegato per mere ragioni di immagine su obiettivi che non avevano alcuna fondata ragione né urgenza, come lo svuotamento “in un sol colpo” delle graduatorie a esaurimento e concorsuali, trasformate di fatto, per le assunzioni del 2015/16, in graduatorie nazionali. Tralasciando i riflessi che ciò ha comportato sulla composizione del cosiddetto organico potenziato, raramente corrispondente al reale fabbisogno delle scuole, era facilmente prevedibile (e si sarebbe perciò dovuto evitare) che indurre un forzoso spostamento di tante persone dal proprio luogo di residenza avrebbe posto le premesse perché si generasse una forte pressione a rientrarvi.

A un’opinione pubblica cui ovviamente sfuggono molti dettagli ben noti agli “addetti ai lavori” è comprensibile che il racconto di una mobilità fuori controllo possa fare un certo effetto, e che ne possano scaturire pensieri non proprio benevoli nei confronti di insegnanti descritti come “allegri turisti” a scapito degli alunni (come vergognosamente affermato da persona che pure qualcosa della realtà scolastica dovrebbe saperla).

Chi conosce davvero la scuola, sa bene che normalmente il docente che si trasferisce non lo fa per gioco o per passione, ma per necessità. Sa bene che a trasferirsi, ogni anno, è normalmente una percentuale piuttosto bassa, nella quale sono compresi anche quanti si muovono non perché vogliono farlo, ma perché devono farlo (i trasferiti d’ufficio). Per non parlare dei supplenti che rimarrebbero volentieri nella stessa classe ma vengono licenziati al termine dell’anno scolastico e possono solo sperare di essere nuovamente assunti da qualche parte l’anno successivo. Sanno anche, gli addetti ai lavori, che il tanto enfatizzato vincolo triennale non ha mai rappresentato di per sé un obbligo a permanere nella stessa scuola, ma solo in una determinata provincia.

E potremmo richiamare tanti altri fattori che direttamente incidono sull’attività didattica (stabilità del lavoro, rispondenza degli organici al fabbisogno, criteri per la formazione delle classi e sezioni, ecc. ), ricordando come su di essi si sia tante volte intervenuti a vario titolo, ma quasi mai in modo utile alla costruzione di condizioni ottimali per la qualità del servizio e per la stessa continuità didattica.

La Cisl Scuola, da sola e insieme alle altre organizzazioni sindacali, ha già avuto modo di proporre all’attenzione dell’opinione pubblica qualche considerazione utile a ricondurre la discussione su binari di maggiore obiettività e serietà (si vedano le dichiarazioni rilasciate dalla segretaria generale Maddalena Gissi a Tuttoscuola il 10 gennaio u.s., la nota unitaria dell’11 gennaio e, a proposito dei veri numeri di cui si sta parlando, la nota di Maddalena Gissi del 17 gennaio scorso).

Proprio questa sera ci toccherà l’inevitabile passaggio su un noto talk show; “caos scuola”, manco a dirlo, il titolo dell’inchiesta.

Ora, ci mancherebbe che fossimo proprio noi, come sindacato, a minimizzare le tante situazioni di disagio che affliggono il nostro sistema scolastico e che sono, oltretutto, il principale oggetto del nostro agire quotidiano. Ma accreditare l’idea di una scuola nel caos ci sembra, oltre che non rispondente al vero, un tantino irriguardoso per il lavoro che un milione circa di persone tra dirigenti, insegnanti, amministrativi e ausiliari ogni giorno svolge con competenza, passione e dedizione, ben al di là dei riconoscimenti che ne riceve.

E francamente ingeneroso, ci si consenta, anche per l’azione svolta dal sindacato, che almeno per quanto ci riguarda ha sempre perseguito la tutela del lavoro in stretta connessione e coerenza con l’interesse generale al buon andamento e alla qualità del servizio scolastico.

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