FdI-AN. Il nuovo ministro non sa nulla di scuola, tranne che per l’ educazione di genere

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Premettiamo che ogni persona va giudicata da come concretamente opera nel settore che le è stato affidato.

Pertanto valuteremo le iniziative del nuovo Ministro Valeria Fedeli in modo spassionato, pronti a riconoscere, se sarà il caso, i suoi meriti, indipendentemente da quella che è stata la sua storia politica e il suo curriculum professionale.
Per ora ci limitiamo ad alcune osservazioni preliminari, pronti e ben disposti, sulla base di quanto abbiamo detto sopra, a modificarne il senso.
Il neo-ministro Dott.ssa Fedeli non possiede competenze in ambito scolastico, se si esclude una lontanissima esperienza, risalente agli anni ’70, quale sindacalista CGIL in rappresentanza degli insegnanti della scuola materna del Comune di Milano. Si è invece impegnata a lungo, sempre come sindacalista CGIL, nel settore tessile. Si può anzi dire che questa attività è stata il cuore della sua esperienza professionale. Attività che ha avuto termine nel 2012, quando si è avvicinata alla politica ed è stata subito eletta al Senato.
Dunque possiamo affermare che – in questo caso come in altri – il criterio della competenza non è stato applicato: il nuovo Ministro della scuola nulla sa di scuola. Ciò non è necessariamente un male: molto meglio, riteniamo, uno che non sa niente, di un cervellone abbeveratosi alle teorie pedagogiche anglosassoni, uno di coloro che considerano i docenti come dei “facilitatori di cultura” e che parlano e scrivono, ma soprattutto pensano, in “didattese”.

Scendendo più nel concreto, uno dei problemi posti dalla nuova nomina è come si rapporterà una sindacalista di sinistra, cresciuta a pane e corteo, nei confronti della “buona scuola” renziana, cioè di quella scuola plasmata dalla legge 107 nella quale gli insegnanti sono dei travet e Sua Maestà il Dirigente regna sovrano.

Quella scuola che è nata (con parto un po’ frettoloso) dal ventre del PD ma che piace tanto anche a Forza Italia e, ça va sans dire, alle associazioni dei presidi. Farà il nuovo ministro in qualche modo da contrappeso a questo orientamento aziendalistico e verticistico, oppure si adeguerà all’esistente? Vedremo. Quello che è certo che non è un’alternativa esaltante quella fra un modello di scuola dominata dalle RSU e uno diretto da un amministratore delegato e un consiglio di amministrazione; a perderci, così a occhio, sono sempre gli insegnanti, cioè la scuola.

Ma in verità una scorribanda nel territorio scolastico la neo-Ministra l’aveva già fatta: ci riferiamo al Disegno di Legge che porta il suo nome depositato in Senato nel gennaio del ’15, il cui titolo esatto è: “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università”. Ora il Ministro Fedeli avrà modo, dal suo alto scranno, di premere con più autorevolezza affinché esso trovi attuazione.

E qui, per quanto ci sforziamo di non pensar male, ci sorge il sospetto che questa nomina si spieghi anche come una ritorsione nei confronti del “Popolo della Famiglia”, fortemente contrario al gender, per aver votato no al referendum. Ma, infine, inguaribili ottimisti come siamo, vogliamo sperare che non sia così, che Valeria Fedeli si riveli, nonostante tutto, un saggio Ministro, e soprattutto che il DDL sdogana-gender rimanga per sempre ben chiuso nei cassetti senatoriali.
Alfonso Indelicato
Resposabile del Dipartimento Politiche Scolastiche di FdI – AN della Lombardia

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