AGE Toscana. “Sapere per Educare”: un seminario di studi sulla teoria di genere

WhatsApp
Telegram

AGE –  Una rete tra associazioni, genitori, docenti ed educatori. Questo il primo risultato della due giorni su affettività, sessualità e bellezza in corso fino a domani all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Il Seminario di studi “Sapere per educare”, promosso dal Comitato Articolo 26 e da Non si tocca la
famiglia, a cui l’Age ha dato il patrocinio insieme con altre associazioni, tra cui Agesc, Forum delle associazioni familiari, Scienza&Vita, Pro Vita, dedica una particolare attenzione alle esigenze formative dei genitori informandoli per formarli e formare dalle teorie del gender alla scoperta di buoni progetti educativi per la scuola e la famiglia.

AGE –  Una rete tra associazioni, genitori, docenti ed educatori. Questo il primo risultato della due giorni su affettività, sessualità e bellezza in corso fino a domani all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Il Seminario di studi “Sapere per educare”, promosso dal Comitato Articolo 26 e da Non si tocca la
famiglia, a cui l’Age ha dato il patrocinio insieme con altre associazioni, tra cui Agesc, Forum delle associazioni familiari, Scienza&Vita, Pro Vita, dedica una particolare attenzione alle esigenze formative dei genitori informandoli per formarli e formare dalle teorie del gender alla scoperta di buoni progetti educativi per la scuola e la famiglia.

Un obiettivo centrato fin dall’ampia partecipazione all’iniziativa con l’aula magna dell’ateneo che non è riuscita a contenere i presenti: si aggiungevano sedie, ma alla fine diverse persone sono rimaste in piedi a seguire le relazioni della mattina affidate al neurochirurgo Massimo Gandolfini, vicepresidente nazionale di “Scienza & Vita”, a Giuseppe Mari, ordinario di pedagogia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e a Raffaella Iafrate,
associato di psicologia sociale nello stesso ateneo. Cinquecento i partecipanti. Tra cui circa 50 dell’Age, provenienti soprattutto da Roma e dal Lazio, ma anche da altre regioni.

   “L’ampia partecipazione racconta il disagio di genitori, docenti ed educatori di fronte a quello che è un attacco all’umano  – ha commentato la ginecologa Lodovica Carli, direttore del progetto educativo “la luna nel pozzo”, che ha coordinato i lavori della mattina -. Recuperiamo la cittadinanza attiva, il ruolo attivo della famiglia, la generatività che non riguarda solo il proprio ambito familiare ma tutta la società. In gioco c’è il bene della società in un’ottica di
alleanza con le istituzioni, le associazioni, la scuola, i mass media, i singoli cittadini”. La proposta è fare rete tra associazioni, genitori, insegnanti ed educatori su questi temi. “Un luogo per incontrarci, confrontarci, condividere esperienze, storie, problemi, buone prassi – ha concluso – è offerto dal Forum delle associazioni familiari con ‘Il filo e la rete’, una newsletter con questi scopi, a cui ciascuno più iscriversi inviando una mail a [email protected].

“La teoria di genere è una costruzione artificiale, senza nessuna base scientifica o biologica, che ridurrebbe l’uomo ad una sorta di essere vivente asessuato, in grado di scegliere a quale ‘genere’ appartenere”. Dati scientifici alla mano, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, vicepresidente nazionale di “Scienza & Vita”, ha aperto il seminario spiegando che “l’appartenenza sessuata di ciascun essere umano è un dato biologico indiscutibile, le cui fondamenta
stanno nel nostro patrimonio genetico: da questo derivano caratteristiche bioumorali (ormoni) e strutturali (organi ed apparati) che differenziano il sesso maschile da quello femminile”. “Anche il cervello – ha aggiunto – è sessuato, sia dal punto di vista anatomico che funzionale”: “Condizioni particolari che escono da questo schema appartengono al campo della patologia e rappresentano una variante non-fisiologica della biologica umana”. Per Gandolfini “appare evidente come la teoria di genere sia priva di ogni base scientifica ed essendo tale si tenta di imporla attraverso leggi, programmi educativi e azioni di propaganda ad hoc”.

Citando Orwell, Gandolfini ha affermato che “‘dire la verità è un atto di coraggio’. E noi dobbiamo avere questo coraggio”. “Lo scopo dell’ideologia del gender è la destrutturazione dell’uomo” che si ottiene sul piano delle istituzioni politiche con “La distruzione della famiglia”. “L’educazione all’orientamento sessuale non è lotta alle discriminazioni o al bullismo: questa è una balla per mascherare la vera finalità dell’ideologia del genere”.

“Cancellare – ha sottolineato Giuseppe Mari, ordinario di pedagogia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – la differenza dei profili maschili e femminili significa certo rimuovere possibili cause di discriminazione ma soprattutto vuol dire negare il profilo strutturalmente relazionale dell’essere umano”. “Per esserci relazione – ha spiegato – ci dev’essere alterità. Per questo è necessario restituire diversità mentre c’è chi per essere
‘politically correct’ insiste sull’indifferenza tra maschi e femmine”. “Il significato naturale, cioè originario, dell’essere maschio o femmina porta come conseguenza la differenza fatta per l’incontro”. “Uomo e donna sono diversi come identità ma sono identici come dignità” ha proseguito Mari, per il quale “quando si avalla l’indifferenziazione tra maschio e femmina non si può che ricavare una lettura indifferenziata dei comportamenti sessuali”. “La scuola – ha concluso – confrontandosi con la sfida dell’educazione all’affettività è chiamata a proporre contenuti di insegnamento su cui c’è ampia convergenza della comunità che la riconosce come istituzione” mantenendo un ruolo sussidiario verso “i genitori, titolari del diritto/dovere dell’educazione dei figli”. “Riguardo l’affettività – ha concluso Mari – la scuola non ha titolo a sostituire i genitori”.

“Abbiamo a che fare con ragazzi pieni di domande alle quali non trovano risposta. E spesso il loro non star bene ha radice in problemi affettivi”: ha osservato Raffaella Iafrate, associato di psicologia sociale all’Università Cattolica di Milano, rispondendo alla domanda “Possiamo educare all’affettività e alla sessualità?”. “Oggi prevale l’idea che non si debba educare l’affettività ma basta lasciarsi travolgere dalle emozioni e favorire la spontaneità”. Invece
“emozioni e affetti chiedono di essere raffinati da un lavoro educativo impegnativo”. Iafrate ha spiegato la differenza tra emozione, “movimento individuale che pone in primo piano chi la sperimenta”, e affetto, “che esprime un legame con l’altro”. “Non esiste né emozione né affetto che non abbia implicazione corporea e in un corpo sessuato”, ha aggiunto Iafrate: “Riconoscere il limite del proprio corpo apre alla generatività, biologica e sociale”. “La vera sfida culturale di oggi – ha concluso – sta nel recuperare il senso della vita umana, la sua più intrinseca funzione che è quella generativa”. “Riappropriarsi di questo aspetto è condizione per l’autentica felicità, d’altra parte in greco ‘felice’ e ‘fecondo’ hanno la stessa radice”.

Il Seminario “Sapere per Educare” si conclude domani, 8 marzo, con la presentazione del progetto Cineforum “amare le differenze per un amore che fa la differenza” dal film “Un matrimonio” del registra Pupi Avati, che interverrà dando una propria testimonianza. Seguirà la relazione su ruolo di scuola e famiglia tenuta da Giorgia Brambilla, associato della facoltà di bioetica del Regina Apostolorum, e il report dei lavori dei gruppi divisi per fasce di età dei
ragazzi  coordinati dalla pedagogista Donatella Mansi, presidente di Teen Star Italia.

WhatsApp
Telegram