Il boicottaggio del merito o il merito del boicottaggio

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Inviato da Carmelo Nesta – Leggo, con amarezza, l'articolo apparso su il Sole 24 ore del 21 febbraio 2016 dal titolo "Il boicottaggio del merito", a firma di  Eugenio Bruno e Claudio Tucci, da sempre fautori de "la Buona scuola" di Renzi.

Inviato da Carmelo Nesta – Leggo, con amarezza, l'articolo apparso su il Sole 24 ore del 21 febbraio 2016 dal titolo "Il boicottaggio del merito", a firma di  Eugenio Bruno e Claudio Tucci, da sempre fautori de "la Buona scuola" di Renzi.  Quello che mi lascia molto perplesso è la convinzione di alcuni che il fallimento di gran parte dei provvedimenti previsti dalla legge 107 (La buona scuola) dipenda dall'ostruzionismo della "parte più sindacalizzata del corpo docente"! È opinione di molti, invece, che sono l'inadeguatezza dei provvedimenti e il metodo con cui sono stati adottati a creare intralcio ed impedimento a docenti e dirigenti ad espletare compiti molto distanti dalle prassi condivise e partecipate in auge nella scuola prima dell'avvento della riforma Renzi-Giannini. Riporto, di seguito, l'articolo  commentando le affermazioni degli autori.

Il boicottaggio del merito                                    Il merito del boicottaggio
di Eugenio Bruno e Claudio Tucci                       di Carmelo Nesta

Eugenio Bruno e Claudio Tucci: Se c’era un pregio che questo giornale ha riconosciuto da subito alla Buona Scuola del governo Renzi era quello di indirizzare l’istruzione italiana sullo stesso binario intrapreso da anni dai principali paesi europei. Grazie all’affermazione, anche nella pratica, di parole chiave come merito e valutazione che nel nostro sistema scolastico sono sempre rimaste sulla carta. Ebbene, a sette mesi dal varo della legge 107, su entrambi i fronti siamo ancora ai nastri di partenza. Complice la “resistenza passiva” (se non in alcuni casi di un vero e proprio boicottaggio) della parte più sindacalizzata del corpo docente a fare funzionare o anche solo a far nascere i nuovi comitati di valutazione.

Facciamo un passo indietro. La riforma Renzi-Giannini ha messo sul piatto 200 milioni di euro per premiare i prof meritevoli. Ha previsto l’istituzione, in ciascuna scuola, di un organismo misto di 5 membri formato in prevalenza da insegnanti (una nomina è fatta dagli Uffici scolastici regionali) e da rappresentanti di genitori e studenti, presieduto dal preside, e incaricato di individuare i criteri in base ai quali il dirigente assegnerà il bonus premiale. La stessa legge è chiara anche sui tempi: si parte dal 2016, dunque già dall’anno scolastico in corso. Fatto sta che siamo giunti quasi alla fine di febbraio e gli Usr stanno ancora ultimando le indicazioni dei membri esterni oppure stanno nominando i sostituti viste le defezioni su larga scala che si sono registrate. E, all’interno delle scuole, lo scenario non cambia: molti collegi docenti non riescono a nominare i prof da inserire nei comitati di valutazione. Con l’effetto che, a pochi mesi dal termine delle lezioni, questo organismo non è stato costituito in tantissimi territori.

Il perché di questa situazione di blocco è presto detto: la legge 107 sottrae ai sindacati qualsiasi intromissione nella gestione e assegnazione dei 200 milioni ai docenti meritevoli, costruendo una procedura tutta interna alle componenti scolastiche (dimensione collegiale, con i comitati, e individuale, del preside). È stato, come forse ricorderete, un punto di mediazione durante i lavori parlamentari per emanare la riforma: si era partiti con l’introduzione di vere e proprie “carriere” per gli insegnanti (si parlava di docente mentor e tutor); poi si è passati all’eliminazione e successivamente alla riduzione del peso degli scatti d’anzianità. Alla fine dopo scioperi e manifestazioni in piazza (e non qualche frizione all’interno della stessa maggioranza di governo), si è arrivati alla soluzione di mantenere gli scatti e, in più, di introdurre un fondo da 200 milioni l’anno (circa 24mila euro in media a scuola) per valorizzare il merito dei professori. Una mediazione che puntava dichiaratamente a far entrare la valutazione nel nostro ordinamento. Dopo i tentativi (naufragati) di Luigi Berlinguer prima, e del progetto «Valorizza» di Mariastella Gelmini, poi, che, con difficoltà, è partito, ha premiato una decina di insegnanti con una mensilità in più di stipendio, incontrando però il boicottaggio del sindacato e dalle scuole al punto che il suo successore a viale Trastevere, Francesco Profumo, nel 2012 è stato costretto a ritirarlo.

(Carmelo Nesta: Il Sindacato non si è mai opposto ad un sistema di valutazione del merito! Ha semplicemente distinto i due concetti "anzianità" e "merito", dando ad essi il giusto peso nella progressione economica. Nella maggioranza dei paesi europei, infatti, all’anzianità corrisponde un coefficiente che incide positivamente sugli stipendi (anzianità che La buona scuola voleva tagliare del tutto). Se si vuole parlare anche di merito, occorre distinguerlo dalla produttività. Non è detto che il docente che fa più ore di lezione o che passa più tempo a scuola impegnato in collaborazioni sia anche più bravo. Paghiamo, quindi, il docente per l'impegno orario profuso, come si fa ora con il FIS  (Fondo di Istituto). Ma non confondiamo la qualità dell'insegnamento (su cui sono caduti governi) con la quantità dell'insegnamento che oggi viene regolarmente riconosciuta e pagata ai docenti. Bisogna reperire criteri oggettivi per misurare la qualità dell'insegnamento e stabilire quali sono i docenti veramente "bravi" che concorrono al successo formativo e scolastico degli studenti. Sinora nessuno è riuscito a stabilire con rigore e con oggettività questi criteri.
C'è da considerare, poi, il fatto che il fallimento del Comitato di valutazione non è tanto dipeso dal boicottaggio dei collegi dei docenti che non hanno eletto i loro rappresentanti, quanto dall'inerzia degli Uffici Scolastici Regionali che hanno deciso di nominare il membro esterno a pochi mesi dalla chiusura dell'anno scolastico impedendo, di conseguenza, ai docenti di esercitare per tempo i criteri necessari per accedere al merito (vedi il mio articolo su Il fallimento del comitato di valutazione).
C'è, infine, l'aspetto contrattuale che non deve passare in secondo piano: la legge 107, infatti, dà vita, in modo unilaterale, ad un’autorità salariale nella figura di una sola persona, il dirigente scolastico e introduce meccanismi di valutazione individuale a cui conseguono premi in denaro che, in quanto elementi di natura salariale, sono da disciplinare in sede contrattuale, secondo quanto espressamente previsto dagli artt. 2, 42 e 45 del d.Lvo. 165/2001.

Eugenio Bruno e Claudio Tucci: Il tema è tornato di attualità nei giorni scorsi con una nota dell’Usr Veneto che, rivolgendosi ai membri esterni dei comitati, ha indicato cosa fare in caso di “meline”. Puntando su due concetti molto semplici. Il primo: i comitati di valutazione devono funzionare e se i docenti boicottano decide alla fine il preside utilizzando il potere sostitutivo. Il secondo: i 200 milioni premiali, pur essendo retribuzione accessoria, non devono essere contrattati con i sindacati, vista la chiara procedura tratteggiata dalla legge 107. La nota è stata subito contestata da tutti i sindacati, Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal, che hanno parlato di «grave atto» dal punto di vista «politico»; e l’Usr Veneto è stata costretta nel giro di poche ore a ritirarla, con una motivazione emblematica: «Per non ledere prerogative sindacali».

Il clamore della questione è giunto fino al Miur, che fin qui aveva forse sottovalutato il tema. E che sembra ora voler correre ai ripari; a metà settimana convocherà i sindacati e si potrebbe arrivare al commissariamento delle scuole che non costituiranno i comitati di valutazione. A chiedere «un intervento» da parte del Miur è la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi: «I comitati di valutazione servono per tracciare in modo partecipato i criteri premiali. Non si comprendono le resistenze sindacali visto che la legge 107 disegna un percorso dal basso, utile ad arrivare al 2018 a stilare linee guida finalmente condivise per valutare i docenti». Ma non tutti ritengono che serva l’intervento del dicastero. Per la deputata dem, Simona Malpezzi, «non dobbiamo tornare alla scuola delle circolari che servono solo dove c’è un vuoto normativo ad esempio per fare partire l’alternanza nei licei quadriennali sperimentali. Altrimenti -aggiunge – la fase di liberazione che stiamo portando avanti ci viene bloccata in attesa delle circolari». Fermo restando – insiste – che la legge 107 sul punto «vuole valorizzare la creatività e la progettualità delle scuole e dei docenti e non riservarla alla contrattazione».

(Carmelo Nesta: la cosa più grave della circolare dell'USR Veneto – taciuta dagli autori dell'articolo – è stata quella di aver interpretato la legge 107 in maniera molto estensiva superando perfino quanto il prudente Brunetta aveva sottolineato nel comma 4 dell'art. 74 del suo D.lgs. 150/2009, cioè che "misurazione e  valutazione della performance", "merito e premi" e "costituzione dell'OIV (Organismo Indipendente di Valutazione della performance)" non sono applicabili ai docenti e alla Scuola. Con la sua circolare il direttore dell'USR Veneto si arroga l'autorità di rendere applicabili anche al personale docente le norme del decreto Brunetta riguardanti la valutazione della performance e del merito dei dipendenti pubblici, in quanto non incompatibili con le norme contenute nella Legge 107/2015.
Siamo alla frutta!!! Nessuno rispetta i propri ruoli, la democrazia viene umiliata e quando il Sindacato rivendica, giustamente, il proprio ruolo, garantito dall'art. 39 della Costituzione,  ma calpestato dall'attuale Governo, è tacciato di ostruzionisno e boicottaggio.)

Eugenio Bruno e Claudio Tucci: Bisogna, insomma, evitare che finisca come accaduto con il recente contratto sulla mobilità dei prof. L’abolizione del vincolo triennale di permanenza nella provincia di titolarità, farà scattare, a settembre, “un controesodo” Nord-Sud. Così da mettere a rischio il debutto dei nuovi ambiti territoriali dai quali i presidi dovranno attingere, a partire dal prossimo anno scolastico, per la loro chiamata diretta. Peccato che anche in quel caso il verbale dell’accordo ha visto comparire una clausola che rinvia i passaggi successivi alla contrattazione con i sindacati. Un film già visto che ora rischia di ripetersi sul merito.

(Carmelo Nesta: Per fortuna, altro che peccato, che il verbale dell'ipotesi di CCNI sulla mobilità, recentemente sottoscritto, preveda che ci sia una contrattazione con i Sindacati sui criteri di chiamata diretta dei Dirigenti scolastici. Sarebbe assurdo e anche poco vantaggioso per gli stessi dirigenti scolastici lasciare loro libero arbitrio nella scelta dei docenti. I Sindacati che, non dimentichiamocelo, rappresentano e tutelano i diritti dei docenti, pretendono che ci siano criteri oggettivi che giustifichino la chiamata di un docente e non di un altro in una scuola ambita da entrambi. È da una graduatoria, stilata in funzione di competenze, titoli e attestati posseduti da cui il Dirigente può chiamare i docenti!
Per quanto riguarda, poi, la possibilità di chiedere il trasferimento interprovinciale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia di titolarità, questa non produrrà il paventato contro esodo Nord–>Sud! Se non c'è posto al Sud i docenti rimarranno al Nord, ma se esiste una possibilità che una mamma costretta ad emigrare possa ritornare nella sua famiglia, perché non dargliela?

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