Bocciature nel primo biennio, perché no? Alunni devono comprendere adeguatezza scelta compiuta. Lettera

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Le affermazioni del preside di Cervignano sono semplicemente ridicole.

Chiunque conosca le scuole italiane dall’interno, sa bene che ormai sono diventate un parcheggio per ragazzi svogliati, lasciati lì dai genitori che spesso non sanno occuparsi di loro, e uno stipendificio per docenti e dirigenti preoccupati unicamente di promuovere tutti allo scopo di garantire “iscrizioni” per “non perdere cattedre”.
Se qualcuno obietta loro che tanto le iscrizioni caleranno in ogni caso per via della diminuzione delle nascite, si ottiene come risposta un imbarazzato silenzio.
Il primo biennio delle superiori dovrebbe servire per far capire ai ragazzi se la strada che hanno intrapreso è giusta oppure sarebbe meglio per loro provare altri tipi di istruzione. Dunque non c’è niente di strano nel “bocciare” ragazzi che, ad esempio, stanno lì solo perché i genitori sognavano il figlio al liceo classico oppure l’amico si è iscritto a ragioneria.
Sappiamo tutti che il pezzo di carta noto come diploma non serve a niente: il cosiddetto ascensore sociale si è rotto da decenni, in particolare da quando appunto la scuola è diventata un parcheggio e un ammortizzatore sociale per gente che non ha altre possibilità lavorative (talvolta non per propria colpa).
La nomina a ministro di una persona priva di qualifiche ma con l’unico “titolo” di essere sindacalista la dice lunga sulla condizione del docente, la cui professionalità non è riconosciuta e che viene visto unicamente come un ” prof. sfigato”, una specie di Fantozzi statale pagato quattro soldi e che deve lavorare in edifici cadenti e vandalizzati.
Infine, i veri esperti sanno bene che pretendere di tenere inchiodati ai banchi i ragazzi fino a oltre diciotto anni è folle. La pretesa di prolungare l’adolescenza all’infinito lo è altrettanto, anche se oggi va di moda.
Il mondo è grande, le vie per istruirsi sono tante, come spiegava anche Paola Mastrocola anni fa. L’importante è che si abbia curiosità e voglia di imparare per crescere assumendosi le proprie responsabilità, e non delegando sempre tutto alla “società”, allo “Stato”, alla “scuola”.
Prof. Luca Pignataro

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