Bocciatura, tabù da infrangere. Lettera

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di Vincenzo Pasuzzi

Con l’articolo titolato “Le scuole italiane e il tabù della bocciatura”, sul Corriere del 28.4.2017, Ernesto Galli della Loggia ha innescato un dibattito sulle condizioni della nostra scuola.

Da sottolineare la stranezza, l’anomalia del fatto che, subito dopo il completamento della legge 107/2015 (buona scuola) con le note otto deleghe, escano articoli come quello citato e come altri simili su argomenti che sarebbe stato opportuno, necessario e molto più utile discutere prima dell’avvio del ddl 2994/2014. Ma tant’è allora non fu fatto, il governo non lo fece, forse nemmeno ci pensò, e intraprese un percorso di riforma non solo “senza meta e senza bussola” ma anche senza rilevare le coordinate di partenza, le fondamenta della l. 107. I risultati deludenti li stiamo vedendo, e ora se ne sono accorti anche i presidi dell’’ANP “il sindacato che più aveva appoggiato la legge 107”.

Torniamo al tabù della bocciatura. Galli della Loggia prende spunto da una recente sentenza del Giudice del Lavoro di Lecce che revoca, dopo ben 5 anni, la sanzione disciplinare inflitta da un preside a un docente a causa di voti ritenuti troppo bassi.

Galli della Loggia testimonia, denuncia esplicitamente e mette sotto accusa “la grande menzogna su cui si regge da anni il sistema dell’istruzione italiano: le promozioni d’ufficio”. Le cause tecniche di questa situazione vanno individuate nel potere attribuito (nel 2025? e quasi sicuramente per poter ritoccare, in via eccezionale, qualche singola insufficienza di qualche docente troppo severo) al Consiglio di Classe di decidere a maggioranza i voti da assegnare in base alle “proposte” dei docenti e nell’abuso generalizzato di questa prerogativa per cui “Avviene dunque una sorta di profana transustanziazione: le più catastrofiche insufficienze si tramutano in sufficienze, gli alunni più svogliati in bravi ragazzi, i più accidentati itinerari scolastici diventano tranquilli passaggi all’anno successivo. E così via fino all’immancabile successo del diploma finale”.

È successo infatti che, negli ultimi anni o decenni, si è avviato e consolidato l’andazzo, la moda o il trend delle citate “promozioni d’ufficio” per cui “nelle scuole italiane la bocciatura è di fatto bandita” e “chi nel nostro Paese inizia il corso di studi è pressoché matematicamente sicuro di arrivare al traguardo”.

I motivi vanno ricercati in una specie di ferrea, interessata e ineludibile congiura a mentire instauratasi fra “le superiori autorità (cioè il governo), il Miur, i DS regionali (e anche d’Istituto)” allo scopo di mantenere o conseguire, sulla base dei “successi” degli Istituti scolastici, carriere e retribuzioni dei DS, risorse economiche per le scuole, non perdere iscritti ed evitare l’accorpamento ad altro istituto.

Questa in sintesi la denuncia di Galli della Loggia. Denuncia veritiera, condivisibile e che doveva essere considerata nell’elaborazione del ddl Buona Scuola.

Peraltro, lo scritto di Galli della Loggia è corredato da alcune osservazioni e note che risultano non vere o imprecise, che conviene indicare e discutere e di cui quanto sopra riassunto può fare a meno senza perdere verità ed efficacia.

Prima nota. La bocciatura non è affatto bandita, è ancora praticata e si è assestata su una percentuale del 10-15%  (dato approssimato, citato a memoria) da considerarsi come fisiologica o limite, oltre il quale – nella situazione attuale – salterebbero troppe classi o scuole e ci potrebbero essere proteste clamorose di genitori e studenti. Non risultano anomali gli “gli esami di diploma finale (che) fanno regolarmente segnare percentuali di promossi che da anni sfiorano il cento per cento”. E perché mai dovrebbero? Forse che più si boccia e più la scuola è buona? Anni fa, feci una statistica artigianale, risultava che su 100 iscritti al primo anno superiore, ne arrivano al diploma in 5 anni solo 50-55, circa 15 abbandonavano, altri 15 ripetevano almeno un anno, i 15 circa rimanenti venivano promossi con voto molto basso (volgarmente: diplomati a calcioni); queste sono le anomalie da affrontare: ripetenze e dispersioni.

Infine la ricorrente e fastidiosa lagnanza sui voti alti (100 e lode) maggiori in alcune regioni del Sud rispetto a quelle del Nord: questa lamentela, che conquista i titoli di quotidiani del Nord, è una lamentela a buon mercato e grossolana. Parliamo di qualche migliaio di cento-lodati su circa 450 mila diplomati, neanche lo 0,5%. Non ha proprio senso! Nessuna analisi dei voti medi, nessuna considerazione del tipo di scuola, nessun conto della dispersione scolastica che è maggiore al Sud.

Seconda nota. “L’ideologia fondata sulla categoria di «inclusione»”. Non risulta che ci sia una ideologia inclusiva che si concretizza nel promuovere comunque tutti ad ogni costo. Dovrebbe esserci una linea politica volta ad istruite tutti, fino a certi livelli, da attuare con risorse, tempi e mezzi adeguati, ma non c’è. Sono carenti le strutture, vedi classi affollate, carenze di nidi e scuole per l’infanzia, mancano risorse per i corsi di recupero. Poi sono le “superiori autorità” governative e ministeriali ad innescare la congiura a mentire, dicono: “facciamo, fate ma senza risorse, infine, fingete di aver fatto”.

Terza nota. La “tendenza che chiamerei all’«universalismo»…. la scuola stessa è stata sollecitata a proiettarsi all’esterno …. verso una miriade di attività, di iniziative, di interessi “. Questa seconda causa indicata da Galli della Loggia esiste, è reale. Alla base di queste miriadi di attività e iniziative credo ci sia la costruzione artificiosa di prove e testimonianze a sostegno della validità del dogma o dell’ideologia aziendalistica (scuola = azienda, preside = manager o ceo, concorrenze varie, valutazioni, meriti, ….). Tutte attività e iniziative che sono ai confini o fuori della didattica, che vengono gestite dai DS, presunti manager, ….

A queste attività di tipo diversivo, riempitivo ed eterogeneo si affiancano altre attività, anch’esse a-didattiche o didattiche in senso burocratico-organizzativo, attribuite ai DS: Ptof, chiamata diretta o per competenze, valutazione e bonus, ….

Appare indiscutibile come la didattica e con essa i docenti perdano importanza e colpi rispetto ad attività didattiche solo in senso lato o burocratiche e rispetto al preside e al suo staff. Così, al disopra della didattica, si sta innalzando una piramide gerarchica non necessaria che trova rappresentazione visiva in alcuni organigrammi d’istituto.

Nella conclusione, Galli della Loggia segnala che si sta costruendo “una scuola autoreferenziale, utile solo come parcheggio e per consentire ai politici di dormire sonni tranquilli, illudendo le classi povere che c’è un’istruzione al loro servizio”, ma non dà indicazioni esplicite e organizzate su come interrompere e recuperare una tale deriva, anche se nel suo articolo ricorre il richiamo alla selezione in base al merito e alla bocciatura e, nel titolo, è riportato il “tabù della bocciatura”.  Per fare qualcosa, bisognerebbe prima indurre i politici a riconoscere errori e danni prodotti in un paio di decenni di riforme scolastiche tutte epocali e puntualmente ….  ri-riformate dopo un paio d’anni, compresa l’attuale della legge 107.

Non si può, non è realistico tornare a bocciare in modo massiccio e all’improvviso, né tanto meno per iniziativa di singoli docenti, presidi o scuole.

La bocciatura – secondo me – è peggio della promozione d’ufficio, non è comunque soluzione praticabile, interviene alla fine, occorre invece cercare altri rimedi precoci, prima e durante, per evitarla. Qualche idea già esiste.

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