ANIEF. Riforma classi di concorso: la revisione ne cancella 39, un mega-accorpamento

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ANIEF – Oggi le nuove classi di concorso giungono sul tavolo del Consiglio dei ministri: dopo sette anni di attesa, decine di bozze e rinvii a non finire, giunge dunque a compimento quella revisione delle classi concorsuali prevista addirittura dall’ultimo Governo Berlusconi. Il regolamento, che verrà illustrato domani mattina alle ore 9.00 dal Presidente del Consiglio in conferenza stampa a Palazzo Chigi con i ministri Giannini e Marianna Madia, era particolarmente atteso perché indispensabile per l’avvio del prossimo concorso per 63 mila posti che, in base al comma 114 delle Legge 107/15, doveva essere varato al massimo entro il 1° dicembre 2015.

ANIEF – Oggi le nuove classi di concorso giungono sul tavolo del Consiglio dei ministri: dopo sette anni di attesa, decine di bozze e rinvii a non finire, giunge dunque a compimento quella revisione delle classi concorsuali prevista addirittura dall’ultimo Governo Berlusconi. Il regolamento, che verrà illustrato domani mattina alle ore 9.00 dal Presidente del Consiglio in conferenza stampa a Palazzo Chigi con i ministri Giannini e Marianna Madia, era particolarmente atteso perché indispensabile per l’avvio del prossimo concorso per 63 mila posti che, in base al comma 114 delle Legge 107/15, doveva essere varato al massimo entro il 1° dicembre 2015.

Il problema non è che le nuove classi di concorso siano giunte fuori tempo massimo. Il punto è che la revisione si sta traducendo in un forzato accorpamento delle discipline insegnate dallo stesso docente: sono scomparse ben 52 classi di concorso, passate da 168 a 116; mentre ne sono state introdotte, di nuove, appena 13 (11 per le discipline musicali, coreutiche e tecnica della comunicazione, 2 per gli insegnamenti tecnico pratici). Per cancellare 39 classi concorsuali, si è prodotta un’aggregazione davvero eccessiva giungendo, persino, a raggruppare tutto quanto in otto ambiti disciplinari, in modo da assegnare ai docenti il potenziale insegnamento di un alto numero di materie.

Cosa produrrà questo modello è presto detto. “Ad esempio – spiega il Corriere della Sera – vengono accorpate elettronica ed elettrotecnica; la nuova classe di tecnologie e tecniche della comunicazione ne accorpa ben sei di quelle attualmente in vigore e le classi di concorso di arte sono state accorpate per settore produttivo. Lo scopo? «Una maggiore fungibilità dei docenti: l’accorpamento consente di aumentare il numero di posti per classe di concorso e il tasso di sostituibilità degli insegnanti», spiega il comunicato di Palazzo Chigi”.

Il processo conseguente a questa scelta è facile da immaginare, perché d’ora in poi “lo stesso docente potrà insegnare ancora più materie di quelle tre o quattro per le quali, attualmente, è abilitato dalla propria classe di concorso. Con il rischio, però, di un annacquamento delle competenze, soprattutto per le materie tecnico-scientifiche. Non sempre, infatti, un prof utilizzato per insegnare una materia affine alla propria ha davvero le competenze necessarie per farlo”.

Certo, c’è anche una buona notizia: “l’adeguamento delle classi di concorso ai nuovi ordinamenti universitari consentirà anche ad alcune categorie di laureati, finora escluse dall’insegnamento di materie coerenti con il loro piano di studi, di accedere agli specifici percorsi abilitanti”. Ma non basta, decisamente, a compensare il danno prodotto alla didattica, ai docenti e all’organizzazione scolastica in generale.

“Temiamo – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – che l’accorpamento forzato delle classi di concorso nasca per l’esigenza di agevolare l’amministrazione nel disporre del personale docente con estrema disinvoltura, quasi fossero delle ‘pedine’. Con effetti nefasti sulla qualità dell’insegnamento e della didattica. La verità è che questo allargamento esasperato sulle discipline che i docenti andranno presto ad insegnare aiuterà senz’altro i processi di mobilità, anche forzata, in cambio di formatori che verranno posti ad insegnare materie che conoscono sicuramente meno di altre da cui saranno estromessi. Non è assolutamente ciò che avevamo chiesto, e con noi le commissioni parlamentari: chiedevamo, infatti, una vera revisione delle classi di concorso, in chiave moderna e da adattare ai nuovi percorsi d’istruzione”.

“Inoltre, allargando il discorso sempre sulle nuove classi concorsuali, che senso ha – continua il presidente del giovane sindacato – aver prodotto dei corsi abilitanti negli ultimi tre anni per quasi 100mila docenti – tra Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria e all’estero – secondo le vecchie regole, per poi ora costringerli ad insegnare delle discipline diverse ed in certi casi solo lontanamente affini a quella per cui ci si è abilitati?”.

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