Anief, graduatorie precari sbagliate e da rifare: la linea del Miur frana davanti ai giudici

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Anief – Negli ultimi giorni una serie di sentenze ha stabilito la poca lungimiranza con cui siano state allestite e si sia bloccato l’accesso nelle GaE a chi, invece, ne avesse pieno diritto.

A favore dei diplomati magistrali esclusi, si sono posti i Tribunali di Rieti e di Nocera Inferiore; il Tar del Lazio ha dato ragione, poi, ai docenti illegittimamente inseriti in quarta fascia nel 2012. Via libera al reinserimento nelle liste di attesa provinciale da parte del tribunale di Napoli.

Chi fosse interessato a impugnare il trattamento iniquo, subito dall’amministrazione scolastica sulle GaE, può consultare la “sezione ricorsi” sul sito internet Anief.

Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non è un caso se dal conto annuale, pubblicato in queste ore dalla Ragioneria generale dello Stato, risulti che tre precari su quattro della pubblica amministrazione appartengono alla Scuola: si tratta di oltre 100mila docenti e 40mila Ata, che continuano a essere osteggiati per completare il loro naturale processo di stabilizzazione: tuttavia, se in un altro Paese moderno europeo tutto questo sarebbe stato favorito, come indicato dalla stessa UE, nella nostra Penisola tale processo continua a essere osteggiato. Se questo Governo, come ha dichiarato, vuole davvero voltare pagina sul fronte dei supplenti condannati a tale vita, colga dunque l’occasione per permettere da subito l’aggiornamento delle Graduatorie ad esaurimento, in contemporanea a quelle d’Istituto, il cui aggiornamento è previsto nella prossima primavera.
È tutto sbagliato, è tutto da rifare: torna alla mente la frase tipica di Gino Bartali, uno degli atleti che hanno fatto la storia del ciclismo italiano, nel commentare la gestione delle Graduatorie ad esaurimento dei precari della scuola: anche questi ultimi, per colpa di un’amministrazione allergica alle soluzioni di buon senso, hanno dovuto scalare a loro modo delle montagne per il riconoscimento dei propri diritti. Ora, però, i fatti gli stanno dando finalmente ragione. Negli ultimi giorni, infatti, una serie di sentenze emesse dai tribunali ha stabilito la poca lungimiranza con cui siano state allestite e si sia bloccato l’accesso nelle GaE a chi, invece, ne avesse pieno diritto.

A iniziare da coloro che sono in possesso del diploma magistrale: un titolo senza ombra di dubbio abilitante all’insegnamento, ma non per il Miur. Stavolta a “ricordarlo” all’amministrazione è stato il Tribunale del Lavoro di Rieti, che si è espresso in via definitiva sul diritto di tale tipologia di docenti (oltre 50mila in tutta Italia) a ottenere il riconoscimento nelle GaE, utile sia per accedere alle supplenze di lunga durata, sia per l’immissione in ruolo sul 50 per cento dei posti disponibili: il giudice ha disposto, quindi, la condanna del Ministero dell’Istruzione a permettere ai docenti la produzione della domanda di inserimento in GaE e a provvedere al loro inserimento con il corretto computo del servizio e dei titoli effettivamente posseduti.

Una sentenza dello stesso tenore è giunta dal Tribunale del Lavoro di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, dove a una docente con lo stesso titolo il Miur aveva negato il diritto alla partecipazione al piano straordinario di immissioni in ruolo decretato dalla Legge 107/2015: il tutto è avvenuto nonostante la favorevole sentenza del Consiglio di Stato che già aveva sancito il suo pieno inserimento in GaE, a far data dalla prima pubblicazione delle stesse, avvenuta all’atto dell’aggiornamento 2014. La stessa docente, peraltro in possesso di diritto al collocamento mirato con riserva del posto in base alla Legge 68/99, aveva subito per anni il “veto” dell’amministrazione che la escludeva dalla possibilità di inserimento: ci ha pensato, però, il giudice del lavoro a ristabilire la legalità, dichiarando lecita la domanda della ricorrente all’immissione in ruolo nella prima provincia indicata, avendo dimostrato l’avvenuta immissione in ruolo di candidati in possesso di minor punteggio e non destinatari di diritti alla cosiddetta “riserva del posto” per le categorie protette.

A smontare le GaE ci ha pensato anche il Tar del Lazio che, con una sentenza prima in assoluto nel suo genere, è destinata a segnare la storia di queste graduatorie e dei docenti illegittimamente inseriti in quarta fascia nel 2012, senza possibilità di passaggio nella corrispondente terza fascia all’atto dell’aggiornamento 2014. Per il Tar del Lazio, infatti, una volta ottenuto il requisito di ammissione nelle Graduatorie d’interesse, “l’unico criterio di graduazione è quello che discende dalla valutazione dei titoli al fine di individuare i più capaci e meritevoli, non essendo il momento di conseguimento dei requisiti di ammissione utile a individuare i soggetti più capaci e meritevoli”.

Sempre per il tribunale laziale, “i requisiti per accedere all’insegnamento sono costituiti soltanto dal titolo di studio specificatamente richiesto e dal titolo di abilitazione allo specifico insegnamento, avendo il possesso di ogni altro titolo soltanto valore al fine di determinare il maggiore o minor merito, è evidente che la collocazione dei soggetti, che hanno conseguito i requisiti di accesso successivamente, in posizione comunque deteriore, quali che siano i titoli valutati, rispetto ai soggetti che li hanno conseguito precedentemente, viola il principio costituzionale che garantisce l’accesso ai pubblici uffici a tutti coloro che ne hanno titolo, indipendentemente dal momento in cui l’hanno conseguito”. Di conseguenza, “non si poteva distinguere la graduatoria in fasce e non potevano porsi in posizione deteriore soggetti aventi maggior punteggio rispetto a soggetti che con un punteggio inferiore sono stati collocati in fasce precedenti, sia perché non è disposto dalla L. 124/99, che così viene ad essere violata, sia perché in contrasto con i principi costituzionali”. Per questi motivi, Anief avvierà appositi ricorsi, per tutti coloro i quali abbiano mancato l’immissione in ruolo a causa dell’illegittima collocazione in IV fascia.

Lo stesso giovane sindacato autonomo ha ottenuto una piena vittoria per il diritto al reinserimento di chi era stato depennato dalle GaE nel 2009, per mancata presentazione della domanda di aggiornamento, dopo che il Miur aveva negato loro, nonostante la domanda di reinserimento presentata per tempo nel 2014, la possibilità di essere nuovamente inserito nelle graduatorie d’interesse: anche in questo caso, il Tribunale del Lavoro di Napoli ha condannato senza riserve il Ministero all’immediato reinserimento di un docente cancellato e al pagamento delle spese di soccombenza, “con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione”.

“Le risposte che stanno dando i giudici – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – confermano che non è un caso se dal conto annuale pubblicato in queste ore dalla Ragioneria generale dello Stato risulti che tre precari su quattro della pubblica amministrazione appartengono alla Scuola: si tratta di oltre 100mila docenti e 40mila Ata, che continuano a essere osteggiati per completare il loro naturale processo di stabilizzazione. Tuttavia, se in un altro Paese moderno europeo tutto questo sarebbe stato favorito, come indicato dalla stessa UE, nella nostra Penisola tale processo continua a essere osteggiato”.

“Se questo Governo, come ha dichiarato, vuole davvero voltare pagina sul fronte dei supplenti condannati a tale vita, colga dunque l’occasione per permettere da subito l’aggiornamento delle Graduatorie ad esaurimento, in contemporanea a quelle d’Istituto, il cui aggiornamento è previsto nella prossima primavera. Disallineare questa ‘finestra’ comporterebbe ulteriori pasticci che il nostro sindacato si impegna, sin da oggi, a contrastare presentando ricorso motivato in tribunale”, conclude Pacifico.

Anief ricorda che, per i docenti destinatari di favorevole e definitiva sentenza del Consiglio di Stato, è ancora possibile ricorrere in caso la propria domanda cartacea di partecipazione al piano straordinario di immissioni in ruolo, decretato con la Legge 107/2015, non abbia avuto seguito. Per ulteriori informazioni, clicca qui.

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